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Geopolitica della Corea del Nord

Con grande piacere vi presentiamo questa dettagliata analisi della Corea del Nord ad opera di Federico Giuliani, che esordisce oggi sull’Osservatorio. Giuliani, classe 1992, è analista di politica internazionale per “Inside Over” e “Il Giornale”, ed ha pubblicato due saggi sul Regno Eremita, 

di 


Corea del Nord. Viaggio nel paese-bunker” (Polistampa, 2018) e “La Rivoluzione Ignota. Dentro la Corea del Nord: socialismo, progresso e modernità” (2019, La Vela).

La Corea del Nord ha assunto un ruolo geopolitico cruciale a causa della sua posizione geografica ma soprattutto per la nuova linea politica portata avanti dal presidente Kim Jong Un. La penisola coreana è situata in un’area in cui si accumulano quattro interessi contrastanti di Paesi fra loro rivali: le ambizioni della Cina sull’intera Asia, quindi Estremo Oriente compreso, la longa manus degli Stati Uniti, i quali non intendono lasciare carta bianca a Pechino, le pretese economiche della Corea del Sud, desiderosa di tornare a ruggire come ai tempi d’oro, e i sogni di gloria del Giappone, sospeso fra nuovo militarismo e principale forza anticinese. 


In mezzo a tutto questo si staglia la sagoma della Corea del Nord, solida alleata della Cina e cuscinetto ideale a separare il fu Impero di Mezzo dall’esercito americano in stanza a Seul e dintorni. Ma la collocazione di Pyongyang è cruciale anche in ambito militare, perché le armi nordcoreane hanno frustrato Abe Shinzo, inchiodato dalla costituzione pacifista del Giappone, e spaventato la costa occidentale degli Stati Uniti.

Certo, se il governo nordcoreano adesso può permettersi di sedere al tavolo con Donald Trump, trattare con gli americani e accogliere Xi Jinping, gran parte del merito è del leader Kim Jong Un. Il presidente della Repubblica Popolare Democratica di Corea sta sviluppando il Paese su due binari paralleli: da una parte un costante e continuo progresso scientifico, dall’altro il miglioramento delle condizioni di vita del popolo nordcoreano. Oggi i nordcoreani possono permettersi lussi fino a non molti anni fa privilegi per pochissimi. L’uso degli smartphone è una prassi consolidata, sempre più macchine eleganti riempono le strade della capitale, scintillati palazzi futuristici sorgono in quartieri residenziali nuovi di pacca, magliette Adidas e Nike iniziano ad essere diffuse anche nei negozi di Pyongyang e via dicendo. Il discorso, è vero, cambia se lasciamo Pyongyang e ci indirizziamo verso l’estremo nord o nelle campagne, dove i contadini vivono una vita dignitosa ma rischiano sempre di patire la fame nel caso in cui le condizioni atmosferiche siano nefaste con i loro raccolti. Ma stiamo parlando di dettagli, se ripensiamo alle condizioni economiche del Paese una decina di anni fa.

Kim Jong Un ha giocato alla perfezione la battaglia di poker contro gli Stati Uniti, prima assicurandosi il sostegno incondizionato della Cina di Xi Jinping, poi stringendo una onesta amicizia con il presidente sudcoreano Moon Jae In, e infine facendo riaffiorare una vecchia alleanza tra Corea del Nord e Russia. Lavorando su tre fronti, Kim ha costretto Trump al dialogo. Il primo vertice, a Singapore, è servito a porre le basi per altri incontri; il secondo, ad Hanoi, fu prematuramente giudicato un mezzo fallimento anche se quel faccia a faccia si rivelò decisivo per consolidare l’amicizia personale tra Kim e The Donald; il terzo, lungo la linea di confine fra le due Coree, è stata la ciliegina sulla torta prima del brindisi finale.
La Cina chiede alla Corea del Nord solo una cosa: non creare instabilità ai confini della Muraglia cinese. Pyongyang, dopo aver incamerato le necessarie armi atomiche da usare eventualmente per scopi difensivi, ha recepito il messaggio per la gioia della comunità internazionale. Per quanto riguarda il processo di pace con la Corea del Sud e con gli Stati Uniti, i nordcoreani dovranno cavarsela da soli, anche perché Pechino non ha interesse nel favorire la creazione di una Corea unita, potenzialmente nemica dal punto di vista economico. Diversi sono invece i rapporti con il Giappone, inquinati dagli anni dell’occupazione nipponica nella penisola coreana, durata quasi cinquant’anni. Al termine della Seconda Guerra Mondiale, Tokyo perse ogni pretesa bellica sull’Estremo Oriente e da allora ha dovuto subire in silenzio l’ascesa militare dei Paesi limitrofi. Oggi Abe Shinzo considera la Corea del Nord un interlocutore, e ha intenzione di costruire buone relazioni di vicinato con il “nuovo” Kim Jong Un, con il quale potrebbe esserci presto un incontro. Se la minaccia nucleare nordcoreana sembra essere stata disinnescata, la normalizzazione dei rapporti in quest’area richiederà invece tempi molto più lunghi.

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