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I PFAS e la contaminazione delle acque in Veneto: la lettera di una mamma Nopfas

Sono una delle mamme Nopfas, la mia è una storia semplice come quella di tante altre mamme. Abito sui colli Berici a pochi metri dalla magnifica Rocca Pisana del Palladio, in lontananza dal giardino della mia casa vedo le cime innevate dell’Appennino tosco-emiliano e le distese di campi coltivati che mi ricordano una coperta di tanti colori che avvolge la terra, qualche campanile svetta verso l’alto come a cercare il buon Dio.


Amo la mia terra, mi fa sentire un puntino piccolo piccolo in mezzo a questa grandezza. Chiudo gli occhi e provo a immaginare l’immensa falda acquifera grande come il lago di Garda che scorre sotto di noi e che ha reso il nostro territorio rigoglioso e vivo.
Oggi quella falda che dà acqua a tre province: Verona, Vicenza e Padova è malata e la sua malattia ha un nome: Pfas. È l’azienda Miteni di Trissino a produrre queste sostanze dalla metà degli anni sessanta e la sua attività continua indisturbata anche oggi, ma la cosa che mi fa più rabbia è che a causa sua i nostri figli hanno il sangue avvelenato da queste sostanze.
Nel 2013, in seguito ad uno studio IRSA-CNR, è emerso che questa falda, i fiumi e i canali del nostro territorio sono oramai inesorabilmente inquinati. Nel 2017 la Regione Veneto, su pressione del coordinamento dei comitati ambientalisti locali, ha avviato il biomonitoraggio a partire dai nati nell’anno 2002 fino al 1951; a marzo sono arrivati gli esiti, non pensavo che potessero esserci problemi poiché le autorità sanitarie e tutte le istituzioni avevano tranquillizzato la popolazione dicendo che i filtri installati nel 2014 ai nostri acquedotti garantivano acqua potabile di assoluta qualità. Apro la busta contenente i risultati delle analisi di mio figlio senza pensare a nulla e leggo: 86,9 mg/ml di PFOA e 95,5 di PFAS in totale… il range indicato è da 1,5 a 8 mg/ml.
La prima reazione mi porta ad accendere il computer e cercare questa parola sconosciuta sino allora…PFAS, per cercare di capire cosa stesse avvelenando il sangue di mio figlio. Riuscivo a capire che aveva un valore dieci volte superiore ai limiti e sentivo solo rabbia e frustrazione: com’era stato possibile che accadesse una cosa simile? Continuo a cercare anche con l’aiuto di mio marito e sul sito del mio comune trovo una relazione della Regione Veneto datata 21/10/2016 e firmata dal dott. Mantoan, direttore generale della Sanità veneta. Scopro che c’è il nome che cercavo, il nome di chi ha inquinato, di chi ci ha avvelenato a nostra insaputa: responsabile dell’inquinamento è al 97% l’azienda Miteni e questa azienda è stata dichiarata insalubre di 1 classe nel 1994. Nella relazione si richiede di adottare tempestivi provvedimenti al fine di tutelare la salute pubblica, rimuovere o delocalizzare in tempi strettissimi la Miteni.
Leggo poi che ci sono ben undici patologie correlate a queste sostanze nel sangue, che il sistema di depurazione non risulta essere efficace e che i Pfas non dovrebbero essere presenti nella nostra acqua e nella filiera alimentare.

Non abbiamo parole, restiamo in silenzio sconvolti e da lì a poco altre mamme mi contattano perché, avendo ricevuto anche loro i risultati delle analisi dei figli, hanno scoperto che essi hanno valori in alcuni casi fino ai 300 mg/ml!!!
Questo significa che in un millilitro del loro sangue ci sono valori che, rapportati ad un litro di sangue, non sono neanche confrontabili con i valori dei pozzi più inquinati.
A questo punto decido con altre mamme di organizzarci riunendoci in 24 gruppi locali, uno per ogni comune e col passare del tempo i gruppi aumentano sempre di più. Ci sentiamo estremamente motivate perché è in gioco la salute dei nostri figli, tanto che con la nostra energia potremmo spostare le montagne. Non ci fermeremo davanti a niente!
Avevamo piena fiducia nelle istituzioni il cui scopo è la tutela della salute di tutti i cittadini, invece adesso abbiamo compreso di avere sbagliato perché dobbiamo tutelare noi la salute dei nostri figli. Cosa fare, come muoverci? Abbiamo dovuto studiare, prepararci, accedere a tutte le informazioni possibili, siamo passate dal subire all’agire. Pur sentendo di combattere contro i mulini a vento abbiamo trovato sempre una forza incontenibile perché non c’è mai stato tempo da perdere. Chi ha fatto questo e chi lo ha permesso devono subire la stessa condanna e per raggiungere questo obiettivo abbiamo trovato la motivazione per andare avanti senza sosta.
Con la nostra determinazione di mamme siamo andate a bussare a tutte le porte dei palazzi istituzionali dal Comune, alla Regione Veneto fino ai ministeri romani, restando sempre al di sopra di qualsiasi schieramento politico. Questo ci ha permesso di riscuotere fiducia e apprezzamenti e di ricevere l’aiuto di tutti coloro che prima di noi si sono impegnati per cercare di trovare le soluzioni possibili fin dal 2013. Grazie al loro impegno abbiamo trovato già tracciate le strade da percorrere. Il 21 marzo 2018 è stato decretato lo “stato di emergenza” che dovrebbe velocizzare l’iter per l’esecuzione dei lavori per la costruzione dei nuovi acquedotti allacciati a fonti pulite.
Come cittadini consapevoli abbiamo il diritto di partecipare alle decisioni politiche sull’acqua, perché essa è un bene comune e come tale non deve essere proprietà di nessuno. Il bene comune comporta che ognuno di noi ha la responsabilità e il dovere di preservarlo per le generazioni future. E noi saremo le sentinelle del bene comune,insieme ai nostri figli e a tutte/i coloro che vogliono unirsi alla nostra battaglia, che è la battaglia per la vita.

Lettera di Michela, Carmen, Marinella e Luca.

Qui una presentazione delle mamme No-PFAS del Veneto

Questo articolo è stato pubblicato qui

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