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 Home page > Tribuna Libera > Il Pd può fare ancora una cosa buona: sciogliersi

Il Pd può fare ancora una cosa buona: sciogliersi

La disfatta di domenica scorsa ha messo il punto fermo alla storia del Pd: non c’è più niente da fare. Zingaretti propone un asse fra il centro ed i sindaci, Emiliano vuole un congresso subito, Orlando ci aggiunge un “costituente” convinto che quell’aggettivo risolva, Calenda propone di andare oltre il Pd, c’è chi parla di “fonte repubblicano” e chi rispolvera il partito della Nazione … tutte parole vuote che non hanno senso.

In un partito cultura politica, gruppo dirigente, composizione sociale, modello organizzativo stanno insieme in rapporto reciproco costituendo la “formula base” su cui il partito si regge. Ogni singolo elemento può modificarsi, sino ad un certo punto, e, nel tempo determinare un mutamento della formula, ma quando è la formula stessa a non funzionare più, non c’è più nulla da fare ed il partito muore perché non c’è più nemmeno il modo di inventare una nuova formula base.

L’ispirazione base del Pd (essere la costola “di sinistra” dello schieramento neo liberista) non è più praticabile con la crisi, il progetto di riforma istituzionale che lo reggeva è stato sonoramente sconfitto, il gruppo dirigente è logoro ed impresentabile, il rapporto con il sindacato non esiste più, il reticolo degli enti lovali si sta rapidamente sfaldando, a credibilità del partito è scesa a zero e non è più realistico pensare che possa competere per la conquista del governo. Si parla di fronte repubblicano o di superamento del partito: con chi? Con quali partner politici costruire un nuovo soggetto che superi i precedenti? Leu? Forza Italia, Fratelli d’Italia? Si pensa ad interlocutori sociali come sindacati, associazioni, gruppi di interesse? E di chi stiamo parlando? Con Cgil, Arci ed Anpi il Pd ha rotto già in occasione del referendum del 2016 e non pare ci sia alcuna premessa per ricucire, ammesso che questo possa essere una novità bastevole.

Oppure si pensa ad un generico appello ai gruppi sociali al di là delle loro organizzazioni? Ma questo non sarebbe altro che la solita ricerca di consenso che ogni partito fa ed il Pd, abbiamo appena detto, non ha nessuna credibilità.

Nel gruppo dirigente non c’è nulla da salvare, nel quadro intermedio rimane qualcosa qua e là, la base degli iscritti non esiste più ed è ridotta a quasi 100.000 tessere nominali, delle quali non sappiamo quante corrispondano ad esseri umani in carne ed ossa. Poi c’è una base elettorale ancora consistente (in fondo il 15-18% non è poco) ma è in gran parte un residuo di cose molto diverse e difficilmente assemblabili al di fuori di un progetto di governo che, ormai, non è più a portata di mano. Peraltro è la stessa formula di “partito di centro sinistra” a non aver funzionato. C’è un vuoto al centro e c’è un vuoto a sinistra ed è auspicabile che nascano un partito di centro ed uno di sinistra che poi possono anche allearsi, ma restando ciascuno con la propria identità definita. Il papocchio che alleava i resti di un Pci andato a male con quelli di una sinistra Dc coperta di muffa non è più neppure nominabile.

Dunque, la base elettorale del Pd può ancora dare corpo a diversi progetti politici, ma certo non con le facce dell’attuale gruppo dirigente. Quello ha fatto bancarotta e deve sparite. Può darsi che fra cento facce nuove (realmente nuove, non di figli, nipoti o terze fila riciclate) ce ne possano essere due o tre del vecchio regime, ma già quattro sarebbero troppe. Gli altri vadano a coltivar cipolle.

Poi ci vuole un modello organizzativo diverso che selezioni meglio i dirigenti, produca analisi credibili e promuova una partecipazione democratica e non semplicemente rituale come le primarie di infausta memoria o simili messe laiche.

Un lavoro non semplice e non breve, che passerà attraverso momenti transitori, ma inevitabile. Mentre la persistenza del Pd serve solo ad allungare l’agonia .
Per favore sgomberiamo il terreno dalla salma.

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