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 Home page > Tribuna Libera > Giuliano Ferrara: sinistra puritana e guardone utilizza la magistratura

Giuliano Ferrara: sinistra puritana e guardone utilizza la magistratura

Berlusconi, servendosi di un evidente accentramento dei poteri, ha generato un corto circuito che annulla la classica distinzione tra privato e pubblico: determinando, quindi, una mutazione nel linguaggio politico, che scade per una progressiva personalizzazione e "privatizzazione" della sfera politica. Anche gli antagonisti di Berlusconi hanno accettato questo paradigma, causando una generale degenerazione dei toni politici e un distacco sempre maggiore da una narrazione "reale" degli avvenimenti. Pertanto il Berlusconismo va oltre Berlusconi: in questo senso ha torto il Giornalista Giuliano Ferrara quando parla del neo puritanesimo moralista della sinistra, composta da guardoni che attraverso l’azione di una parte della magistratura politicizzata vogliono eliminare, in modo extraparlamentare, il consenso elettorale ottenuto dal Presidente del Consiglio.
 

Perché in realtà questa stessa dicotomia: puritanismo moralista Vs liberalismo tollerante, rappresenta la stessa degenerazione portata da quell’abuso di cui Berlusconi si è fatto portavoce. La sinistra dovrebbe rifiutare questa dicotomia, mostrando come questo spostamento di accento è nato da quell’abuso di poteri. Per questo è criticabile.

"Una repubblica della virtù, puritana nella sua ideologia e nel suo funzionamento è il contrario di una repubblica liberale e tollerante" (Giuliano Ferrara)

Per riuscire a comprendere e analizzare in modo coerente la degenerazione istituzionale e quindi il susseguente imbarbarimento del linguaggio politico che da decenni ormai inquina la natura democratica del nostro paese Paese; credo sia importante partire da una prospettiva diversa. Quello che sta succedendo oggi in Italia non è altro che l'espressione più evidente di un declino già iniziato nel periodo post tangentopoli: la crisi della rappresentatività e la personalizzazione della politica. 

E' interessante constatare il timore espresso da alcuni analisti che dall'estero cercano di descrivere la situazione italiana: quello che accade in Italia non sarebbe un'anomalia nostrana, bensì il destino delle democrazie occidentali. L'Italia è stata storicamente una sorta di laboratorio politico, il paese delle avanguardie. Basti pensare a quello che il fascismo italiano è sato per le altre nazioni europee.

La loro preoccupazione quindi è reale: e se questa sorta di "democrazia autoritaria di tipo video-cratica" non fosse altro che la naturale degenerazione delle democrazie occidentali?

L'Italia insomma, sempre secondo le opinioni di alcuni di questi analisti, sarebbe solo un passo più avanti degli altri paesi. Quest'imbarbarimento politico è il futuro dell'occidente.

Il discorso sarebbe molto lungo e complesso, ma soffermiamoci sulle recenti affermazioni del giornalista Giuliano Ferrara per cogliere brevemente il senso di quest' imbarbarimento. 

Secondo questo giornalista gli oppositori/nemici di Berlusconi, formati grosso moto da un circuito che comprende pezzi della magistratura, testate giornalistiche e esponenti della sinistra, non riuscendo a sconfiggerlo politicamente (cioè a livello elettorale) cercano di farlo in modo extraparlamentare: spiano nella serratura; gli ex libertini sessantottini si trasformano in guardoni moralisti che cercano di trovare vizi e peccati nel nemico per poi sconfiggerlo attraverso l'azione giudiziaria di magistrati politicizzati. Insomma per usare le stesse parole di Giuliano Ferrara "I giornalisti diventano magistrati e i magistrati diventano giornalisti". Anche i cattolici, elettori del Pdl, si sintonizzano su un discorso simile: bisogna distinguere l'aspetto privato da quello pubblico. Il nostro dovere, in quanto (elettori)cattolici, non è certo quello di giudicare se l'aspetto privato del nostro presidente sia compatibile con la morale cristiana, ma è invece valutare se il suo operato politico sia compatibile con i valori (e magari gli interessi?) istituzionali della Chiesa Cattolica. Si preferisce un presidente che "pecca" privatamente, ma sponsorizza i valori e gli interessi clericali che viceversa un buon cattolico che è magari a livello istituzionale è più cauto nel concedere alcuni privilegi.


Pertanto, per cercare di comprendere alcuni degli aspetti di quello che viene comunemente definito il "Berlusconismo", cerchiamo di cogliere il mutamento avvenuto negli ultimi anni in merito a alla classica distinzione che intercorre tra pubblico e privato. Ecco alcune breve riflessioni.

In nessun altro paese democratico occidentale, un presidente avrebbe potuto raccontare tante "balle" come Silvio Berlusconi in modo reiterato e convinto. Sembra quasi che il linguaggio politico italiano abbia neutralizzato il "principio di non contraddizione"; de facto Berlusconi afferma una cosa e la nega subito dopo senza che si generi uno scandalo o sensi di indignazione e vergogna da parte di chi l'ascolta. All'estero un politico deve mantenere una certa morale pubblica: I politici sono attenti al non mostrare i loro vizi pubblicamente, anche se sono solo vizi condannabili su un profilo morale e non giudiziario. Perché?

Perché, insomma, la medesima affermazione fatta da un politico inglese provocherebbe senso di indignazione e derisione generale, mentre in Italia viene accettata come un "tutto sommato normale"?

Per dare una chiave di lettura del fenomeno è importante soffermarci non tanto gli scandali/gaffes del nostro Premier, ma sulla reazione generale a questi. 

Nelle recenti vicende Berlusconi è imputato di reati: deve difendersi nei processi e non dai processi, si dice. Ma in altre democrazie questo "vizio" (indipendentemente dal reato) genera una scandalo pubblico nell'elettorato: la morale (personale) del presidente inquina la sua condotta politica. Perché? 

Dare una risposta breve a questi interrogativi significa riannodarci al discorso iniziale, spiegando quindi cosa sia questa crisi della "personalizzazione della politica".
 
Berlusconi, da quando è sceso in politica, in un certo senso ha cercato di "privatizzare" lo Stato distruggendo quella stessa antitesi e tra privato e pubblico. Ha insomma eliminato - attraverso il potere imprenditoriale e mediatico - quel vecchio linguaggio "razionale" della politica. Lui si pone come il nuovo politico, l'imprenditore che scende in campo per salvare il suo paese. Si pone nei confronti dell'Italia come un manager, un imprenditore o magari il presidente di una squadra di calcio, dove il suo personale interesse corrisponde all'interesse dei suoi dipendenti. Il "comunista" è colui che cerca di negare questa corrispondenza; il presidente invece è l'imprenditore. 
 
Negli altri paesi esiste ancore una visione "razionale" della politica, il politico deve insomma avere una determinata etica "pubblica" perché è il "funzionario" di quell'istituzione; non deve essere corrotto: il suo interesse è quello di adempiere al compito di quell'istituzione che deve garantire il benessere della collettività. Il politico deve essere un uomo onesto perché gestisce la cosa pubblica, se viene indagati per corruzione o se si mostra pubblicamente qualche vizio allora deve fare un passo indietro, perché indipendentemente dall'azione giudiziaria , può perdere consensi e fiducia nell'elettorato, il quale chiede e pretende trasparenza nei loro rappresentati politici.
 
L'Italia è un passo avanti: viviamo in una fase post-razionale della politica. Il conflitto di interesse del nostro Presidente del Consiglio ha generato un corto circuito che ha annullato la differenza tra privato e pubblico: la politica si è trasformata in un reality show, si è personalizzata annullando quindi quella classica distinzione tra l'interesse statale e quello individuale. Per questo anche le gaffes, anche le bugie fanno parte del gioco; gli elettori pur sapendo che Berlusconi mente lo votano: "perché quello che è importante è che diverta non certo che dica la verità". Magari approfondiremo nei prossimi articoli alcuni di questi aspetti interessanti. Cerchiamo invece di chiudere il nostro discorso.

La lettura di Ferrara è sbagliata perché il punto non è ergersi a moralisti puritani, cioè partire da una condanna "moralistica" di Berlusconi per poi eliminarlo pubblicamente. Il vero problema è che invece la degenerazione istituzionale, determinata dall'accentramento dei poteri di cui Berlusconi si è fatto portavoce, hanno generato questa spettacolarizzazione della sfera pubblica: lui stesso da quando è sceso in campo ha parlato della sua vita privata e, in un certo senso, ha imposto questo nuovo linguaggio politico per ottenere consenso elettorale. Ha potuto fare ciò servendosi anche dell'anomalia determinata dal suo evidente conflitto di interesse. La sinistra non dovrebbe giocare al suo gioco ma bensì dovrebbe ritornare ad un etica di stato (istituzionale) che è la premessa di uno stato democratico. In questo senso il berlusconismo va oltre Berlusconi: anche la sinistra ha accettato il medesimo paradigma: personalizzazione della politica, spettacolizzandone la sfera pubblica. Sicché il linguaggio politico generale è scaduto, perdendo quell'impostazione tipicamente democratica (cioè dialettica e sul programma), per degenerare in una forma particolare di populismo (discorsi sul personaggio).
 
Si passa dal programma politico al reality al reality show. Caso evidente di questo processo letto all'inverso, sono Di Pietro e Grillo. La politica si è trasformata in una sorta di teatro, di reality show, dove i politici sono gli attori che ottengono consenso se sanno interpretare una parte. 
 
Di Pietro rappresenta e interpreta perfettamente l'antieroe ovvero l'antagonista; in questo show se Berlusconi rappresenta l'imprenditore divertente e gaudente, il suo miglior nemico non può non essere che un ex magistrato giustizialista. Quello che ci deve far riflettere è in realtà la vittoria, in termini di consenso elettorale, di Di Pietro rispetto alla sinistra radicale: il leader dell'Italia dei Valori ha perfettamente compreso questa mutazione politica e si è adeguato surclassando i vecchi partiti legati ancora alla vecchia impostazione "razionale". La vittoria di consenso di Di Pietro, che in in qualsiasi altro paese sarebbe considerato per le sue posizioni un politico di Destra, sull'elettorato della sinistra radicale è indicativa: appartiene allo stesso processo di crisi della rappresentatività politica.
 
Di Pietro ha senso solo se esiste Berlusconi, perché entrambi giocano allo stesso gioco; stanno su posizioni uguali ma di segno completamente opposto. E se la politica italiana si è trasformata in questa sorta di spettacolo, dove il presidente interpreta la parte del clown, quale dovrebbe essere, per antitesi, la forma più adatta dell'anti-politica? Se la politica è gestita da un presidente clown, non dovrebbe forse l'antipolitica essere interpretata da un clown che vuole fare politica? Non è ugualmente il fenomeno Grillo causato dallo stesso processo? In quale altra Democrazia assistiamo a quelle invettive populiste antipolitiche interpretate da un comico che tende a fare politica? 
 
Questo è il vero problema: anche l'opposizione ha accettato quel paradigma Berlusconiano. La stessa politica è degenerata in questo chiacchiericcio mediatico, dove viene neutralizzata la distinzione privato pubblico, o meglio il privato è pubblico. Lo stesso Berlusconi è la causa di questo nuovo linguaggio che si sta adesso ritorcendo contro di lui. 
 
In questo senso ha ragione Cacciari: oggi esiste una nuova narrazione politica che è è completamente sconnessa dal vissuto, dal mondo reale e quotidiano dei cittadini. La politica è puro spettacolo di finzione, è apparenza . Si è persa quel linguaggio dialettico per il nuovo linguaggio di finzione. 
 
Non critichiamo il presidente Berlusconi perché siamo post sessantottini votati ad un moralismo puritato, al contrario il fatto stesso che in televisione assistiamo a dibattiti del genere, spostando l'attenzione dai problemi sociali e reali a quelli di pettegolezzo è indicativo: stiamo giocando a quel gioco di cui il Berlusconismo si è fatto portavoce. Il fatto stesso di parlare sul moralismo e non su programmi politici è l'espressione di quella degenerazione istituzionale causata da un abuso delle regole democratiche e di pluralità di cui il nostro Presidente è la massima espressione. 
 
Insomma: Berlusconi può governare, nonostante tutti questi scandali, può permettersi di commettere scempi alla morale istituzionale, può spudoratamente mostrare in modo populistico il suo personale e cinico interesse personale, può arrogarsi il diritto di offendere la magistratura criticando spesso anche quella separazione dei poteri, solo perché c'è un abuso democratico all'inizio: solo perché ha ottenuto, anche illegalmente, quell'abuso dell'esercizio del potere. Inquinando quindi la natura democratica del nostro Paese. Non ci interessa il "peccato" privato di Berlusconi, ma è sconcertante notare che la sua morale offende quotidianamente un etica di stato semplicemente perché dalla sua discesa in campo ha umiliato, con i suoi interventi ma anche con il suo operato, quella stessa istituzione che dovrebbe rappresentare.
 
La sinistra dovrebbe fare un passo indietro. Rinnovare il proprio linguaggio, partendo dal paese reale, quotidiano: dai diritti . Solo così possiamo uscire dal girone del Berlusconismo che durerà probabilmente anche dopo la sconfitta politica di Berlusconi.

Commenti all'articolo

  • Di Luciano B. L. (---.---.---.42) 14 febbraio 2011 12:38
    Luciano B. L.

    Né puritani né puttani.
    Ogni riferimento a "questi giornalisti" è puramente ...! Idem per chi trascura la concussione.

  • Di paolo (---.---.---.118) 15 febbraio 2011 08:16

    Eccessivo peso alle parole di un cortigiano di lungo corso come Ferrara . Berlusconi lo ha ereditato da Craxi nel pacchetto tutto compreso poi , per le note vicende famigliari del premier , si è trovato assegnato a Veronica Lario ed è stato scavalcato nel suo zelo dai vari Belpietro ,Feltri , Sallusti e compagnia bella .

    Aveva perso un pò di visibilità ma adesso si stà rifacendo sotto per riconquistarsi il posto di primo lacchè di Silvio.Alla corte del re la lotta si fa dura e tutti sgomitano per conquistare le posizioni migliori .
    Viene considerato un’intellettuale è questo la dice lunga sulla decadenza culturale di questo paese.
  • Di Vincenzo Fatigati (---.---.---.48) 15 febbraio 2011 20:19
    Vincenzo Fatigati

    Grazie dei commenti.
    Sì, per un certo periodo Ferrara ha voluto rappresentare l’ala dei neo/teo con Italiani. Quello che viene definita la posizione degli "atei devoti". Prendere una fede, spoglia di autentico contenuto religioso, come strumento di identità culturale contro il nemico. Quindi prendendo spunto soprattutto dalla cultura neoconservatrice americana. Almeno queste erano le sue intenzioni.
    Dopo gli ultimi deliri, abbiamo compreso invece la sua posizione, blanda, pro-berlusconiana.
    Ma sbaglia: non critichiamo Berlusconi(solo) da un punto di vista morale.
    Anche le finte critiche critiche/appelli al Nostro premier fanno parte del Gioco. Deve dare la sembianza di essere un intellettuale oggettivo che difende, per amore della verità(?) Silvio.
    Ma sì, concordo con Paolo: tentativi superficiali, conquistando il posto di lacché 
    Atei devoti

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.23) 20 febbraio 2011 10:42
    Damiano Mazzotti


    La nuova società della conoscenza accetterà sempre meno balle...

    Anche gli italiani prima o poi arriveranno a questo punto...

    Però gli americani e gli inglesi sono troppo puritani: cos’è questa moda di condannare un politico per le abitudini sessuali o per le foto sexy di un partner.. a meno che ciò dimostri che è stato un ipocrita...

    Un politico come qualsiasi altro professionista si dovrebbe giudicare per le cose che dice, per come le dice, per come sa fare le cose e per le cose difficili che riesce a realizzare..

    Non me ne importa un fico secco che se il miglior chirurgo del settore si diverte a fare sesso con la sua cagnetta o se il migior informatico del momento veste come un pezzente... Se i responsabili risorse umane tenessero conto di questo il mondo sarebbe meno classista e meno criminale... Il problema vero è che in molti paesi i cittadini devono pagare cifre salate per ottenere buone cure mediche e non che ci sono donne che si fanno pagare per fare sesso...

    Il problema vero sono le donne che ricattano i mariti attraverso i figli e così facendo distruggono l’infanzia, la crescita e la personalità delle persone che devono creare il futuro, ecc.

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