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Hazara: l’anno in cui, grazie a un film, conoscemmo un popolo

Fino all’uscita, in autunno, di “Sembra mio figlio”gli hazara erano oggetto per lo più di studi etnografici.

Il film di Costanza Quatriglio, considerato dalla rivista Ciakmagazine tra i migliori 10 da vedere o rivedere del 2018, uscito coi dialoghi in lingua originale, ha permesso a un ampio pubblico di conoscere questo popolo martoriato e decimato, ormai una piccola minoranza che vive prevalentemente in Afghanistan (e, in piccole comunità, in Pakistan e in esilio in Iran), perseguitata come nessun’altra.

Nel ciclo di proiezioni che ha accompagnato e poi continua a seguire la distribuzione commerciale, Costanza Quatriglio e i due protagonisti – i due attivisti hazara Basir Ahang e Dawood Yousefi – hanno raccontato la storia, la cultura e la sofferenza di quel popolo.

Abbiamo così scoperto che delle 10.000 vittime civili uccise o ferite ogni anno in Afghanistan, prevalentemente dai gruppi armati islamici, molte sono hazara.

Così come molti hazara sono tra gli afgani già rimpatriati o che rischiano il rimpatrio a seguito del ricattatorio accordo tra l’Unione europea e il governo di Kabul. E che tra di loro c’è anche Taibeh Abbasi, la studentessa mai nata in Afghanistan e residente da anni, perfettamente integrata, in Norvegia. E che era hazara anche uno dei 69 afgani rimpatriati a luglio dalla Germania, in occasione del 69° compleanno del ministro dell’Interno tedesco, suicidatosi pochi giorni dopo.

Abbiamo anche scoperto come la “guerra mondiale siriana” (definita così da Riccardo Cristiano nel suo ultimo “Siria. La fine dei diritti umani”) coinvolga loro malgrado anche i profughi hazara presenti in Iran: arruolati a forza, con l’ingannevole promessa di un documento di residenza, nella cosiddetta “internazionale sciita” con cui il governo di Teheran sostiene militarmente quello di Damasco.

A metà dicembre, in una cena di solidarietà organizzata a Roma da Dawood Yousefi, c’erano centinaia di persone. Un segnale importante di attenzione. Tutto nato da un grande film.

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