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#IDontNeedFeminismBecause: il maschilismo non ha genere. È possibile fare autocritica?

“Women against feminism”, donne contro il femminismo, è un blog, un tumblr e una campagna fotografica lanciata su internet circa un mese fa. Di recente, ha riempito anche le bacheche nostrane, dopo essere stata riportata nella famigerata colonnina destra di Repubblica.it, che sintetizza il tutto come sintomo di “anni di rivendicazioni e lotte gettati alle ortiche“. Ma è proprio così?

Le ragazze espongono dei cartelli con scritte le loro motivazioni. Come quella che ci dice:

Non ho bisogno del femminismo perché
1. rispetto gli uomini
2. essere una donna non è uno svantaggio
3. ho la mia opinione
4. prendo io la responsabilità per me e le mie azioni
5. non mi sento una vittima
6. il movimento femminista è pieno di merda

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Questa campagna si ispira e stravolge quella di “I need feminism because…“, alimentata da una continua sottoscrizione di messaggi di donne che credono di aver bisogno del femminismo per affermare la loro indipendenza, autodeterminazione, perché essere una donna non debba essere uno svantaggio, perché vogliono vedere rispettata la propria opinione, perché non vogliono più sentirsi vittime.
Insomma, spesso, per gli stessi motivi per cui altre dicono che del femminismo non sanno più che farsene, che è pieno di merda.

Un’altra ragazza sostiene:

Non ho bisogno del femminismo perché
1. rispetto la forza e la lotta degli individui
2. io NON sono oppressa! per MIA scelta!
3. non giudicherò i miei fratelli per le azioni crudeli di altri uomini
4. Voglio supportare TUTTE le persone
5. non voglio che gli uomini nascano dovendo chiedere scusa per il loro genere per colpa di persone acide e attitudini vittimizzanti

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Le ragioni di queste donne, quasi tutte molto giovani, alternano per lo più le classiche grandi mistificazioni sul femminismo ( l’odio verso gli uomini in quanto tali, ad esempio ) a esaltazioni materne (del tipo: “non sono femminista perché mio figlio è un privilegio, non una scelta” ). Tra una mistificazione patriarcale e una dal sapore pro-life, però ci sono anche rivendicazioni che si ricollegano invece forse a degli errori a cui il femminismo si è condannato. 

Prima di tutto perché “il femminismo” (quale poi andrebbe capito meglio) non ha evidentemente saputo comunicare a tutte che cosa vuol dire essere femminista, dal momento che la maggior parte delle argomentazioni usate da queste donne non sono elementi del femminismo, ma equivoci se non manipolazioni.

Difficile certo comunicare in maniera efficace quando, ad esempio, il sistema scolastico non fa nulla per creare dei riferimenti non esclusivamente maschili. Dove sono nei libri di scuola tutte quelle donne che seppur non impegnate direttamente tra le fila dei movimenti femministi sono poi diventate delle icone dell’emancipazione e delle rivendicazioni femministe? Insomma, dove sono Olympe de Gouges, Mary Wollstonecraft, Harriet Taylor, Ada Byron Lovelace, Anna Kuliscioff , Sof’ja Vasilyevna Kovalevskaya nei testi scolastici di storia, scienze e letteratura?

Altra ragione che spinge molte donne a rifiutare il femminismo è senz’altro la disinformazione che c’è stata intorno il movimento femminista, il ridurlo a semplice stereotipo di donne misandriche e pelose.
C’è poi sicuramente anche la totale mancanza di empatia, tentare, anche solo per una volta, di immedesimarsi nei panni di altre donne, andando oltre la regola del “se non è mai accaduto a me non è vero, non esiste“. Se per me essere donna non ha mai rappresentato uno svantaggio — che sia nella società, in famiglia, nelle relazioni e nell’ambito lavorativo– o non mi sono mai sentita subordinata ad un uomo non è detto che qualche altra donna, che sia la mia vicina di casa o una donna che vive dall’altra parte del mondo, non stia subendo tali discriminazioni in quanto donna.

Spesso, poi, gli argomenti delle Women Against Feminism sono gli stessi supportati da tutti quegli uomini che dal femminismo si sentono minacciati e quindi si scagliano contro le femministe “isteriche”, “esagitate”, “eccessive” ecc. La posizione di queste donne è conciliante, come se in atto ci fosse una guerra tra i generi e non una atavica oppressione e discriminazione di genere.
E’ così che è arrivato loro il concetto di femminismo perché è chiaro che ci sia tutta l’intenzione di non essere insidiati e perdere lo status quo da parte di chi gliel’ha comunicato.

Quando una donna dice di non voler essere femminista perché “Essere una donna non è uno svantaggio”, si entra in un cortocircuito perché per questo stesso otivo che molte donne invece lo sono.
Eppure oggi, una considerazione così vera, è usata per demolire proprio la necessità dell’argomentazione femminista.

Questa è un’ondata di ritorno, che più che dagli editoriali dei giornali che ci affrettiamo a consultare, trae ispirazione anche da tutte quelle cantanti, attrici et similia che negli ultimi anni, pur presentandosi come paladine dei diritti delle donne, come modelli forti, pronte a lottare contro la violenza e per l’autodeterminazione in paillettes, si sono sentite in dovere di specificare però di non essere assolutamente femministe.

Bjork: “Non mi identifico come una femminista perché credo che mi isolerebbe. Penso sia importante essere positive. E’ più importante pretendere che lamentarsi”

Katy Perry: “Non sono femminista, ma credo nella forza delle donne

Beyoncè: “La parola femminista è molto estrema. Perchè c’è bisogno di etichettarsi?”

Ovviamente non sono le parole di pop star a valere più di anni di studio e di lotte, ma a chi si straccia le vesti e si sente attaccata dalle rivendicazioni non femministe circolate in questi giorni, forse queste dichiarazioni racconteranno di più del background culturale di giovani donne a cui non sarà arrivata Carla Lonzi, ma a cui parlano Beyoncè e compagnia.

Se diamo un’occhiata al nostro panorama di star, cantanti e attrici ci rendiamo conto che la parola femminismo non viene neanche lontanamente citata. E’ alla pari di una bestemmia, forse.
Fatte queste doverose premesse però ci chiediamo: da parte sua il femminismo qualche errore lo avrà commesso?

Riprendendo uno dei concetti più comuni, “non sono femminista perché non sono una vittima da salvare” è’ vero ad esempio che il “femminismo contemporaneo” ha dato a intendere che le donne necessitano di una continua tutela, come animali in via d’estinzione. E non che invece il femminismo è un campo di battaglia in cui far valere la propria autonomia intellettuale, fisica, emotiva, come avevano cercato di comunicare anni fa.

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Virginia Woolf, proprio sulla tutela verso le donne, scriveva :

Fra cento anni, d’altronde, pensavo giunta sulla soglia di casa, le donne non saranno più il sesso protetto. Logicamente condivideranno tutte le attività e tutti gli sforzi che una volta erano stati loro negati. La balia scaricherà il carbone. La fruttivendola guiderà la macchina. Ogni presupposto basato sui fatti osservati quando le donne erano il sesso protetto sarà scomparso; ad esempio (in strada stava passando un plotone di soldati) l’idea che le donne, i preti e i giardinieri vivano più a lungo. Togliete questa protezione, esponete le donne agli stessi sforzi e alle stesse attività, lasciatele diventare soldati, marinari, camionisti e scaricatori di porto, e vi accorgerete che le donne muoiono assai più giovani e assai più presto degli uomini; cosicché si dirà: “Oggi ho visto una donna”, come si diceva “Oggi ho visto un aereo”. Può accadere qualunque cosa quando la femminilità cesserà di essere un’occupazione protetta [...]

Troppo spesso il “femminismo contemporaneo” (o almeno una sua parte) è caduto in una sorta di vittimismo addossando le colpe ad un maschile, deresponsabilizzando di frequente il femminile, un femminile – non tutto ovviamente, vale sempre la pena ribadirlo – che purtroppo si è piegato, senza batter ciglio, allo stereotipo borghese della donna: femminile, perfetta madre, perfetta moglie, perfetta casalinga, perfetta badante, perfetta anche in carriera, ma sempre in forma e desiderabile– tanto che la più recente forma di emancipazione femminile, particolarmente osannata in ogni “ghetto rosa” che si rispetti, è il multitasking.

I retaggi che imprigionano le donne in quel femminile da proteggere, quel voler a tutti i costi una diversità tra uomini e donne, la continua colpevolizzazione della libertà sessuale femminile, gli stereotipi e tanto altro, sono alimentati dalle stesse donne, perché, come spesso abbiamo ribadito, il maschilismo non ha genere.

Anche di questo forse si è tenuto poco conto negli ultimi anni, intente a parlare di sessismo e maschilismo senza mai applicare una definizione scientifica, ma come fosse uno scandalo sensazionalistico di costume. Non si è tenuto conto che molte donne sono maschiliste perché sguardi e modelli introiettati le hanno rese tali o forse perché l’alternativa femminista era troppo difficile da affrontare.

Uno degli ultimi episodi dove abbiamo notato il maschilismo di molte donne è stato il famoso congresso “Donne e media”, dove Laura Boldrini dichiarò che in un paese davvero emancipato non staremmo a guardare inermi decine di spot televisivi che ritraggono solo e soltanto le donne occuparsi delle faccende domestiche e della cura dei figli. Ricordiamo ancora la reazione che ebbero la maggior parte delle donne italiane: con estrema violenza rivendicarono il “diritto” di servire in tavola e ad avere l’esclusiva sulle faccende domestiche.

Ricordiamo anche quando, qualche tempo fa, condividemmo un articolo scritto da Tea Hacic-Vlahovic su Vice, dove si lamentava del sessismo che si nasconde dietro alcune forme di galanteria italiana.
Andando a cena con il suo fidanzato, in un ristorante italiano appunto, si vide arrivare un menù totalmente diverso dal suo compagno, senza prezzi, questo perché secondo la tradizione è l’uomo che deve pagare il conto. Vi invitiamo ad osservare cosa molte donne –consapevoli di stare commentando su una pagina femminista– hanno scritto sulla nostra pagina fb, senza considerare i vari insulti che siamo state costrette a cancellare.

Questo invece è solo uno tra i tanti commenti di donne sotto il post sul sito di Vice

commento Vice

 

L’emancipazione per molte donne ha un interruttore, va bene solo per alcuni aspetti.
Gli spogliarelli l’8 marzo sì. Rifiutare un modello di famiglia che vede solo e unicamente la donna servire a tavola no. Il multitasking schiavizzante che toglie il sonno sì. Superare le relazioni eteronormate no.
L’emancipazione femminile oggi passa, purtroppo, per dei modelli maschili, se non maschilisti, introiettati e fatti propri. Modelli che il femminismo almeno dagli anni ’80 non è stato più capace se non di combattere, nemmeno di fornire strumenti di analisi critica che parlassero anche alla generazione di chi scrive.

Le donne che sostengono il diritto di servire la propria famiglia, quelle che danno a Tea della isterica arrapata condivideranno sicuramente i cartelli antifemministi pubblicati in questi giorni. Sono tante, sono la maggioranza forse, per questo ci risulta così difficile capire chi si è tanto stupita davanti ai cartelli di Women Against Feminism. Basta uscire di casa, frequentare donne fuori da sezioni e circoli culturali, parlare alla madre di un’amica o ad un’amica stessa per sapere esattamente di cosa stanno parlando quei dannati cartelli.

Si organizzano campagne contro la violenza sulle donne per vendere mutande, o con donne truccate con la lacrimuccia nera e la coroncina da miss, e un uomo accanto, il tutore, con una mano aperta che recita un “basta” urlato in stampatello, questo dovrebbe bastare come sensibilizzaazione all’argomento? Qualche altra invece, crede di innalzare il livello di consapevolezza sulla violenza contro le donne spogliandosiE guai a criticare tali iniziative, perché una parte del “femminismo contemporaneo” crede ancora alla regola del purchè se ne parli.

Le lotte di emancipazione femminile in Italia iniziano e finiscono solo con l’argomento “violenza sulle donne” — tra l’altro, spesso trattato in maniera del tutto fuorviante, come gli esempi sopra elencati. Come se ci bastasse non essere picchiate o non essere ammazzate per poterci definire emancipate e rispettate. Mai si citano le decine di altri problemi che affliggono le donne: dalla disoccupazione, alla disparità salariale, dall’aborto alle molestie e al mobbing, fino ad arrivare a quella mentalità che considera completa una donna solo se madre.

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Ho bisogno del femminismo perchè ancora mi viene detto cosa è e che cosa non è “rispettoso verso me stessa”

Quella sopra è una foto della campagna “I need feminism because…”. La ragazza dice di averne bisogno perchè non ne può più di sentirsi dire che cosa è e cosa non è rispettoso verso se stessa. Eppure questo è un atteggiamento anche di molte femministe, pronte a dire a donne anche di venti o trenta anni di meno cosa sia giusto per loro in questo mondo, cosa no, sorvolando sulle rivendicazioni che non condividono.

Laurie Penny ha scritto una lettera indirizzata a queste donne, in cui tra le altre cose dice

Siete libere di rifiutare il femminismo. Siete libere di farlo senza capire nulla di ciò che la parola significa in realtà, perché qualcuno vi ha detto che le femministe sono tutte troie in cerca di attenzione, che vogliono un trattamento speciale e odiano gli uomini. Io non so chi ve l’ha detto, e sarebbe troppo facile sottolineare che sembrate scimmiottare il linguaggio dei cosiddetti “attivisti per i diritti degli uomini“, quelli che si ritrovano nei forum a parlare di stuprare e picchiare le donne. Non ho intenzione di suggerire che avete adottato questo linguaggio per ottenere che gli uomini della vostra vita si sentano meno minacciati. Invece, voglio prendere in considerazione l’idea che siete arrivate alla vostra bizzarra concezione della liberazione delle donna tutte da sole. Sono contenta di far parte di un movimento che rispetta tutte le donne, che non respingere i pareri scritti in recinti rosa e con mille femminili svolazzi, un movimento che considera tutte noi innanzi tutto degli esseri umani, anche gli illusi. Un movimento chiamato femminismo.

[...] Nel frattempo, se mai avrete bisogno di femminismo, chiamate pure. Se mai vi stancherete di lavorare di più per una retribuzione inferiore o addirittura senza retribuzione, noi saremo qui. Se una volta invecchiate, quando comincerete a cedere, vi scoprirete all’ improvviso invisibili, perché valevate qualcosa solo finché eravate giovani e hot, saremo qui per ricordarvi che valete ancora. Se mai sarete violentate o picchiate dal vostro partner, e improvvisamente vi renderete conto di quanto sia mostruoso sentirsi dire che si è responsabili della violenza subita, sentirsi dire “te la sei voluta”, o sentirsi rimproverare che avreste dovuto fare in modo di non turbare i ragazzi, noi saremo qui. Se avrete bisogno di un rifugio per nascondervi con i vostri bambini o un tumblr pieno di gif per ricordarvi che non siete sole, noi saremo qui. Se avrete bisogno di un aborto, o del libero accesso ai metodi contraccettivi, saremo qui a lottare per ciò di cui avete bisogno e che vi meritate, perché crediamo che siete esseri umani, e in quanto tali siete in grado di decidere autonomamente del vostro corpo. Saremo qui, perché questo è quello che facciamo. Non sentite di aver bisogno di femminismo in questo momento, ma io sì, e così sentono miliardi di donne in tutto il mondo, e io spero che rispetterete loro, proprio come io rispetto il vostro diritto di spargere le vostre perplessità nella rete. C’è un posto al nostro tavolo per voi, quando sarete pronte. È anche possibile portare le penne rosa.

Ecco, noi possiamo anche condividere Penny e tutte quelle che la pensano così. Rispecchia il nostro essere femministe credere di averne bisogno per promuovere la nostra emancipazione. Ma non abbiamo visto molti svolazzi rosa su quei cartelli e non crediamo che un atteggiamento di chiusura, piccato, verso tutto ciò che ci mette in discussione abbia qualcosa di costruttivo.
Cercare di capire gli errori che il femminismo ha commesso, che commettiamo di continuo, come chiunque, forse invece qualcosa di utile potrebbe averlo.

Abbiamo letto commenti di donne poco piacevoli su alcune pagine fb, tra auguri di stupro e chi augurava loro di non poter abortire, perché solo così avrebbero capito a cosa serve il femminismo. Noi, invece, auspichiamo di trovare un modo migliore per comunicarne la forza e il vero senso del femminismo e che tutte abbiano gli stessi diritti, penne rosa o no.

 

Faby & Laura

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Spago (---.---.---.223) 30 luglio 2014 18:29
    Spago

    Ho bisogno del femminismo perchè ancora mi viene detto cosa è e che cosa non è “rispettoso verso me stessa

    Mi sembra la più efficace motivazione contro le uscite della Boldrini e i suoi convegni. Se decido io cosa è rispettoso verso me stesso, non lo decidono ne la Boldrini ne Giovanardi. Entrambi vorrebbero sottrarmi questa libertà per implementare nella società i loro valori e il loro modello. Uno pretende di dire quale è la giusta pubblicità dell’Ikea, l’altra quale è la giusta pubblicità della Barilla. Uno puoi chiamarlo un progetto reazionario, l’altro un progetto progressista. Ma si tratta sempre di un politico che dall’alto vorrebbe insegnare agli altri cosa sono la dignità e il rispetto, quale è la giusta famiglia o quali sono i giusti rapporti interni ad essa. Se questi due permettono, decido io cosa è o no rispettoso verso me stesso, cosa lede o meno la mia dignità. E decido insieme ai componenti della mia famiglia - omo o etero che sia - come devono essere le relazioni fra noi. Non deve venire in salotto la Boldrini a dirmi che sono un maschilista perchè mia moglie serve la pasta a tavola.

  • Di (---.---.---.147) 30 luglio 2014 19:53

    Il problema del femminismo odierno è che è degenerato in un vittimismo insopportabile.

    O le donne sono pari agli uomini, o sono vittime. Entrambe le cose non sono possibili, eppure il femminismo di oggi chiede protezione per le donne. A chi? Ma agli uomini!
    Altra cosa folle è l’imposizione di una neolingua distopica, la femminilizzazione sgrammaticata di sostantivi da sempre considerati neutri ma che finiscono per ’o’.
    Per parità grammaticale, ho incominciato a chiamare dentisto il mio dentista uomo.
    Vorrei però ricordare che fino al 1975 le madri italiane non avevano la patria potestà sui propri figli e che a metà anni 80 lo stupro era ancora considerato per legge un delitto contro la morale, non contro la persona. Solo per fare un paio di esempi.
    Il femminismo ci serve ancora, eccome, il problema è che questo femminismo non ha niente a che vedere con le donne! O col femminismo.

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