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Francia e discriminazione | Banlieue de la République: l’inchiesta di Kepel

Il sociologo francese Gilles Kepel e la sua equipe sono tornati in due banlieue difficili di Parigi – le stesse dei disordini del 2005 – per vedere che ruolo gioca qui l'Islam nella costruzione comunitaria e identitaria. Oggi la promessa della République non si realizza. 
 

L'Istituto Montaigne ha da poco pubblicato una ricerca, diretta dal sociologo Gilles Kepel, che mette in relazione il rapporto tra società, politica, religione in due banlieue parigine particolarmente significative, perché al cuore dei disordini del 2005: Clichy-sous-­Bois et Montfermeil.

L'inchiesta, a differenza della precedente (Les banlieues de l’islam, Seuil) fatta da Kepel e dalla sua equipe, si concentra su un agglomerato – considerato in tutti i sensi del termine – dove l'Islam gioca un ruolo importante, ma dove viene sovrapposto ad altri temi: la città, l'educazione, il lavoro, la sicurezza, la politica e la religione.

L'inchiesta si chiama “Banlieue de la République” (che è anche un sito Internet pieno di materiali) ed è stata realizzata da Kepel e da cinque ricercatori che sono stati nei quartieri in questione, passando tempo con la gente, nelle case, nei trasporti pubblici, nelle scuole e nelle cité. «La nostra scommessa è stata quella di contribuire a rendere comprensibile, osservando il quotidiano, come si realizza – o meno – la promessa repubblicana», dice Kepel nell'introduzione al rapporto. L'inchiesta è stata realizzata intervistando 100 persone (oltre mille pagine di trascrizione) sopratutto in francese, ma anche in arabo, turco, cambogiano, inglese, peulh e soninké. Due terzi degli intervistati hanno affermato di essere di religione mussulmana, un terzo si sono detti cristiani, buddisti, israeliti o atei.

«Clichy-Montfermeil è diventata famosa per gli eventi dell'autunno del 2005, le cui ragioni – nonostante i racconti della stampa – in parte restano misteriose. Questi moti, a parte la loro dimensione spettacolare, hanno colpito nelle fondamenta il racconto che fonda la Francia moderna, implicitamente condiviso, secondo il quel la nazione sarebbe stata sempre capace di integrare, qualunque fossero i problemi sociali, culturali o etnici, tutti coloro che arrivavano per rimanere e, ancora di più, i loro figli, nati sul suolo della nuova patria, educati nelle scuole della République e quindi imbevuti devi valori comuni loro inculcati», spiega Kepel.

La differenza con i moti del 2005-2006
I lavori che sono stati fatti dopo il 2005 hanno teso a dimostrare come questi giovani che bruciavano le automobili non stessero facendo altro che gridare la loro apparenza alla nazione francese che li rifiutava. I sondaggi pubblicati in seguito mostravano come la propensione di questi mussulmani, per esempio al matrimonio misto, o all'apertura verso gli ebrei, fossero un segno che il percorso di integrazione stava funzionando.
La nuova inchiesta a Clichy-Montfermeil invece mette in dubbio questo assunto. Si osserva infatti una logica di costruzione comunitaria intorno all'Islam che, se da un lato si allontanano dalla società francese, dall'altro va verso i suoi valori, ma sempre contrastati dalla avversità sociali.

Tra questi due poli, dice Kepel, si evidenzia una vasta gamma di attitudini di persone che cercano di negoziare la loro situazione, in funzione delle risorse culturali e materiali che hanno: alcuni formulano delle esigenze identitarie nel linguaggio dell'halal, altri sottolineando un'agenda politica “islamica”, altri si muovono in ambito laico e associativo per lavorare sul degrado ambientale, sull'accesso all'impiego e sulla formazione.

Queste due banlieue sono esplicative di una realtà ma, allo stesso tempo in controtendenza rispetto al resto della Francia: qui la maggioranza si dice contraria al matrimonio con un non-mussulmano, mentre nel resto della Francia è l'opposto; qui quasi tutti gli uomini intervistati dicono di andare regolarmente in moschea, mentre nel resto della Francia si arriva a un terzo.

Cos'hanno di particolare queste banlieue? La maggior parte della popolazione qui è mussulmana, il comune è chiuso da un quasi deserto di trasporti pubblici, la disoccupazione raggiunge dei tassi record e l'influenza dei predicatori è forte fin dagli anni Ottanta.

Un'altra cosa molto cambiata rispetto all'inchiesta del 1985, oltre al fatto che sono molti di più i cittadini francesi di confessione mussulmana, è l'ubiquità dell'halal presso questa popolazione. L'halal è diventato uno spettro molto più vasto che il solo cibo, arrivando a definire in maniera molto ampia cosa è lecito e cosa è illecito. Khadidja, una madre di origine marocchina, dice: «L'halal è non far entrare cose rubate in casa. L'halal è far capire ai propri figli che devono essere onesti. L'halal è non mettere insieme denaro guadagnato lavorando e danaro sporco. Questo è l'halal. L'halal è essere fedeli al proprio marito, ai propri figli, ai propri amici. È molto vasto...».

A scuola, per esempio, si è rilevato che la mensa, un momento che unisce insegnamento e socializzazione, oggi ha un tasso di frequenza molto basso. Viene addotto il motivo economico (è meno caro preparare un pasto in casa) ma spesso viene accompagnato da motivazioni culturali -la mensa non offre pasti halal- e che si traduce in ragazzini che mangiano “panini halal” negli androni delle cité. A questo si aggiunge il fatto che la legge sui segni religiosi nei luoghi pubblici– accettata ma non capita – non è accompagnata dalle altre norme previste, come il rispetto delle feste non cristiane o lo studio delle lingue di origine.



E se l'halal è una marca comunitaria, lo è sopratutto come specchio del Kasher. «Lungo l'inchiesta gli ebrei appaiono come una minoranza che ha saputo imporre la sua specificità, dalla quale ottiene la potenza, la paura e il rispetto che genera, nonostante il piccolo numero», dice Kepel.

Qualche cifra dal rapporto: 
tasso di disoccupazione: 

Clichy-sous-Bois: 22,7 % 

Montfermeil: 17,5 % 

Ile de France (regione parigina): 11 %


Percentuale di famiglie che non raggiungono il reddito minimo imponibile: 

Clichy-sous-Bois: 61,30 %

Montfermeil: 45,40 % 
Ile de France: 33,60 % 
Percentuale di popolazione di nazionalità straniera
:
Clichy-sous-Bois: 33 %

Montfermeil: 20 % 

Ile de France: 12,4 % 
Percentuale di minori con almeno un genitore nato all'estero: 

Clichy-sous-Bois: 76 %

Montfermeil: 50 % 

Ile de France: 16,9 %
(Qui è possibile scaricare tutta l'inchiesta in Pdf)

Francesca Barca
Europa451

Questo articolo è stato pubblicato qui

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