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 Home page > Tribuna Libera > Il caso di Riace e l’indipendenza della magistratura

Il caso di Riace e l’indipendenza della magistratura

Tra gli intervenuti on line nel dibattito sull’arresto del sindaco di Riace ho trovato con una certa sorpresa una tale che chiedeva di aspettare la sentenza definitiva di terzo grado prima di commentare: “Senza una sentenza definiva di ultimo grado di giudizio non si può scrivere né a favore, né contro”. E si ostinava a chiedermi se condannavo anche la denuncia di Matteo Salvini per sequestro di persona per aver impedito per molti giorni lo sbarco dei migranti raccolti da una nave della Guardia Costiera della Repubblica italiana, o la terribile persecuzione alla Lega, condannata a restituire in 80 rate i milioni ricevuti per spese elettorali e finiti nell’acquisto di diamanti in un paese africano, o di una laurea lampo in Albania per il Trota...

Non riusciva a capire che ritengo stupidissimo delegare alla magistratura la lotta contro la barbarie razzista e sciovinista di Salvini, che si è manifestata molte volte, tanto più insidiosa in quanto condita con un tono ipocritamente mielato, e anche quella contro il pessimo uso fatto - non solo dalla Lega - dei rimborsi per spese elettorali inesistenti. Non va neppure dimenticato che a volte una incriminazione fragile può convenire per ottenere un proscioglimento utilizzabile propagandisticamente. Non c’è nessuna parentela comunque tra quelle vicende e quella di Riace, che vuol colpire un esempio di convivenza che è stato apprezzato a vari livelli internazionali. Anche se non si arrivasse mai a una sentenza, è già scandalosa la motivazione dell’arresto, che vuole criminalizzare il “buonismo”, non meno degli attacchi di magistrati siciliani alle navi delle ONG dei salvataggi umanitari. Anche senza una condanna, sono riusciti a fermare quasi completamente l'attività di soccorso umanitario.

Nella mia lunga vita ho verificato di persona in vari casi quanto sia difficile per un normale cittadino ottenere giustizia, e come sia invece possibile e abituale negarla a chi protesta ad esempio contro un licenziamento iniquo. Negli anni immediatamente successivi alla grande ondata di lotte operaie e studentesche del 1968-1969 la radicalizzazione di molti giovani magistrati aveva temporaneamente dato l’impressione che le cose stessero cambiando, ma era solo una pausa temporanea. Presto, grazie alla concentrazione di magistrati conservatori nei gradi più alti, le poche sentenze che avevano fatto sperare in un cambiamento radicale (e spinto tutti i sindacati, compresi quelli che si presentavano come “antagonisti”, a prediligere il ricorso alla via giudiziaria) furono cancellate.

La magistratura fu presentata come “rossa” da chi era stato sfiorato dalle sue inchieste, ma in realtà gli stessi giudici di Mani Pulite avvaloravano sentenze inverosimili come quella sul “suicidio” di Pinelli: È il caso di Gerardo D’Ambrosio, ma ci sono stati giudici considerati di sinistra come Gian Carlo Caselli che si sono accaniti contro i NO TAV... D’altra parte chi era stato colto con le mani nel sacco come Berlusconi e tanti altri potenti, poteva beneficiare di tutti i rinvii necessari per ottenere la prescrizione, e tutte le facilitazioni per non scontare realmente la più lieve condanna.

La magistratura, tranne la breve parentesi sessantottina, ha sempre costituito un pilastro dello Stato borghese, garante della sua continuità: grazie a Palmiro Togliatti che ricoprì il ruolo di ministro della giustizia nella fase decisiva della ricostruzione fu salvata da qualsiasi epurazione, e applicò con grande faziosità l’amnistia, assolvendo gerarchi fascisti responsabili di crimini efferati e perseguitando partigiani per atti inevitabili in qualsiasi guerra. Furono quei magistrati che avevano fatto carriera sotto il fascismo (e si erano formati nell’Italia prefascista non meno reazionaria) a selezionare e passare le consegne alle generazioni successive.

Per questo non ho mai condiviso l’atteggiamento di quella sinistra che ha sempre richiesto ingenuamente alla magistratura la messa al bando delle organizzazioni fasciste e parafasciste. Serve invece riprendere il filo della denuncia politica degli orrori delle tante guerre a cui il fascismo ha portato pressoché inevitabilmente, con tutto il loro strascico di sofferenze e di fame, senza dimenticare che la grande stampa borghese e liberale fu complice attiva della resistibile ascesa del fascismo. Un lavoro di educazione, di riscoperta di un patrimonio di idee deliberatamente dimenticato da una "sinistra" rinunciataria, senza attenuanti.

 

Immagine: Gianluca Costantini

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