• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Europa > Francia, il lungo adieu al welfare

Francia, il lungo adieu al welfare

In Francia infuria in questi giorni il dibattito pubblico sulla “generosità” del sistema di sussidi di disoccupazione. La gestione del sussidio è in rosso costante, per 3,8 miliardi quest’anno e 3,5 il prossimo, toccando a fine 2015 un deficit cumulato previsto a 24,9 miliardi. Il giovane ministro dell’Economia (e della Rinascita Industriale, oltre che dell’information technology) francese, l’ex banchiere d’investimento di Rotschild, Emmanuel Macron, ha preso a calci un alveare ribadendo l’esigenza di intervenire sul sistema, per ridurne il buco.

La questione è ovviamente molto sensibile, per usare un eufemismo. Tanto quanto l’intoccabilità delle 35 ore settimanali di lavoro. Ed il sistema francese di sussidi di disoccupazione è molto generoso. A fronte di un contributo pari al 6,40% della retribuzione, di cui il 4% a carico del datore di lavoro, chi perde il lavoro ma ha lavorato almeno 4 mesi sugli ultimi 28 (che salgono a 36 per gli over 50) riceve un sussidio per una durata variabile in funzione dell’anzianità lavorativa e che può raggiungere i due anni (tre per gli over 50) e varia, in funzione di parametri complessi, tra il 63% ed il 93% della retribuzione netta. Per fare un confronto, in Germania per accedere ai sussidi (di durata variabile tra i 6 ed i 24 mesi) occorre aver lavorato almeno 12 mesi negli ultimi due anni. Soprattutto, in Germania esiste un sistema di penalità per cui, ad esempio, il primo rifiuto di un’offerta di lavoro “ragionevole” proveniente dai centri per l’impiego determina il taglio del 30% del sussidio per 3 mesi (qui una sintesi abbastanza efficace).

La Francia, quindi, è alle prese con un sistema di welfare obiettivamente molto generoso e che sta producendo ampi e crescenti deficit, come del resto ci si attende per strumenti che sono stabilizzatori automatici, cioè che entrano in funzione durante le recessioni. Il fatto che alcuni maggiorenti del partito socialista (il già citato Macron, ma anche il premier Manuel Valls ed il ministro delle Finanze, Michel Sapin), stiano tentando di portare il dibattito su una revisione del sussidio, causando strepiti nel proprio partito (e fuori da esso) ed emicranie al poveroFrançois Hollande, che ha tentato di prendere tempo sostenendo che c’è già molta carne al fuoco, la dice lunga sulla situazione “italiana” che stanno vivendo i cugini francesi. I quali, a differenza nostra, sono talmente ricchi da potersi permettere di occultare su vasta scala la disoccupazione con presunta “formazione“. Anche qui, la domanda e la constatazione sorgono spontanee: che succede quando in un paese non esiste domanda di lavoro (e domanda più in generale) al leggendario sistema della simil flexsecurity? Banale: che la disoccupazione esplode ed i salari crollano, sino al punto di equilibrio. Siamo e restiamo fiduciosi di non incappare, con questa frase, nell’idiota che ci accusa di puntare alla macelleria sociale.

Anche la Francia sta quindi percorrendo la via crucis su cui camminava ieri la Spagna e su cui camminerà domani l’Italia, dove la crisi fa esplodere (o rende comunque insostenibili) le erogazioni di welfare ed il deficit, costringendo a tagli che si rivelano pro-ciclici, almeno nel breve periodo. La persistente perdita di competitività della Francia, testimoniata dal suo deficit delle partite correnti, impone un calo del costo del lavoro, che a sua volta è zavorrato da un sistema di welfare molto generoso ed a cui servirà fatalmente mettere mano. Solo che la Francia non è la Spagna né l’Italia sotto molteplici aspetti, soprattutto quello politico nel quadro della costruzione europea. Ma anche in quello sociale, con vasti strati di popolazione che attingono pesantemente alle erogazioni di welfare e che non appaiono particolarmente qualificati e proficuamente utilizzabili entro una cornice retributiva di sussistenza. L’impennata della disoccupazione in un paese che, a differenza dell’Italia, non ha (ancora) subito un credit crunch bancario la dice lunga sul potenziale di crisi esistenziale che potrebbe abbattersi sulla Francia in un futuro che appare sempre più vicino.

 

Foto: thierry ehrmann/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità