• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cronaca > Giuseppe Ayala, il dibattito è aperto...

Giuseppe Ayala, il dibattito è aperto...

In questi giorni ho fatto molte ricerche su Giuseppe Ayala, lo ammetto non ne sono un simpatizzante, certo è, che non si può nascondere la storia, la sua presenza nel pool antimafia degli anni 80 e l’accusa da lui sostenuta nel maxi processo.

Oggi più che un editoriale scrivo uno sfogo, un pensiero che mi opprime, Ayala non mi convince!

Che sia chiaro, non voglio accusare nessuno ma cercare di capire si, e internet è la risposta, perché mi permette di confortarmi con altri.

Di seguito cercherò di descrivere cosa non mi piace di Ayala e cosa non mi convince, una cosa è certa, il Signor Ayala si pavoneggia eccessivamente del suo rapporto strettissimo con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, in Tv e nei giornali lo ricorda sempre temendo che lo si possa dimenticare ma questa non può esserne un’accusa.

Nelle ricerche fatte su articoli di giornali passati e dichiarazioni degli stessi non sono riuscito a trovare un’amicizia così forte come oggi viene rappresentata dallo stesso Ayala nei confronti di Giovanni Falcone, a differenza come già nel passato emergeva tra Falcone e Borsellino, ma questo può essere soggettivo non essendo noi presenti nei rapporti personali, diciamo che è più corretto dire che sto parlando di mie sensazioni e mie impressioni.

Ayala non mi ha mai colpito, né negli anni 80 né oggi, non è una figura che ha impresso un suo cammino specifico, è come se fosse stato sempre nascosto dietro le quinte, come se non volesse apparire, come la sua scelta politica fatta senza se e senza ma a differenza di Falcone dettata dalla necessità di poter continuare a lavorare. Che sia chiaro, la mia perplessità non nasce dalla foto che lo ritrae nel 78 in un locale pubblico vicino al Boss Michele Greco ad un esibizione di Peppino di Capri o ad un suo debito poi sanato di 500 milioni di vecchie lire come gli rinfacciò Tiziana Parenti nel 94 ma nasce da racconti strani/anomali riguardo l’agenda rossa del giudice Paolo Borsellino sparita il 19 luglio 1992.

Partiamo dal confronto tra Giuseppe Ayala e il colonnello dei carabinieri Giovanni Arcangioli, subito dopo l’attentato dell’ estate del 1992 a Palermo nei quali si vede l’allora capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli allontanasi con una borsa di pelle in mano che era stata prelevata dall’ automobile blindata distrutta dall’ esplosione. La borsa fu fatta vedere a Giuseppe Ayala che era presente sul luogo e fu ritrovata qualche ora dopo sul sedile posteriore dell’ automobile del magistrato. Poi, alcune ore dopo, quando gli investigatori della squadra mobile di Palermo aprono l’ automobile blindata del giudice Paolo Borsellino, ritrovano quella borsa sul sedile posteriore, proprio dov’era seduto il magistrato. La borsa venne prelevata e consegnata al magistrato di turno, Salvatore Puliato, che era accorso insieme al procuratore Pietro Giammanco e ad altri magistrati pochi minuti dopo l’ esplosione. Dentro quella borsa, però, l’agenda rossa di Paolo Borsellino non c’ era più. Gli investigatori della Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta, da quei due filmati televisivi hanno ricostruito il percorso della borsa e hanno scoperto che quella ritrovata sulla blindata era proprio la stessa che teneva in mano l’ ufficiale dei carabinieri il primo a prelevarla. Un particolare che il capitano, nonostante le indagini e le polemiche sorte attorno alla sparizione dell’ agenda rossa di Paolo Borsellino, non aveva mai rivelato a nessuno. Nei filmati s’ intravede anche il capitano Arcangioli vicino a Giuseppe Ayala, ex magistrato ed allora deputato eletto nelle file del Partito Repubblicano. Interrogato dai magistrati della procura di Caltanissetta che coordinano le indagini sulle stragi Falcone e Borsellino, Ayala ha ricordato di avere visto la borsa in mano al capitano Arcangioli: «Gli dissi di consegnarla al magistrato di turno», ha sostenuto il parlamentare. L’ ufficiale dei carabinieri è stato sentito un paio di settimane fa (siamo nel 2006) e sarà nuovamente interrogato perché la sua versione dei fatti non convincerebbe del tutto. Il capitano Arcangioli ha ammesso di avere prelevato la borsa e di averla aperta, ma non avrebbe chiarito e saputo spiegare come mai, una volta prelevata, la stessa borsa sia stata rimessa al suo posto e non consegnata al magistrato che coordinava l’ inchiesta o a un altro dei tanti colleghi di Borsellino che si trovavano in via D’ Amelio. «Mio marito non si separava mai da quell’ agenda rossa - ha sempre sostenuto la vedova del magistrato - e anche il giorno in cui fu ucciso l’ aveva con sé». Ed in quell’ agenda secondo i principali collaboratori di Borsellino c’ era scritta "la verità sulla strage Falcone".


Nel faccia a faccia Arcangioli prima avrebbe sostenuto di avere consegnato la borsa al magistrato, poi di averla rimessa al suo posto. Ayala ha sostenuto che quel giorno il capitano Arcangioli gli mostrò la borsa del giudice Paolo Borsellino ma di non averla presa perché, non essendo più magistrato, non ne aveva titolo. Una versione che è stata confermata dall’ inviato del Corriere della Sera, anch’ egli ascoltato a Caltanissetta (sempre nel 2006).

Adesso parliamo dell’intervista che Ayala ha rilasciato al sito affaritaliani.it che giudico penosa per via delle risposte dello stesso,

Affaritaliani.it: Magistrato Ayala, si indaga sulla ipotesi che le istituzioni abbiano avviato una trattativa con la mafia nei 57 giorni che separano la strage di Capaci da quella di via D’Amelio. Che cosa ne pensa?

Ayala: La metterei diversamente. Sembra accertato che Cosa Nostra abbia tentato di avviare una trattativa e non lo Stato. Trattativa che non è andata a buon fine per Cosa Nostra. E’ compito dei magistrati capire cosa sia accaduto nel dettaglio, grazie anche agli accertamenti che verranno fatti. Ma insomma, francamente mi sento di escludere l’ipotesi che questa trattativa abbia avuto uno sbocco positivo. E’ stata tentata da Cosa Nostra in un particolare momento storico, mentre stava cercando di aumentare il suo potere. Strumentali a questo fine sono state le stragi del 93 a Roma, Firenze e Milano. Ma la trattativa non è andata comunque in porto.

Mio commento: Ayala sembra di sapere tutto, ha già letto il famoso PAPELLO??? Inoltre mi sembra che sia lo Stato a cercare la tregua e non viceversa... Inoltre caro Ayala, non sai che siamo a cavallo tra la fine della prima repubblica e la nascita della seconda? Questo già è un tassello importante...

Affariitaliani.it: Pensa che la morte di Borsellino sia in qualche modo legata alle richieste della mafia allo Stato e che l’uccisione del giudice sia stata accelerata proprio perché Cosa Nostra voleva restringere i tempi della trattativa?

Ayala: Non ho elementi per sapere se è così, perché non conosco le carte dei processi già celebrati e molti dei quali definiti in sentenza. Francamente a legare la trattativa con la morte di Falcone avrei qualche dubbio. Su quella di Borsellino mi pare ci sia invece una correlazione. E chi sta indagando si muove in questo senso. Con l’eccidio di Borsellino un nesso si può ritrovare ed è oggetto di un’ indagine che mi pare sia in fase di non avanzato sviluppo. Faccio fatica a pensare a quello di Falcone, ma per quella di Borsellino l’ipotesi è seria. Naturalmente da approfondire e da verificare.

Mio commento: però, siamo nel 2009 e finalmente ha capito che....

Affaritaliani.it: Che cosa pensa delle parole pronunciate dal capo dei capi Totò Riina dal carcere?

Ayala: Non enfatizziamo queste parole. Proprio perchè le pronuncia Riina, vanno prese con le pinze. Anzi neanche le pinze bastano. Riina ha cercato di scagionare se stesso. E scagionando se stesso dalla strage di Borsellino tenta di scagionare Cosa Nostra. Una cosa normale visto che ne è il capo.

Mio commento: Sarà, ma secondo me Riina ha voluto lanciare un messaggio a qualche politico (non c’entrerà nulla ma la Sicilia ha avuto 4 miliardi e passa di euro venerdì scorso deliberati frettolomaente da un Berlusconi sotto pressione di Lombardo e Miccichè) così come ha ricordato che Mancino sapeva del suo arresto e così come misterid’italia.it segnala che in quello stesso periodo Scalfaro in Tv a reti unificate pronuncia un discorso anomalo dicendo ripetutamente "io non ci sto".

Affaritaliani.it: Ma secondo lei qual era il fine delle sue parole? Voleva mandare un messaggio a qualcuno?

Ayala: Secondo il procuratore di Caltanissetta i veri destinatari del messaggio siamo noi che indaghiamo. Per me è un’ipotesi possibile. Nel senso che Riina sta cercando di indurre i magistrati ad approfondire questa parte mai chiarita delle responsabilità estranee a Cosa Nostra. Io le devo dire che la questione per me è molto più banale. Il problema vero è che Riina non ne può più del 41 bis. Perché è da 16 anni in carcere, si avvicina alla soglia degli 80 anni e puntualmente gli rinnovano il regime duro.
Questo è probabilmente un tentativo per cercare di inserire una qualche novità nelle indagini che possa in qualche modo far ritenere ammorbidita la sua posizione e quindi agevolare una revisione del 41 bis.

Mio Commento: Ma per favore, Ayala!!! Con tutte le accuse a suo carico in questo e altri processi il Riina è talmente stupido da pensare una cosa del genere??????

Affaritaliani.it: Ma cosa bisogna aspettarci da Totò Riina?

Ayala: In ogni caso non ci aspettiamo nulla anche se lui potrebbe, ma non lo farà mai, raccontare cose attinenti alle attività di Cosa Nostra in generale e nello specifico sull’attività omicidiaria. Se lui però sostiene "Non c’entro niente, sono stato oggetto della trattativa e non partecipe", e soprattutto "Borsellino lo hanno ammazzato loro (cioè appartenenti allo Stato) cosa vuole che ne sappia". E’ certo che la sterilità di questa fonte ipotetica è una sterilità denunciata. Se lui dice noi non c’entriamo niente…Cosa vuole che dica su ciò che è accaduto. Lui sostiene solo che non è stata Cosa Nostra. Ma allora come fa a sapere chi è stato, chi ha deciso, chi ha organizzato? Se tutto è accaduto fuori da Cosa Nostra lui non ne sa nulla. Penso però che sia corretto interrogarlo. Ma nessuno coltiva l’illusione che dall’interrogatorio possa venire fuori qualche elemento processuale valido. Se non il tentativo di scagionarsi…

Mio Commento:
Ayala forse stai consigliando a qualcuno cosa è valido e cosa no processualmente parlando? E poi, lo sanno tutti che l’esplosivo, il telecomando e il luogo da dove è stato premuto il bottone (castello Utveggio-Sede Sisde) viene fatto in collaborazione con uomini dei servizi deviati.

Affaritaliani.it: I procuratori hanno riaperto le inchieste sulle stragi di Capaci e via D’Amelio ripescando vecchi fascicoli. Crede che esistano soggetti esterni a Cosa Nostra che volevano la morte di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone?

Ayala: Io mi avvalgo del sostegno di una persona a cui ero molto legato, Giovanni Falcone. Lui in un’intervista fatta dopo il tentativo di uccisione dell’Addaura nel giugno ’89, disse: "Ci troviamo di fronte a menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi. Ho l’impressione che sia questo lo scenario più attendibile se si vogliono capire davvero le ragioni che hanno spinto qualcuno ad assassinarmi. Sto assistendo all’identico meccanismo che portò all’eliminazione del generale Dalla Chiesa. Il copione è quello. Basta avere occhi per vedere". L’ipotesi dei poteri occulti fu la prima cosa a cui pensò Giovanni Falcone. Li chiamò centri di potere occulti. L’ipotesi che nella tragedia di Borsellino e della scorta ci possa essere la mano di pezzi deviati dei servizi, non dei servizi segreti, ma schegge deviate, suscita in me qualunque sentimento, tranne che quello della sorpresa.

Mio Commento: Falcone era una persona molto cauta nell’esprimersi a differenza dell’amico Paolo Borsellino più impulsivo. Ayala, forse dovresti analizzare meglio quelle parole traducendole dalla diplomazia che Falcone adoperava. Inoltre non vedo differenza fra pezzi deviati e schegge deviate...

Affaritaliani.it: Ma secondo lei esiste davvero il famoso "Papello" di cui Ciancimino Junior continua a parlare durante le interviste?


Ayala: Sembra di sì. Ciancimino sostiene che è pronto a farlo visionare ai magistrati. Ma che si trova all’estero e ci sono difficoltà burocratiche per riuscire ad averlo. Mi sembra strano che insista su questo argomento e soprattutto mi sembra strano che questo non esista. Credo quindi che esista. Poi chi l’abbia scritto rimane un mistero...

Mio commento: Lo vedremo presto......

Affaritaliani.it: L’agenda Rossa e i suoi tanti misteri . La stessa che non si trova, l’appuntamento di Borsellino segnato su una delle pagine, e soprattutto Mancino che dice di non aver mai, e sottolinea mai, incontrato Borsellino...

Ayala: Io ho parlato con Nicola Mancino, per diversi anni mio collega al Senato. Lui ha avuto un incontro con Borsellino, del tutto casuale, il giorno in cui andò in Viminale a prendere possesso della sua carica al Ministero.

Mio Commento: In questo caso cito un commento preso da un blog relativo all’interivsta, molto interessante: "IL PRIMO GIORNO DI INSEDIAMENTO AL VIMINALE FU IL 29 GIUGNO 92. IL PRIMO LUGLIO 92 ERA GIA’ IL TERZO GIORNO! LUI ASCOLTAVA INSIEME A PARISI CON LA CIMICE L’INTERROGATORIO DI MUTOLO. MUTOLO EVIDENTEMENTE DISSE QUALCOSA CHE NON GLI ANDAVA BENE PER CUI PROPRIO LUI MANCINO CONVOCO’ D’URGENZA BORSELLINO AL VIMINALE. “MI HA CHIAMATO IL MINISTRO” DISSE BORSELLINO ALLA PRESENZA DEL COLLEGA ALIQUO’. QUEST’ULTIMO LO ACCOMPAGNO’ FINO ALL’USCIO DELLA STANZA DEL MINISTRO DOVE INVECE DI ESSERCI LUI, MANCINO, C’ERA VINCENZO PARISI, IL CAPO DELLA POLIZIA……………………."

Affaritaliani.it: Ma lui continua a negare l’incontro...

Ayala: Ma lui mi ha detto che lo ha avuto. Mi ha fatto vedere anche l’agenda con l’annotazione. Anche se francamente non ho elementi per leggere la dietrologia di questo incontro. C’era Borsellino al Viminale che parlava con il capo della polizia di allora che era Parisi. Parisi gli disse che c’era Borsellino e se voleva salutarlo. Mancino rispose "Si figuri". Così lo accompagnò nella sua stanza, in mezzo ad altre persone. Lì ci fu una stretta di mano. Ma non ho alcun elemento per pensare che il ruolo di Mancino fu un altro. E in ogni caso con la scomparsa dell’agenda rossa faccio fatica a trovare il collegamento tra i due. E sono certo che l’agenda sia scomparsa. Anche Agnese Borsellino, la vedova di Paolo, ha detto che suo marito l’aveva e che la teneva sempre con se. E visto che non si trova a casa, non si trova in ufficio…


Mio Commento: Paolo Borsellino arriva al Viminale alle 18 e parla con Parisi fino alle 19. Dalle 19 alle 19,30 con Mancino, è tutto annottato nell’agenda grigia rimasta alla famiglia. La sera quando è a casa dice alla moglie Agnese "Ho visto la mafia in diretta" e la stessa sera Borsellino vomitò perchè si sentì male.



Affaritaliani.it: Scomparsa?

Ayala: Non c’è dubbio. La borsa nera di Borsellino l’ho trovata io, dopo l’esplosione, sulla macchina. Che ci fosse nessuno lo può sapere meglio di me, perché l’ho presa io. Non l’ho aperta io perchè ero già deputato e non avevo nessun titolo per farlo. A differenza di quanto si ricordi, io sono andato in Parlamento prima della morte di Borsellino e quindi non avevo nessun titolo per aprirla. Ma io sono arrivato per primo sul posto perché abito a 150 metri. Anche prima dei pompieri. Quando l’ho trovata l’ho consegnata ad un ufficiale dei carabinieri. E’ verosimile che l’agenda fosse dentro la borsa e che sia stata fatta sparire.

Mio Commento: Non mi piace questa risposta, non mi piace per niente!!! Molto vaga...

Affaritaliani.it: Quella dell’agenda è stata una sparizione isolata?

Ayala: No. Non era la prima volta che succedeva. Anche documenti del computer di Falcone sono stati cancellati. Non sono state trovate delle annotazioni molto delicate della Procura Pubblica di Palermo, che lui mi lesse personalmente. Documenti che lesse anche a Borsellino e a Leonardo Guarnotta. Mi sono chiesto come sia stato possibile. I documenti erano numerosi e dettagliati. La conferma della loro esistenza me le diede il pool antimafia. Ma non è stato trovato nulla. Un’operazione simile a quella dell’agenda rossa. Nel libro ne parlo. Fatta sparire con un intervento sospetto e tempestivo. Come capitò con la cassaforte del generale Dalla Chiesa, trovata vuota dopo la sua uccisione. O, in uno scenario completamente diverso, con la borsa di Aldo Moro. I misteri sono tanti…

Mio Commento: quindi non siamo di fronte a schegge deviate caro Ayala!!!! Ma a qualcosa di peggio...

Affaritaliani.it: Ma cosa è davvero cambiato nella mafia dalle stragi di Falcone e Borsellino?

Ayala: Una cosa è cambiata in modo radicale. E’ cambiata la strategia di Cosa Nostra. Dopo quell’ultimo conato dell’estate ’93 con le stragi inusuali fuori dalla Sicilia, non ammazzano più. Soprattutto se noi ricordiamo cos’era accaduto nei 15 anni precedenti, e facciamo l’elenco di servitori dello Stato ammazzati partendo dal presidente della Regione Sicilia, Ninnì Cassara, Dalla Chiesa, Giuliano. Quando la mafia non ammazza e non accende i riflettori "Non gliene fotte niente a nessuno".

Affaritaliani.it: Ma sono sempre pericolosi...

Ayala: E si stramuovono sul territorio. Non credo che Cosa Nostra attraversi un periodo di salute felice ma l’ammalato è lungi dall’essere in rianimazione. I colpi importanti che ha subìto ci sono stati e l’hanno colpita, quindi non è in salute. Ma è solo ricoverata…

Affaritaliani.it: L’ultima domanda, forse la più difficile. Chi erano e cosa rappresentavano per lei Falcone e Borsellino?

Ayala: Difficile. Innanzitutto il nostro era un gruppo che credeva nell’idea innovativa di Falcone. Ci abbiamo creduto e ci siamo lanciati, mai avremmo creduto di ottenere successi così brillanti nel nostro lavoro. Non eravamo eroi né Superman. E come tutti, anche Giovanni e Paolo erano persone normali, semplici, che amavano la vita, capaci di una grande ironia. E alla fine si sono ritrovati a fare i martiri. Nessuno deve pensare che erano diversi, che lavoravano sempre. Falcone amava nuotare, amava la musica. Per 10 anni abbiamo praticamente convissuto.
Borsellino era un esempio, di serietà, di dedizione. Quello che tutti vorremmo essere insomma. Era simpatico e divertente. Falcone era Falcone. Se posso fare un esempio, un po’ forzato: prima c’era la scienza, poi con Galileo è diventata storia. Con Falcone era lo stesso: prima c’era l’attività giudiziaria nei confronti della mafia, poi è arrivato Falcone e tutto è cambiato. Era un innovatore. Era un uomo che aveva una missione sia nelle sue cose che nel mestiere che svolgeva. Non ho nessuna remora ad inserirlo nell’elenco dei più grandi uomini di questo Paese. Non che non lo fosse Paolo, ma Falcone aveva qualcosa in più.

Mio Commento: Condivido le parole su Falcone ma non su Borsellino che è sempre rimasto nell’ombra ma sicuramente non per questo aveva qualcosa in meno, direi piuttosto che Falcone era Falcone e Borsellino era Borsellino!!! E trovo difficile trovare uomini come Borsellino anzi impossibile, Paolo ha affrontato gli ultimi giorni di vita lavorando per la giustiza e la legalità senza venire a compromessi con nessuno e per rendere giustizia al suo GRANDE AMICO DI SEMPRE GIOVANNI FALCONE!!!

Ayala dovremmo imparare tutti da Paolo e Giovanni, NO?

.....e poi per dirla come lo spot del tuo sito (www.ayalagiuseppe.it):
Un Magistrato, un Giudice.... un Uomo


Concludo con alcuni post che ho trovato sprsi per il web e che pubblico perchè interessanti e liberi:

  • Mi ricordo nel 92, quando ci furono le stragi, pensai: adesso fanno fuori pure Ayala... Ma non lo fecero: adesso capisco perchè!
  • Ayala entrò in Parlamento con il Partito Repubblicano che prima di lui eleggeva a Palermo l’on.le Aristide Gunnella, amico del giudice Domenico Signorino e conseguentemente di Bruno Contrada.
  • C’è nel partito repubblicano chi nutre una certa diffidenza nei confronti di Ayala, il quale ha comportamenti equivoci. A volte è a fianco della famiglia Borsellino, a volte - come nel caso di specie - è contro.
  • Già in quei tempi annusai la cosa istintivamente, da tanti fattori capii che non era come Falcone e Borsellino, era una mia impressione che vedo fu azzeccata!
  • Ayala disse che pochi giorni prima dell’attentato a Paolo Borsellino scese appositamente a Palermo da Roma, ove era parlamentare, per parlare con lui ma che, in quell’occasione, non parlarono delle indagini che Borsellino stava facendo.
  • Dal canto suo Paolo Borsellino in una delle ultime intervesterese prima dell’attentato trasmesse dalla Rete (You Tube) disse che "un amico" gli aveva consigliato in quei giorni di ritirarsi dalla Magistratura.
    E fuori dalla Magistratura, Borsellino non avrebbe certamente più dato fastidio a nessuno.
     
  • Ayala è un Magistrato, conosce la storia, capita sul posto di una tragedia "attesa" in tempo reale, gli affidano una borsa che apparteneva ad un Suo prestigiosissimo collega, attorno a lui tutto è "orrore" e Ayala che fa?Si ricorda che nell’ambito delle sue funzioni non è (scegliete Voi il termine) opportuno prendere in custodia la borsa !!! La dà ad un Capitano dei CC e arrivederci... Qua mi fermo perchè non ho nient’altro da poter dire. Mi viene in mente il colonnello Riccio che in un film dichiara che se potesse tornare in dietro si rifiuterebbe di eseguire l’ordine del Gen. Mori e avrebbe proceduto all’arresto di Provenzano ben 15 anni prima... Forse se anche Ayala si fosse dimenticato delle Sue funzioni magari... Perdonatemi queste sono solo chiacchiere... Rimane un fatto: dov’è l’agenda di Borsellino ???
     
  • A proposito del giudice Signorino(altra "lacuna" di Ayala è il suo comportamento in Via D’Amelio ma di questo si è ormai troppo e inutilmente parlato visto che non si è arrivato a nulla di utile). Dicevo di Signorino: Ayala dice che sì, ci sarà stato qualcosa, ma assolutamente nulla che avesse potuto giustificare un procedimento penale. Capisco che le sue parole possano essere frutto dalla perdita di quello che per lui era un vero amico, ma Ayala non dovrebbe avere sempre a mente le parole di Paolo Borsellino sull’equivoco tra quello che è accertabile penalmente e quello che è riscontrabile dall’opinione pubblica?
Questo articolo è stato redatto con stralci tratti da repubbica.it, dal blog di artemide1955, google.it, dal blog di bennycalasanzio, 19luglio1992.com e wikipedia.org

Commenti all'articolo

  • Di Julia (---.---.---.183) 2 settembre 2009 01:56

    Caro Dario, trovo nel tuo articolo molti pregiudizi e molte polemiche a mio parere ingiustificate. Ho conosciuto Giuseppe Ayala, letto i suoi libri, e ne ho avuto una buona impressione. Ti risponderò punto per punto in base a ciò che so io.

    Innanzitutto non credo che Ayala si sia “pavoneggiato” dei suoi rapporti con Falcone e Borsellino piuttosto sono i giornalisti ad introdurre l’argomento in ogni intervista, perché si sa che il pathos fa sempre bella figura su una pagina di giornale. Di molte affermazioni di Ayala ho trovato riscontro anche nel libro di Caponnetto, e comunque non vedo perché i giornali dell’epoca avrebbero dovuto sottolineare questo rapporto, dal momento che erano impegnatissimi a denigrare il pool e dal momento che Ayala non era un personaggio in vista quanto Falcone e Borsellino.

    Il fatto che sia rimasto dietro le quinte negli anni delle indagini non significa nulla…anche gli altri magistrati del pool hanno lavorato in condizioni di maggior riservatezza rispetto ai due grandi protagonisti, ma non per questo sono stati poco validi.

    Niente da dire sulla ricostruzione del percorso della borsa del giudice dopo l’attentato, solo che non trovo contrasti tra le due versioni: non è tanto importante se Ayala abbia “preso” la borsa, quanto se l’abbia aperta, fatto mai riportato da Arcangioli e sempre smentito dal giudice stesso e da Felice Cavallaro, il reporter del corriere presente sulla scena.

    Passiamo ai commenti dell’intervista….non ho capito il primo: cosa c’entra il papello con il supposto esito della trattativa???Non mi sembra che Ayala faccia riferimenti ambigui. Personalmente non sono d’accordo con la sua analisi, a parer mio la mafia ci ha guadagnato eccome! Ma le nostre sono chiacchiere da bar finché la magistratura non accerterà nulla e soprattutto fin ché non avremo tra e mani quel pezzo di carta.

    Sono invece pienamente d’accordo con la risposta alla seconda domanda, ma ancora, che vuoi dire con quei puntini???

    Sulle parole di Riina le vostre ipotesi sono entrambe valide…da parte mia tendo a conciliarle: il problema del pentitismo era il riscontro delle dichiarazioni dei pentiti; bisognava indagare proprio perché era un criminale o presunto tale a farle! Qui è lo stesso….verba volant, soprattutto se si tratta di un boss mafioso; detto questo, non è assolutamente escluso che Riina abbia voluto comunicare qualcosa a qualcuno delle alte sere, ma che tipo di messaggio? Personalmente mi servono altri elementi per farmi un’idea precisa.

    Io penso che l’omicidio Borsellino sia conseguenza della trattativa e che le istituzioni siano coinvolte,ma questo non esclude il fatto che Riina possa aver tentato di scagionarsi; è vero quello che tu dici riguardo ai processi, ma mettiti nei panni di un 80enne che da 16 anni subisce il 41bis….quantomeno proveresti a cavalcare l’onda del sospetto! Non dimentichiamoci che cavalcare l’onda è una strategia tipicamente mafiosa. Ayala non sta dicendo che è una pista da escludere, ma solo che bisogna stare attenti.

    Ancora, domanda successiva, commento fuori luogo: si tratta solo,a mio avviso, di sue personali considerazioni, niente di più….

    Ele parole di Falcone, come le interpreteresti tu? Il giudice era una persona riservata ma molto chiara nell’esprimersi in certi contesti, e non c’è dubbio che il fallito attentato dell’Addaura lo abbia scioccato, per cui una simile dichiarazione mi sembra palese.

    Riguardo all’incontro con Mancino ti do ragione, sicuramente non è stato casuale e sicuramente non è stato piacevole……tuttavia, proprio perché Ayala lo ha appreso da Mancino stesso potrebbe non essere a conoscenza di come la cosa andò effettivamente. Non condivido quanto dice, ma non vedo grandi possibilità di dietrologie.

    Ora, lo stesso Ayala parla, in uno dei suoi libri, di un’”agenzia funebre” particolare, che fa sparire i documenti importanti di morti “eccellenti”; è chiaro che tu e Ayala vi trovate d’accordo su questo punto, perciò non capisco il tuo commento.

    Per quanto riguarda le “schegge impazzite”…..beh….ovvio che non possono essere deviati TUTTI i servizi segreti, ma bisogna vedere chi sono le “schegge” e che posto occupano…una risposta parziale (e molto preoccupante) che la danno i vari processi in corso in cui sono imputati i vari Mori, Obinu, De Donno, etc….

    Questa è una precisazione: nei libri di Ayala viene chiarita la risposta sulle capacità professionali dei due magistrati, che qui può sembrare un po’ ingiusta. Dic Ayala che entrambi erano grandi lavoratori, capaci e instancabili, ma Falcone è stato un innovatore del metodo giudiziario, in questo senso “aveva qualcosa in più”.

    I post non li condivido affatto, ma ne commenterò solo due.

    Il primo è avventato e sconsiderato….per rispondere si potrebbe scrivere un trattato!(che è più o meno quello che sto facendo!)

    Rocco Chinnici aveva un’idea, un teorema si potrebbe dire, che trovo molto giusto: la mafia uccide quando si è soli e pericolosi; che i membri del pool fossero soli non c’è dubbio….immagino che tu sappia tutto sulle riprovevoli vicende che coinvolsero prima di tutti il CSM, però senza Falcone e Borsellino, dopo lo smantellamento del pool e il trasferimento di Caponnetto questi giudici che rimanevano non erano poi così pericolosi, infatti nemmeno Guarnotta, Di Lello e gli altri sono stati toccati.

    Passo al penultimo: è OVVIO che Ayala abbia per prima cosa pensato a non venir meno alle sue funzioni; noi oggi non possiamo capire, ma gli uomini onesti di quella generazione avevano dentro un fortissimo senso delle istituzioni, per questo rimanevano fedeli allo Stato ai compiti loro affidati anche in simili situazioni.

    …..verrebbe da chiedersi per quale Stato stessero combattendo…..

    Tirando le somme di questo poema: non voglio difendere nessuno a spada tratta, ho già detto che con certe posizioni di Ayala non mi trovo d’accordo, ma questo attacco mi sembrava ingiustificato.

    Inoltre mi viene da dire che lui, essendo stato magistrato, è abituato a diffidare di alcune fonti e a non dare nulla per scontato, perciò certe affermazioni che possono sembrare ingenue o volutamente semplicistiche.

    A volte mi chiedo se questa voglia di giustizia e di verità non porti a giudizi troppo affrettati e ad una diffidenza estrema nei confronti di chi ci sta intorno.

    C’è in Italia una non-opinione pubblica, che se ne frega, e una quantità di persone (che scopro essere grande ogni giorno di più) che sente sulla pelle ancora il fuoco di quelle bombe, il sangue di quei morti; io mi riconosco tra questi, ma credo che bisogna rimanere lucidi ed analizzare i fatti chirurgicamente, ma solo per quello che sono, senza eccessive dietrologie.


Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares