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I numeri del petrolio

Dopo l'attacco all'industria petrolifera saudita facciamo un po' di chiarezza sui numeri di produzione e consumo del petrolio.

di Enrico Bergianti

Sabato 14 settembre un attacco con missili e droni ha severamente danneggiato due stabilimenti della Aramco, la compagnia petrolifera statale dell’Arabia Saudita, nelle province di Abqaiq e Khurais. Il Guardian l’ha definito un “attacco alla giugulare dell’industria petrolifera del paese”. L’aggressione è stata rivendicata di ribelli Houthi, un gruppo armato che si ritiene essere supportato dall’Iran e contro il quale l’Arabia Saudita, alla guida di una coalizione, ha recentemente combattuto in Yemen. L’attacco all’industria petrolifera saudita ha avuto ripercussioni su tutto lo scenario geopolitico, innescando le reazioni del presidente americano Donald Trump. Non sono mancati gli effetti immediati sull’economia, con un aumento repentino dei prezzi del petrolio. Aumento poi in parte mitigato dalla decisione degli USA di sopperire tramite le loro scorte al forzato calo di produzione saudita, principale esportatore al mondo di greggio. Fonti del governo di Riyad parlano di un danno produttivo per circa 5 milioni di barili al giorno, poco meno della metà del totale della produzione petrolifera del paese. Un danno che incide per più del 5% della produzione mondiale.

 

Aumenta la domanda di petrolio

Secondo il rapporto annuale di British Petroleum (BP) sullo stato dell’energia mondiale, nel 2018 il consumo globale di greggio è stato di oltre 99 milioni di barili al giorno: dato record nella storia che, probabilmente, visti i trend mostrati nel grafico sottostante, almeno nei prossimi anni è destinato a essere battuto costantemente. 

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Il dato è infatti di poco inferiore alla soglia critica dei 100 milioni di barili al giorno, limite che l’OPEC, Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, ritiene possa essere superato già nell’anno in corso, il 2019. La domanda di petrolio è infatti prevista in aumento nei prossimi decenni da diverse fonti, come ad esempio da IEA, Agenzia Internazionale dell’Energia, che lo scorso anno nel report The Future of Petrochemicals indicava una crescita costante nei prossimi anni. Secondo IEA sarebbe l’industria petrolchimica il principale responsabile di questo aumento e non il tradizionale volano del petrolio, ovvero il comparto dei trasporti su strada. Con le auto sempre più orientate verso motori elettrici o ibridi, sarebbero l’aviazione e la ricerca petrolchimica a prendersi sulle spalle i destini del greggio: non a caso, molti paesi del Medio Oriente si sarebbero già attivati per adattarsi a questo mutamento in atto dell’industria dell’oro nero. 

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I dati di BP certificano l’aumento della produzione di greggio, che nel 2018 è arrivata a oltre 94 milioni di barili al giorno. A livello globale questo numero fa registrare un +2,4% rispetto all’anno 2017: un incremento guidato con forza dalla politica industriale del gigante a stelle e strisce. Il +12% alla voce “greggio prodotto nel 2018” fatto segnare proprio dagli Stati Uniti d’America di Donald Trump conferma nettamente come essi siano oggi il vero centro di gravità per quanto riguarda il petrolio. Gli USA sono il paese che produce più greggio al mondo e che, contemporaneamente, ne importa anche di più: devono soddisfare un fabbisogno energetico notevole, secondo solo alla Cina. Appare quindi molto chiaro perché, dopo gli attacchi di sabato, gli Stati Uniti abbiano subito fatto sentire le loro istanze per stabilizzare il mercato del petrolio evitando fibrillazioni eccessive nei mercati.

Il ruolo dell’Arabia Saudita

L’Arabia Saudita, il paese colpito dagli attentati, è il principale esportatore di greggio a livello mondiale e nel 2018 era “solo” al secondo posto come produzione di greggio, stimata in più di 12 milioni di barili al giorno. Questi numeri ci aiutano a capire la portata delle conseguenze dell’attacco missilistico. Per ora il danno è stimato, come detto, sui 5 milioni di barili al giorno: cifra che più o meno equivale alla produzione di greggio dell’Iran. Tuttavia, i tempi di recupero appaiono abbastanza veloci. Fonti saudite riportate da Reuters affermano che Aramco sarà in grado di ristabilire i normali cicli produttivi in due-tre settimane: una notizia che ha rasserenato i mercati contribuendo a contenere l’aumento dei prezzi del petrolio. 

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L’Arabia Saudita come principale esportatore del mondo ha un ruolo cruciale nello scacchiere geopolitico. Sono infatti oltre 7 milioni i barili al giorno che Riyad porta oltre i suoi confini (dati BP del 2018). Gli Stati Uniti invece esportano meno di 2 milioni di barili al giorno, a fronte però di una importazione che sfiora gli 8 milioni di barili al giorno. 

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Quanto conta il petrolio

Il petrolio è da quasi un secolo la principale fonte di energia primaria: nel 2018, secondo il report di BP, la sua quota è del 34% sul totale. Complessivamente, il consumo di energia primaria nel 2018 è aumentato di circa il 3% dal 2017, portandolo a 13864,88 Mtoe (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio). All’inizio del XXI secolo era 9357 Mtoe. BP afferma che, se la produzione continuasse a questi ritmi e non fossero scoperte altre riserve, avremo petrolio per i prossimi 50 anni. Il Venezuela è il paese che possiede più riserve al mondo (17,5%), seguito a ruota proprio dall’Arabia Saudita (17,2%). BP riporta anche che OPEC controlla il 72% delle scorte globali conosciute, che in totale ammontano (dati 2018) a 1730 miliardi di barili. Contemporaneamente, a dispetto degli accordi di Parigi e dei periodici impegni assunti dai leader mondiali, il ruolo dei combustibili fossili come fonti di energia primaria è ancora lontano dall’essere limitato in modo significativo, perché secondo e terzo gradino del podio sono occupati da carbone (27%) e gas naturale (22%). 

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Insieme a carbone e gas, il terzetto delle fonti fossili conta più dell’80%. Rinnovabili e idroelettrico si attestano al 11%, mentre il nucleare è sotto il 5%. Tuttavia, i trend sottolineati dai dati BP mostrano il gas naturale ormai a un passo da raggiungere il carbone, mai così poco incisivo (sebbene sia ancora al secondo posto). Le rinnovabili sono il settore maggiormente in crescita, anche se in termini assoluti il distacco con le fonti fossili rimane ancora ampio. 


Foto: Pixabay

Questo articolo è stato pubblicato qui

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