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Fortapasc: cronaca di una fine, o di una speranza

Il 27 marzo esce in 58 sale cinematografiche in tutta la Campania l’ultimo film di Marco Risi che racconta la storia di Giancarlo Siani, giornalista de "Il Mattino" di Napoli, ucciso per mano della camorra la notte del 23 settembre del 1985.

Cronaca di ieri

Giancarlo Siani lavorava nella sede distaccata di Castellammare di Stabia del maggior quotidiano partenopeo, "Il Mattino".

Giancarlo Siani voleva fare il giornalista, ma non un semplice corrispondente, si voleva occupare del degrado che affliggeva, ed affligge tuttora, Napoli e provincia.

Si occupava di cronaca, di cronaca nera, e di materiale sul quale scrivere i suoi pezzi ce n’era a volontà, soprattutto tra Castellammare e Torre Annunziata (cittadine situate sulla costa a pochi chilometri da Napoli).

Giancarlo Siani non aspettava che le notizie arrivassero in redazione, ma se le cercava a bordo della sua "Mehari" andando in giro per i quartieri dei boss, facendo domande ai ragazzi di strada (i cosiddetti "muschilli"), guardando la gente negli occhi e tentando di comprendere le loro difficoltà, di ascoltare le loro paure.

Le inchieste giudiziarie hanno portato a spiegare le cause della sua morte.

Giancarlo Siani viene ucciso tre mesi dopo aver scritto un articolo nel quale denunciava ciò che stava accadendo all’interno delle famiglie camorristiche che erano uscite vincenti dalla guerra, tra la fine degli anni ’70 ed i primi anni ’80, che le aveva viste contrapposte alla NCO (Nuova Camorra Organizzata) di Raffaele Cutolo.

Molto probabilmente gli atti giudiziari non hanno, ancora oggi, fatto piena luce su tutti gli aspetti di quella morte; Giancarlo Siani con molta probabilità aveva scoperto più di quello che è stato accertato dalla magistratura, e che oggi costituisce una verità giudiziaria: a cominciare dagli intrecci tra camorra, politica ed affari in seguito agli aiuti finanziari per la ricostruzione dopo il terremoto in Irpinia del 1980.

L’articolo che Giancarlo scrive, e che sarà causa dell’efferato delitto, è datato 10 giugno 1985: verrà ucciso il 23 settembre dello stesso anno, aveva solo ventisei anni.


Cronaca di oggi

Mercoledì 25 marzo è andata in onda su Raitre "Che tempo che fa", popolare trasmissione condotta da Fabio Fazio.

Ospiti della puntata, David Grossman, Paul Auster e Roberto Saviano.

Da quando Saviano ha scritto il libro, ormai gia cult, "Gomorra" vive sotto scorta a causa delle minacce a lui rivolte dai "Casalesi", anche nelle stesse aule di tribunale, in totale disprezzo della Giustizia e delle regole di una società che si definisce "civile".

I commenti che ho ascoltato dalle persone a ma vicino in quel momento, mentre la trasmissione andava in onda, mi hanno a tal punto nauseato che un senso di rabbia inconttrollato si è impadronito della mia mente facendomi perdere la razionalità, con la quale tento di ragionare sulle cose.

Erano commenti mafiosi del tipo: <<ma perchè non si è fatto i cazzi suoi?>> oppure <<ha scritto un libro e si è fatto i soldi, e adesso che cazzo vuole, non lo sapeva?>> e via dicendo.

Erano commenti mafiosi dicevo, ma di mafiosi in giro non ce ne erano: questi commenti li facevano le persone comuni, lavoratori, gente che si alza presto al mattino per andare a lavorare e ritorna tardi a casa la sera, gente che si guadagna come può quel tanto che basta per far vivere dignitosamente la propria famiglia, i propri figli.

Alla fine sono tornato a casa e preso dallo scoramento ho cancellato un precedente articolo che avevo scritto per AgoraVox "Giancarlo Siani: una Mehari in giro per Fortapasc", e ne ho scritto un altro non destinato alla pubblicazione nel quale spiegavo le ragioni per cui avrei abbandonato la redazione, e non avrei pertanto più scritto.

A Fortapasc non bisogna lottare solo contro la camorra, ma anche contro tutte quelle "persone perbene" il cui modo stesso di ragionare è da camorrista, e che ragionano così anche a causa dell’assenza dello Stato: cronica mancanza di lavoro, lavoro nero sottopagato e sfruttato, assenza delle istituzioni, repressione poliziesca che colpisce coloro che alzano la voce per protestare in merito alle loro condizioni di sottosviluppo, e che è altrettanto vigliacca nei confronti dei "potenti".

Alla fine mi sono accorto che questi sono i motivi per i quali quelle persone perbene facevano simili commenti, e l’mpulso di un momento è passato con la luce di un nuovo giorno.

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