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 Home page > Attualità > Società > I ragazzi del Sud e i luoghi comuni duri a morire

I ragazzi del Sud e i luoghi comuni duri a morire

Ho letto su un sito internet il tumultuoso sfogo di un ragazzo del sud, uno di quelli destinato a percorrere le strade del nord con il suo trolley di plastica, erede moderno della mitica valigia di cartone. Denunziava tutta la sua rabbia per una terra matrigna che li esclude da un futuro senza possibilità di spazi e di sopravvivenza.

Strano destino quello dei ragazzi del sud cui è riconosciuta una propria dignità solo quando tornano in patria avvolti in una bandiera tricolore, accolti dall’immancabile mano sul cuore. Se restano in Italia sono considerati “diversi”, diversi per cultura, diversi per colorito, diversi per abitudini, diversi per dialetto quando non per etnia.

Qualche anno fa nella mia città è arrivato un giovane Comandante del Porto. Un suo Nostromo che non sapeva la mia origine mi aveva detto qualche giorno prima che il nuovo Capitano era di Napoli, ma gli sembrava un brav’uomo e quel giudizio da film “Benvenuti al Sud” mi è tornato allegramente in mente migliaia di volte.

Nell’immaginario collettivo ci portiamo dietro questo timbro di diversi, di furbi e lavativi e prima che ci conoscano danno per scontato che nel nostro DNA c’è uno storico residuo di inaffidabilità e brigantaggio.

Il destino di chi è stato o di chi è ragazzo del sud è quello di partire dopo la laurea, quasi sempre senza alternative, per necessaria sopravvivenza, travolti dalla vita, indipendentemente dagli affetti e dalle proprie qualità. E siccome siamo tutti a sud di qualcun altro, anche i ragazzi del Centro partono per il Nord dove per alcune professionalità esiste lì l’unico spazio professionale e quelli del Nord partono per il Nord Europa, patria dell’architettura e del design.

Non voglio approfondire discorsi sul meridionalismo, ma di certo la situazione drammatica delle nostre terre è sotto gli occhi di tutti e i servizi televisivi non ci fanno sconti con reportage che oltre ad essere una doverosa denunzia contribuiscono ad affossare sempre più queste nostre terre. Da decenni abbiamo ai vertici delle nostre zone politici con delega in bianco che fanno dell’esercizio del potere l’arte dell’arbitrio, del nepotismo e della illegalità. In questo vuoto di potere normativo ed amministrativo impera la criminalità che conquista sempre maggiori spazi e come un esercito vittorioso si espande verso il nord, cercando – come ha denunziato Saviano, ma come aveva già detto prima di lui la Commissione antimafia – alleanze nei poteri forti della politica.

Il fatturato annuo lordo della criminalità organizzata in Italia limitato solo alla droga, agli appalti pubblici, alle armi, alla prostituzione è di 100 miliardi di euro che in lire si scrive 193.627.000.000.000 e si legge 193 mila miliardi e 627 mila milioni di lire. E parliamo solo delle cupole storiche. Non male, se si pensa che il fatturato della criminalità in tutto il mondo è di 1000 miliardi di dollari, equivalente al PIL di un intero Stato.

In questo mondo impazzito non c’è molto spazio per i ragazzi ed ancor meno per quei sani ragazzi del sud che non amano veline, tronisti e grande fratello. I nostri ragazzi dovranno continuare per anni a salire su molti treni. Importante che non lo facciano da vinti e che alla stazione di arrivo riaffermino la loro voglia di vivere, di vincere, di affermarsi, di spazzare pregiudizi che ci penalizzano da secoli.

A casa resteranno i padri, feriti dalla lontananza, ottimisti nel futuro tanto da continuare a costruire, coltivare e piantare alberi che non vedranno mai crescere del tutto ma sicuri di doverlo farlo per i loro figli. E ne attenderanno il ritorno sperando di poterli far vivere in un mondo migliore.

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