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Hande Kader | La guerra al corpo delle donne

Venerdì 19 agosto è stato ritrovato il corpo, senza vita di Hande Kader, la giovane 22enne transgender, icona del Gay Pride turco, nel 2015, aveva fronteggiato col suo corpo, i lacrimogeni e la polizia in assetto antisommossa durante una manifestazione a Istanbul.

di Luca Cellini

Il corpo, mutilato, straziato e poi bruciato è stato lasciato sul ciglio d’una strada in un quartiere della città dove Hande si prostituiva per vivere. Si potrebbe essere portati a credere che ciò è accaduto in Turchia per motivi religiosi, per mancanza di democrazia, per intolleranza verso tutto ciò che è diverso.
Non è così, la realtà a mio parere è di gran lunga peggio. La tristissima realtà è che questo orrore sarebbe potuto tranquillamente accadere in qualsiasi altro paese europeo, occidentale, arabo oppure orientale e il significato non cambierebbe di una virgola.
Per avere conferma di questa opinione basta guardare i dati della democratica Europa, secondo uno studio del consiglio di Europa, sono mediamente dodici le donne che muoiono ogni giorno a causa della violenza di genere. Violenza di genere che si manifesta nei peggio modi sul corpo delle donne, passando da stupri, mutilazioni, torture, sevizie, lesioni, ustioni, percosse, segregazioni ecc.

Che dire delle oltre 62 milioni di donne europee che attualmente hanno subito violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita, sempre secondo un rapporto dell’Unione Europea. Fa riflettere il dato di un report del 2012 del FRA (Agenzia europea per il rispetto dei diritti fondamentali) che ci racconta che in Europa una donna su venti è stata stuprata prima dei 15 anni di età, che oltre 13 milioni di donne europee avevano subito violenza fisica o sessuale nei 12 mesi precedenti questa indagine.
Così come è significativo che ben 117 persone (classificate transgender) secondo i dati TGEU, sono state uccise dal 2008 al 2015 con le solite modalità e per i soliti motivi di fondo con cui vengono uccise le donne. Qui i report completi

Tutto ciò si può tranquillamente definire una vera e propria “guerra di genere” stando almeno a quanto riportano i dati e non le sensazioni soggettive. Passando invece alle opinioni, non avvalorate dai dati, come non notare che tutte le volte che si parla del corpo delle donne e del come esso si presenti al mondo, ecco che la categoria maschile si sente sempre necessariamente in diritto di esprimere il proprio giudizio “biblico” più che la propria disincatata opinione.

Giudizi, che spesso diventano editti che si manifestano a vari livelli, anche nella nostra civiltà occidentale, e che spesso travalicano le “regole del buon vivere comune”, e che a differenza delle comuni regole di buona convivenza, diventano forme mentali, retaggi culturali, e idee di fondo che puzzano spiccatamente di malcelato maschilismo. Diventando spesso regole mai ufficialmente dichiarate tali, ma che influenzano e condizionano con forza la nostra società e le nostre relazioni a tutti i livelli e in tutti i vari ambiti. Condizionamenti e modi di pensare ancora fortissimi che solo pochi decenni fa negli anni 50’ e 60’ anche nella nostra società si manifestavano sotto forma di condanna etica e morale, verso quelle donne giudicate di “facili costumi” perché mostravano o scoprivano il proprio corpo mettendolo in evidenza con altri indumenti rispetto a quelli classici.

Oppure come successo in questi giorni, dove si è addirittura parlato di fare una legge in Francia che vieti l’uso del Burkini sulle spiagge. Secondo determinate regole, quelle dettate dall’uomo, mai dichiarate ma in un modo o nell’altro spesso imposte alle donne, se si guarda alla storia, anche quella recente, il corpo femminile viene sempre messo in ostaggio e posto sotto ricatto.

Per renderci conto meglio, proviamo solo a pensare, che c’è stato un tempo non lontano in cui il corpo delle donne era castigato e coperto, ciò almeno secondo i dettami di una società a matrice spiccatamente maschile nell’immediato dopoguerra, prima della rivoluzione culturale del 68′ durante gli anni 50′ e 60′ se il corpo delle donne era troppo scoperto e discinto veniva considerato amorale e disdicevole, poi arrivò la rivoluzione culturale che apparentemente liberò questo corpo, il quale però divenne subito ostaggio della più bieca mercificazione e così, poco dopo, negli anni 80′ e 90′ arrivò l’era in cui i corpi delle donne sono stati presentati in tutte le forme e salse, corpi scoperti, corpi nudi, corpi provocanti e sensuali, corpi in fattezze e pose estreme, oppure presentati come corpi stereotipati, magrissimi o senza imperfezioni apparenti.

Si parla sempre e comunque di corpi di donne, studiati, presentati e voluti per come li volevano gli uomini, creando così canoni di bellezza e d’immagine della donna, totalmente distorti, oltre che disumanizzati. Paradossalmente, in altri parti del mondo, ci sono donne che vorrebbero avere la libertà di presentarsi come ritengono più opportuno e non possono farlo contemporaneamente qui in occidente, succede che davanti a donne che si sentono protette e a loro agio in spiaggia, indossando il burkini, ecco che la morale maschile ritiene comunque di dover dire la sua affermando che non va bene, sostenendo che sia costrittivo stare troppo coperti sulle spiagge, ipotizzando addirittura una legge che lo impedisca.

In tutto questo, oltre a vedervi un delirio di fondo, va anche notato che c’è un comune denominatore in tutta la storia, sia quella recente che quella più antica, una storia che solo apparentemente, risulta diversa da paese a paese e da cultura a cultura ma la cui matrice è pur sempre la stessa, l’ostinato e mai abbandonato giudizio maschile dell’uomo sulla donna, accompagnato dal sentirsi sempre in diritto di imporle regole e canoni, condito infine da uno smisurato desiderio di porre sempre di continuo forme di controllo su tutto ciò che non gli appartiene, spesso esercitato non a caso proprio sul corpo delle donne.

Sempre a proposito del corpo femminile, come non ripensare a tutta la spazzatura mentale che è stata sdoganata per anni dallo “Star Sistem” dove le uniche donne che comparivano sui mass media erano solo quelle rientranti all’interno di determinati parametri fisici, fino a imporre indirettamente un concetto profondamente violento e mercificatore, ovvero che una donna è tale solo se bella e con certi parametri fisici, poco importa poi se ci sia anche un pensiero, un cuore, un’opinione, delle idee, una vita, un vissuto, dei figli, un dramma, una sensibilità o altro, secondo questi parametri sono stati considerati aspetti ininfluenti da non tenere proprio in considerazione, anzi da rimuovere, in quanto considerati possibile ostacolo alla fruizione di massa del corpo delle donne, da considerarsi perciò prodotto da commerciare.

Che dire dei luoghi comuni manifestati per anni nelle espressioni di giudizio o di scherno ad opera di molti uomini verso le donne. Luoghi comuni che ancora oggi tradiscono un modo di percepire dell’uomo molto radicato verso la donna, modi che vengono alla luce nelle chiacchiere insistenti, riproposte in vari ambiti, lavorativo, scolastico, familiare, come ad esempio una delle più classiche che vede in un uomo particolarmente dedito ad attività sessuali con varie donne, essere considerato un “macho”, un “Latin lover”, uno “forte” ecc. e la donna invece che fa lo stesso, essere ritenuta soltanto una poco di buono. E ancora cosa si dice di un uomo brutto ma anche solo un pochino intelligente? Si afferma spesso che sia “un tipo interessante”, quando invece una donna classificata brutta, seppur molto intelligente, anzitutto rimarrà sempre e soltanto una donna brutta. Sempre secondo questi cliché mentali e culturali di stampo maschile, come viene classificata l’immagine di un uomo che si fa largo e fa successo all’interno del mondo lavorativo o professionale, ancora oggi a prevalente gestione maschile? Quell’uomo sarà considerato di successo, uno che si è fatto da se, poco importa cosa abbia dovuto fare durante il suo percorso, a quali compromessi e svendite della propria dignità umana sia dovuto arrivare, oppure quante persone abbia dovuto rovinare o far soffrire, diverso invece è il caso di una donna che abbia fatto successo, sempre all’interno della medesima realtà lavorativa a gestione maschile, spesso sarà luogo comune pensare che quella donna, in particolare se piacente secondo i canoni maschili, per arrivare dove è arrivata, “chissà che appoggi avrà avuto” oppure peggio ancora “chissà cosa avrà fatto col suo corpo” per arrivare dov’è adesso…. Ancora a titolo di semplice esempio, tanto per riflettere, è da domandarsi perché quando un uomo si comporta con durezza, è da considerarsi severo e virile ma se lo fa una donna di comportarsi con fermezza, allora è cattiva, per non dire peggio?
La nostra formazione culturale di genere è piena di questi luoghi comuni, di queste idee di fondo, di questi giudizi che tradiscono una precisa percezione di fondo della donna da parte dell’uomo.
Tutta la nostra civiltà, sia quella occidentale, che quella mediorientale e anche quella orientale è ancora totalmente intrisa di questi pensieri, di questi giudizi e pregiudizi, di questi concetti prettamente maschili senza che nemmeno ce ne rendiamo conto, per osservarli bisogna porre una particolare attenzione, astrarsi dalla posizione di genere per osservare determinati meccanismi da fuori.
Così, secondo il “piacimento maschile” a seconda dell’uso, del bisogno, della cultura, del tempo e della posizione geografica, “l’oggetto” identificato nel corpo della donna, nel corso della storia è stato, desiderato, posseduto, venduto, comprato, vestito, coperto, segregato, svestito, mostrato, scoperto, denudato, decantato, esaltato, elevato, glorificato, santificato, imitato, oppure mortificato, commerciato, svilito, deriso, temuto, cancellato, distrutto, martoriato, lapidato, bruciato, mutilato, inquisito, torturato, soppresso ecc. (Da notare, mai divinizzato).

Tralasciamo l’evidenza storica di millenni in cui il corpo delle donne e le donne in genere, sono state oggetto delle peggiori nefandezze, commesse all’interno di una guerra di genere, mai dichiarata ma da sempre combattuta, una vera e propria guerra, in cui si è fatto di tutto per imbrigliare e controllare la parte femminile, non solo quella delle donne ma anche quella contenuta nell’uomo stesso. Una parte femminile però incarnata principalmente dal corpo femminile, il quale ha sempre generato viscerale turbamento nell’uomo, oltre che desiderio di possesso e al tempo stesso di paura per non averne il totale controllo, fino ad arrivare in diversi casi a forme estreme di rabbia e distruttività da parte dell’uomo, quando la sensazione di controllo e di possesso vengano meno.
E’ tristissimo e avvilente rendersi conto che nonostante le apparenze, i bei propositi e i tanti bei discorsi di cui ci vantiamo per gli anni di progresso, tutta la nostra civiltà, per tanti versi purtroppo è ancora ferma al concetto di possesso del corpo delle donne, un corpo, quello femminile che ancora oggi deve presentarsi, muoversi, vestirsi, apparire, comportarsi, secondo precisi parametri, idee e regole maschili.

Si parla di un corpo che ancora oggi, quando si ribella, in quanto proprietà della donna che lo porta e non dell’uomo che vorrebbe possederlo, è ancora potenzialmente soggetto ad essere vittima delle peggiori atrocità, violenze e segregazioni, poco importa poi, se questo corpo femminile appartenga a una donna, a una giovane transgender o addirittura a un uomo che ne imiti fattezze e movenze. Secondo i canoni delle nostre società, estremamente disarmonica e sbilanciata verso modelli maschili, questo “corpo femminile” è da sempre frutto di sconvolgimento e di turbamento per l’uomo, rappresentando in se qualcosa che fa ancora così tanta paura, da dover essere per forza controllato, posseduto, non importa se questo controllo sia attuato dall’individuo, dalla famiglia, dalla cultura, dalla moda, dalla morale, dalla religione, dalla società, dalle istituzioni o dalle leggi, ciò che è evidente è che sono migliaia di anni, in cui l’uomo, come categoria, ha sempre sentito la necessità viscerale di porre il corpo femminile sotto una qualche forma di stretto controllo, di dominio e di possesso.
Sono passati migliaia di anni dal giorno di cui si narra, attraverso un racconto biblico, del come il corpo delle donne e le sue nudità, rappresentarono il tramite per la “conoscenza” e la “liberazione” per l’uomo e al tempo stesso, furono oggetto del giudizio divino, di un “Dio maschile”, col quale si scacciava per sempre, sia la donna che l’uomo dal giardino dell’Eden, per non aver rispettato queste regole di controllo, di dominio e di possesso.

E’ una semplice opinione personale ma credo che la liberazione dell’essere umano e dell’umanità tutta, perché un giorno si possa realizzare, debba necessariamente passare da una forma di rivoluzione, mentale, storica e culturale che passi anche dal concetto di liberazione del corpo femminile, della sua liberazione da ogni forma di controllo, di possesso, di mercificazione, di violenza e d’imposizione, sapendo bene che senza libertà della parte femminile, anche la parte maschile stessa, a sua volta inevitabilmente rimane prigioniera.
Il corpo delle donne, in definitiva dovrebbe essere solo e soltanto delle donne e come tali libere di disporne come meglio credono, come liberi dovrebbero essere gli uomini, nel disporre del proprio corpo nel modo più elevato e sentito possibile.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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