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Il gridario italiano al tempo della pandemia

di Vitalba Azzollini

Siamo reclusi in casa da un tempo ormai indefinito, quasi sospeso: cos’è stato sospeso, in questo tempo? Si è già spiegato come, tra il 23 febbraio (data del d.l. n. 6/2020, che attribuiva a Conte ampi poteri) e il 25 marzo (data del d.l. n. 19/2020, che dà a Conte poteri più definiti) sia stata un po’ sospesa la democrazia, cioè quel sistema di pesi e contrappesi che connota gli ordinamenti liberali.

Conte aveva ricevuto “pieni poteri” per provvedere all’emergenza con D.p.c.m., quindi senza passare da Consiglio dei Ministri, Presidente della Repubblica e Parlamento (Parlamento che esiste, ma pare sospeso anch’esso). Il d.l. 19/2020 ha arginato, nel tempo e in determinati ambiti, i poteri di Conte e ha “sanato” la pregressa anomalia di libertà costituzionali limitate con atti amministrativi, anziché con legge, ma non evita che distorsioni del diritto possano comunque riproporsi. 

Si è pure già esposto il motivo per cui è parso sospeso il diritto delle persone di comprendere le motivazioni degli atti che incidono sulle loro vite: esse si sono “fidate” di (e affidate a) Conte con i suoi D.p.c.m., dei presidenti delle Regioni con le loro ordinanze, dei ministri con le loro circolari, e pure dei Sindaci che immancabilmente sono intervenuti con i propri atti.

Ma a un certo punto le persone non hanno più capito la ragione per cui tali e tanti provvedimenti di autorità diverse si succedessero vorticosamente, sovrapponendosi gli uni agli altri: non è più parso così “ovvio” che quei provvedimenti si conformassero all’andamento del quotidiano rito della conferenza stampa della Protezione Civile, in assenza di piena trasparenza circa i criteri – evidenze scientifiche e sanitarie – su cui erano basati.

In conseguenza del punto precedente, più specificamente, è stata sospesa anche ogni parvenza di coordinamento tra decreti del Presidente del Consiglio e ordinanze di Regioni e Comuni. Questi atti si sono inseguiti in una specie di gara al rialzo delle misure più costrittive, cui l’ultimo decreto-legge ha provato a porre rimedio, limitando la portata delle ordinanze regionali (“in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario” ed entro gli ambiti previsti dalla cornice statale) e ingessando ancora di più quelle sindacali.

Ma tali atti continuano a imperversare, perché chi li emana sembra snobbare non solo le prescrizioni dell’Esecutivo per una gestione unitaria della crisi, ma anche principi costituzionali. Ad esempio, misure ulteriormente restrittive rispetto a quelle governative sono state sancite dal Presidente della Lombardia (ad esempio, quando si esce da casa, obbligo di usare “mascherina o, in subordine, qualunque altro indumento a copertura di naso e bocca”), senza motivarne adeguatamente l’adozione con riguardo a condizioni di aggravamento generale nel territorio e senza attenersi ai casi tassativamente elencati dal d.l. n. 19.

Il Presidente della Regione Campania (e non solo), a propria volta, tra le altre misure, ha previsto per chi violi il divieto di uscire dalla propria abitazione, se non per comprovate ragioni di lavoro o di salute, l’obbligo di permanenza domiciliare con isolamento per 14 giornicosì stabilendo la compressione della libertà di circolazione come “sanzione” per chi non sia neanche infetto. Da ultimo il sindaco di Messina ha disposto che per attraversare lo Stretto sia necessario il visto/nulla osta del sindaco del Comune in cui si è diretti e il nulla osta da parte dello stesso Comune di Messina: va però segnalato che il Consiglio di Stato, interpellato dal ministero degli Interni, ha espresso parere favorevole (n. 00735/2020) all’annullamento di tale ordinanza, che viola principi costituzionali (artt. 3, 13 e 16 Cost.), nonché norme del d.l. 19/2020 (oltre a regole in tema di privacy), mettendo a rischio la gestione unitaria dell’emergenza da parte dello Stato.

Tuttavia, i giudici amministrativi sembrano finora essere andati in direzione opposta a quella del Consiglio di Stato: a fronte di azioni contro ordinanze limitative di diritti e libertà, anziché porsi come argine a certi sconfinamenti oltre lo Stato di diritto, alcuni tribunali paiono assecondare l’applicazione amplificata del principio di precauzione fatta da amministratori locali, dando adito al dubbio che ciò avvenga più a fini “terga-protettivi” che per comprovate ragioni.

Del resto, il tentativo di iper-protagonismo di Presidenti di Regione e Sindaci consegue a una credibilità del regolatore centrale pari a zero, con il Presidente del Consiglio che dispone di poteri ampi, ma è a capo d’un governo debole e ha un’opposizione sospesa anch’essa, causa emergenza: così ognuno va per la propria strada (e il famigerato Titolo V della Costituzione non c’entra).

Il caos è totale, soprattutto per i cittadini ai quali, con l’ultimo modulo di autocertificazione, si è chiesto di attestare non solo i motivi dello spostamento, ma pure la conoscenza (del delirio) delle disposizioni, centrali e locali, attualmente vigenti: è vero che la legge non ammette ignoranza, ma ormai sembra che i regolatori stiano provando a spostare sui cittadini stessi la responsabilità dei propri errori (Fontana-Maria Antonietta – Il popolo non ha mascherine? Che usino sciarpe e foulard! – ne è un esempio).

Con riguardo a particolari categorie di destinatari di misure restrittive, si è sospesa una sorta di commedia per sconfinare nella vera e propria farsa: il riferimento è a bambini e runner, tra gli altri. Una circolare del Viminale del 31 marzo scorso consentiva ai bambini di camminare con un genitore vicino casa e distingueva lo jogging (vietato) dal camminare (permesso). Relativamente a quest’ultimo punto, la circolare è stata smentita poco dopo da un comunicato stampa del Viminale stesso e poi riconfermata da una precisazione del medesimo ministero il giorno dopo. Invece, circa i bambini, il ministro Lamorgese ha chiarito (?) che possono andare a visitare i nonni, mentre Conte che possono andare al supermercato con i genitori: in buona sostanza, i due esponenti del governo hanno portato come esempi positivi situazioni che per i bambini sono potenzialmente le più pericolose. È palese l’assurdo.

È stato pure sospeso – tra gli altri diritti e procedimenti amministrativi – il diritto alla trasparenza, introdotto con il decreto cosiddetto Foia, che consente di chiedere dati, documenti, informazioni alle pubbliche amministrazioni. Si tratta di una legge verso cui chi scrive ha espresso molti dubbi. Oggi la trasparenza su elementi precisi (andamento dei contagi, concentrazione di infetti in determinate zone, differenze fra Regioni, ma anche effettiva situazione economica di famiglie e imprese e molto altro) servirebbe a scienziati, economisti, statistici ecc. per capire non solo i (poco trasparenti) dati finora forniti sull’emergenza Covid-19, ma pure cosa non abbia funzionato dallo scoppio della bomba virologica alla sua gestione.

Dati affidabili ed esaustivi, resi in piena trasparenza, servirebbero anche ai giuristi per capire la logica del susseguirsi dei vari provvedimenti normativi di cui si è detto, soprattutto la loro adeguatezza, necessarietà, proporzionalità: principi che vanno rispettati quando si comprimono diritti e libertà. E trasparenza su dati rilevanti servirà ancor di più per gestire il passaggio dalla fase 1, dell’emergenza, a quella 2, della progressiva ripresa, per effettuare il bilanciamento che serve tra interessi, rischi e tempi.

Si vorrebbe sospendere anche il diritto alla protezione dei dati personali, con sistemi di tracciatura mediante cellulari, come se ci fosse una dicotomia fra diritto alla salute e diritto alla privacy: invece, la normativa europea (GDPR) consente di conciliare i due diritti, fondando le limitazioni alla riservatezza su una legge, e purché i dati raccolti siano davvero necessari, proporzionati in relazione allo scopo perseguito, conservati per un tempo definito e poi cancellati; sia fornita agli interessati trasparente informazione sull’uso che ne sarà fatto e una tutela giurisdizionale effettiva rispetto a possibili violazioni.

Cosa possono fare gli individui in questo tempo sospeso? Possono – anzi debbono – non sospendere il proprio senso critico con l’alibi che il virus ha sospeso tutto il resto. La lettura di quanto viene pubblicato su questo sito web giova anche a questo.

 

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