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 Home page > Tribuna Libera > Il PD nel deserto dell’irrilevanza

Il PD nel deserto dell’irrilevanza

Le possibilità erano solo due.

 

La prima era che il quadro politico si assestasse sulla coppia di vincitori Salvini e Di Maio. La seconda era che il baricentro del centrodestra venisse ancorato all’asse Berlusconi-Bossi-Maroni.

Se questa seconda ipotesi si fosse dimostrata abbastanza forte da smorzare le frenesie indipendentiste di Salvini, portandolo a più miti consigli, il governo prossimo venturo, sorretto da tutta la coalizione di centrodestra (Lega compresa), avrebbe avuto bisogno di un numero limitato di apporti dall’esterno.

E dal Partito Democratico erano già arrivati segnali chiari in questo senso. La scissione dei renziani - o quantomeno la loro disponibilità a non sfiduciare un governo a guida forzista - era stata offerta su un piatto d’argento dal sottosegretario democratico Gozi.

Un’apertura a destra (fino alla Lega!) che avrebbe segnato la fine del PD come lo abbiamo conosciuto nella sua non lunga vita e l’inizio di un percorso nuovo sia per l’ala centrista guidata da Matteo Renzi, sia per il resto del mondo piddino in balìa delle sue incertezze, delle sue titubanze e della sempre più drammatica ricerca di una propria identità.

Così non è andata, come sappiamo.

Alla proposta provocatoria di Berlusconi - al Senato un Paolo Romani notoriamente inviso ai Cinquestelle - Salvini ha risposto beffardamente votando un’ignara Annamaria Bernini (Forza Italia) per rimarcare di non voler tradire la coalizione ma, nello stesso tempo, di non voler fare uno sgarbo ai Cinquestelle votando Romani.

Immediatamente Di Maio ha risposto di poter accettare Bernini, ma non Romani. Cioè Salvini, ma non Berlusconi.

Così è passata - con i voti del M5S - la nomina di una senatrice non proposta da Berlusconi, ma più berlusconiana di Berlusconi stesso, per tacitare la componente di Forza Italia più cattiva, ma dimostrando di non sottostare più ai diktat dell’ex Cavaliere: lady Alberti Casellati, fra i fondatori di Forza Italia, notoriamente antiabortista (fino a firmare una proposta di legge per abolire la 194) e contraria alla pillola Ru486, favorevole alla riapertura delle case chiuse, contraria alle unioni civili, famosa per aver affermato - con un voto parlamentare - che Ruby Rubacuori era davvero la nipote di Mubarak.

In cambio i Cinquestelle hanno avuto il via libera per avere sullo scranno della Camera - con i voti della Lega - un uomo dell’ala sinistra del movimento, quel Roberto Fico che non esitò a dichiararsi contro la politica europea dei respingimenti dei migranti e contro la demonizzazione delle Ong («è di questo che si dovrebbe parlare, non mettere al centro il dibattito sulle ONG che oggi sembrano essere considerate quasi le responsabili dei flussi migratori»). Frase che non si potrebbe certo immaginare in bocca a Luigi Di Maio o, tantomeno, a Roberta Lombardi. Sono le ambiguità, su temi fondanti, di cui i Cinquestelle prima o poi dovranno rendere conto.

Tacitata l’ala destra di Forza Italia e l’ala sinistra del M5S, l’unica cosa chiara è che la tirata d’orecchi di Berlusconi (e di Maroni) a Salvini era solo una manifestazione d’impotenza. Il che lascia supporre che la lunga vita politica dell’ex Cavaliere sia agli sgoccioli, tanto quanto quella dei lumbard leghisti che lo hanno spalleggiato.

Matteo Salvini, salvo novità, sembra in procinto di cannibalizzare l’intera area di destra. Resta la Meloni, ma tra i sovranisti e i nazionalisti si fa presto a trovare un accordo (lo insegna la storia che vide i nazionalisti entrare di corsa, dimenticando i propri distinguo, nelle fila dei fascisti vincitori).

I pochi forzitalioti offesi dal tradimento di Salvini potrebbero finire in una ridotta dove tentare di sopravvivere, anche una volta che Berlusconi dovesse - come da “consiglio” di Di Maio - ritirarsi in pensione.

Resta l’incognita PD.

Sfumata con l’esito della nomina dei due presidenti parlamentari la capacità berlusconiana di tirare le redini a Salvini, sembra essere svanita, per palese inutilità, anche l’offerta renziana di giocarsi il tutto per tutto pur di dare vita a un centro-centrodestra, ectoplasma somigliante nelle intenzioni, seppur molto vagamente, al partito di Macron, En Marche!

Ma il destino del Partito Democratico sembra comunque segnato, perché se «la destra sa cos'è e quali pulsioni sollecitare. La sinistra sa cosa è stata ma non sa cosa sarà», come scriveva domenica Claudio Tito su Repubblica.

Se non può essere come En Marche! né un contenitore come il Labour, capace di tenere in sé per anni (e senza scissioni) sia Blair che Corbyn, né la ragionevole coalizione di centrosinistra-sinistra alla portoghese, quale può essere il suo futuro?

«Il Pd deve scegliersi un nuovo profilo e un nuovo leader. Ne sarà in grado? - si chiedeva Claudio Tito - L'incomunicabilità interna è un indizio contrario. La prospettiva di una ennesima scissione è ormai il vero oggetto di discussione in quel partito...».

Per il PD sembra giunto il momento del redde rationem in cui dovrà decidersi a cercare una propria identità, visto che la fusione a freddo fra ex comunisti ed ex democristiani - come non era difficile prevedere - non ha funzionato granché bene.

Renzi forse se ne andrà a far compagnia agli irriducibili berlusconiani nella loro trincea post-democristiana. Il resto del partito dovrà partorire un’idea almeno vagamente somigliante a un’ipotesi socialdemocratica (ammesso che ne siano capaci) per poter - se l’idea sarà accattivante - richiamare a sé almeno una parte dei transfughi che oggi vivacchiano spauriti in LeU.

E da lì ripartire alla riconquista di un elettorato che, ipotesi futuribile ma non tanto, troverà nei Cinquestelle l’ennesimo motivo di frustrazione e delusione (prova ne sia che nelle circoscrizioni delle città a guida M5S gli elettori non hanno affatto confermato il voto a loro favore).

Una lunga, lunga, lunga traversata nel deserto dell’irrilevanza (e con poca acqua) attende la sinistra italiana.

Perché le prossime elezioni - ipotizzabile una micidiale legge elettorale studiata a tavolino dai fratelli-coltelli Salvini e Di Maio - potrebbero essere il canto del cigno di qualsiasi avventura parlamentare di peso di una qualsiasi formazione che si richiami in qualche modo a un’idea di sinistra.

Incredibile che in pochi anni il PD sia passato dal 40% delle europee al 18% di oggi, ma, come ricordava Tito, nel 1994 toccò alla DC di Martinazzoli sprofondare dal 29 all'11%. Cose che capitano quando si guarda troppo a lungo il proprio ombelico e non la mutevole essenza del mondo reale.

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.50) 27 marzo 2018 12:45

    Tiritera >

    Il paese non attraversa un periodo semplice né felice. Varie sono le cause in discussione.

    TUTTAVIA quasi nessuno solleva dei dubbi e perplessità sul modello di leader politico in auge. Quello del tipo “show-man” che semina slogan e facili promesse.

    Eppure non mancano dei riscontri. Almeno un paio.


    Una volta riguardo ai discorsi dei politici circolava la battuta “parla proprio bene, anche se non so che cosa dice”.

    Commento che è diventato “dice belle cose, ma chissà se poi le farà”.

    Da qui la “distanza” che separa i cittadini dalle Istituzioni.

    Ancora.


    Dopo il successo di L Di MAIO e di M SALVINI l’ammaccato M RENZI ai giornalisti ha dichiarato: “Io starò zitto per due anni”. Ossia.


    Giusto il tempo che, in base alla sua personale esperienza, servirà agli elettori per verificare cosa i due (non) saranno capaci di fare stando alla guida del paese .. e poter così tornare lui in partita.

    Conta cioè sul fatto che sono pochi quelli che ricordano l’adagio “la volpe ha paura della sua coda”. Mentre non lo sfiora affatto l’idea che non basta cambiare lo strumento se si rintona la stessa “tiritera”.


    Il tempo non cancella mai le Voci dentro l’Eclissi di ...

  • Di paolo (---.---.---.49) 29 marzo 2018 09:19

    Caro Fabio, la tua ricostruzione è puntuale come spesso ti capita, obietto soltanto che l’opzione in campo era solo una: il Renzusconi. E’ andata buca solo perché entrambi i soggetti sono stati puniti dagli elettori.
    Adesso, se questo paese vuole uscire dall’impasse in cui si è cacciato, c’è solo una strada possibile : far sparire sia Berlusconi che Renzi, intesi come forza politica ovviamente. Sono i due elementi, in continuità tra di loro, che hanno drogato la politica riducendola come la vediamo.
    Soprattutto il PD è stato ed è deleterio perché costituisce un "equivoco" politico, dal momento che si presenta come forza di sinistra e conduce politiche di destra. A prescindere dal renzismo che è stata la mazzata finale.
    Una bipolarizzazione Lega e M5S sarebbe oltremodo auspicabile. Escludo che tra di loro possa nascere una intesa in questa fase se non finalizzata a pochi punti di programma per poi tornare alle elezioni.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.253) 29 marzo 2018 09:41

      Caro Paolo, sarei d’accordo con te se non vivessimo in una particolare situazione internazionale, in cui siamo immersi fino al collo anche se l’intera campagna elettorale ha fatto finta di non accorgersene, con l’unica eccezione dei Radicali che infatti si sono denominati Più Europa. Naturalmente spero anch’io che, vista la mazzata, l’equivoco PD si risolva finalmente. Su Berlusconi meglio stendere un velo pietoso. Purtroppo la soluzione prospettata - il bipolarismo prossimo venturo Lega-M5S - a me pare la più pericolosa delle uscite dall’impasse in cui abbiamo vivacchiato in questi anni. Pericolosa per l’intima dimensione non democratica insita in entrambi i due schieramenti, per le loro tendenze ostili al progetto europeo e per la potenzialmente devastante opzione anti-euro, per le esplicite simpatie per l’autoritarismo di Putin, per la xenofobia palese o latente in entrambi e così via. Come ho cercato di raccontare da un anno e più a questa parte, la "via d’uscita" che si prospettava dalla crisi economica del 2008 in poi sembrava essere la peggiore. Sono ancora di quel parere. Ciao.

  • Di pv21 (---.---.---.50) 29 marzo 2018 17:36

    Posdomani >

    Molti si domandano quale sarà il futuro del PD. Presto detto.

    CONFERMATA la sua matrice Renziana il partito è destinato a focalizzarsi sul connubio tra ex democristiani e socialdemocratici e magari assumendo una nuova sigla del tipo NDS (nuova democrazia sociale).

    Sarà una formazione politica di centro, in grado di raccogliere fino al 15% dei consensi, che troverà vari punti di convergenza con FI di Berlusconi. A partire dal “testare” le capacità amministrative e di governo di Lega e di M5S al fine di aprire una “falla” nei loro attuali bacini di consenso.


    Intanto (dentro e fuori il PD) i convinti assertori dei genuini valori di sinistra dovranno trovare la volontà e la tenacia di concertare in un’unica “toccante” sinfonia l’esibizione spesso cacofonica di troppi sedicenti solisti.

    Resta il fatto che governare non è spettacolo da Pantomima e Rimpiattino ...

  • Di paolo (---.---.---.49) 30 marzo 2018 19:11

    Caro pv 21 forse volevi dire NDC "nuova democrazia cristiana ", dal momento che son tutti ex chierichetti, boy scout, ciellini e via dicendo.
    A Fabio dico che il test di democrazia su M5S e Lega va comunque fatto. O prima o poi ci troveremo nella situazione di doverlo fare. Sulla presunta ostilità al progetto europeo ci sarebbe molto da dire. Sintetizzo : non credo che sia un rischio peggiore per il paese della supina accettazione di dictat dei potentati economico finanziari che sono parte dirigente di questo "progetto europeo". Una via di mezzo bisogna trovarla, altrimenti ci ritroviamo con un Gentiloni che regala pezzi di mare alla Francia.
    ciao e auguri di buona Pasqua a tutti (credenti e non credenti).

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.253) 31 marzo 2018 02:27

    Come è ormai noto la trattativa sui limiti delle acque territoriali (imposta dalle nuove normative stabilite in sede ONU) fra Francia e Italia è iniziata nel 2006 coinvolgendo tutti i governi che si sono succeduti fino al 2015 quando è stato sottoscritto il trattato di Caen. Il quale trattato non è però stato ratificato dal Parlamento e quindi non ha portato ad alcuna conseguenza pratica. La definizione "Gentiloni ha regalato pezzi di mare alla Francia" non ha quindi alcun senso.

    Sul resto penso che un governo "Bannon" (come è stato definito il possibile governo Lega-M5S perché fra i suoi fan c’è proprio Steve Bannon) sia più pericoloso per la democrazia di un qualsiasi governo soggetto ai diktat economici di cui parli, senza negare nulla della loro freddezza, violenza e arroganza.

    Buon Pesach.

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