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Il governo dell’odio

 Da quando è salito al potere Silvio Berlusconi l’Italia sta vivendo uno stato di perenne tensione, in cui da un momento all’altro può sfociare un’ondata di violenza. Razzismo, ordine pubblico, mafia e scuola alcuni dei punti caldi di questo periodo. Col governo che impone grazie all’uso indiscriminato di polizia ed esercito e al controllo dei mass media. 

 Il ritorno di Berlusconi alla guida dell’Italia si traduce in un ammasso di decreti legge che vedono il Parlamento espropriato del proprio ruolo: decreto rifiuti, decreto Alitalia, decreto Tremonti-Gelmini solo per citarne alcuni. Si accompagnano poi un gran numero di emendamenti presentati dalla Lega Nord al ddl sull’emergenza sicurezza contro gli immigrati: blocco dei flussi migratori per due anni, schedatura dei barboni, classi separate fra stranieri ed italiani, inasprimento delle pene contro i clandestini etc.

Da quando vi è il centrodestra a comandare in Italia è partita una pericolosa ondata di razzismo. Pestaggi contro gli immigrati, incendi ai campi Rom, strage di San Gennaro etc. Sicuramente i mass media, in mano ormai al premier Berlusconi e al suo partito, hanno ingigantito fatti di cronaca per trasformarli in emergenza nazionale. Ed hanno alimentato la diffidenza e il razzismo fra gli Italiani nei confronti degli immigrati. Con i risultati che si sono visti.

Oltre al razzismo, con Berlusconi si è acuita la tensione a livello di ordine pubblico. L’uso fin troppo abusato dell’esercito ha portato alla militarizzazione di territori e di città, sostituendo dai loro compiti le forze dell’ordine, più adatte (perchè create apposta) alla ordinaria sicurezza pubblica. E ha dimostrato invece le carenze e le debolezze del nostro apparato militare, incapace di porre almeno un freno al dominio delle organizzazioni mafiose (per esempio i Casalesi dove Giuseppe Setola è ancora latitante), arrivate a fatturare 130 miliardi di euro l’anno.


Il governo si è poi servito dello strumento di delegittimazione mediatica per criminalizzare ogni tipo di protesta e di movimento d’opinione contrari, coniando un termine che acuisce notevolmente lo scontro sociale ed alimenta diffidenza fra i cittadini stessi: il "fronte del no". Coprendo così le vere ruberie ai danni dello Stato.
Per far valere le proprie ragioni, anche nel torto, Berlusconi si è servito dell’uso della forza pubblica invece che del dialogo, aumentando anche qui il livello di scontro fra manifestanti e polizia, sfociato negli incidenti contro la base Dal Molin a Vicenza, contro la discarica di Chiaiano a Napoli e degli studenti a Roma, Bologna e Milano contro il decreto Gelmini. Utilizzare troppo spesso il braccio armato delle forze dell’ordine contro persone e ragazzi inermi fa perdere di credibilità l’intero corpo di polizia, che viene così visto non come un servizio statale per il cittadino, ma come un invasore.

Infine sono riapparsi sulla scena i protagonisti dei decenni passati: fazioni di destra e fazioni di sinistra. Anche qui il governo, per spaccare il fronte studentesco, ha alzato il livello della tensione che è esplosa a Piazza Navona, dove scoppiati botte da orbi in mezzo ad una folla di migliaia di studenti minorenni.
Rispettare le opinioni della gente e mediare sempre e comunque, considerando l’uso della forza sempre come ultima spiaggia e non come decisione a priori. Ricordiamo a chi ci rappresenta al governo che l’Italia è una democrazia, no uno stato di polizia, dove purtroppo la mafia spadroneggia.

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