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Fondi europei: l’eccezionalismo italiano

Arieccoci. Il professor Roberto Perotti, dopo la meritoria opera di divulgazione del disastro nell’utilizzo dei fondi europei da parte del nostro paese, è tornato a proporre una diversione nell’utilizzo di tali fondi rispetto alla prassi comunitaria. E ancora una volta, siamo nel campo del surreale o della resa, non solo di piena confessione.

La vicenda è nota: utilizziamo malissimo i fondi comunitari, anche a causa della dispersione in mille rivoli locali di tali fondi. Di fatto non esistono valutazioni di efficacia ed efficienza ex ante nell’impiego delle risorse, e l’identificazione del proprietario di tale processo allocativo è spesso di difficile individuazione. A febbraio, Perotti aveva provocatoriamente lanciato l’idea di rinunciare a parte di questi contributi e chiedere un corrispondente sconto alla Ue, da impiegare per ridurre il cuneo fiscale.

Ovviamente, una simile richiesta equivale ad andare a Bruxelles e dire: “cari signori, poiché siamo ladri e/o inetti, rinunciamo alla programmazione di tali fondi, grazie”. Ovviamente, si tratta di richiesta piuttosto stravagante, e che pare inscriversi antropologicamente nella impossibilità di stare al mondo senza periodiche svalutazioni del cambio. Ieri, intervenendo a SkyTg24 Economia, Perotti ha ribadito i concetti, ma l’esito è destinato a non cambiare. Non dovrebbe essere difficile capire che semplicemente non possiamo chiedere una cosa del genere, e che non è colpa né della Commissione Ue né di singoli governi europei che ci ostacolano pervicacemente nel raggiungimento della Felicità. L’alternativa potrebbe essere quella di offrire questo opt-out a tutti i paesi della Ue, ma questo con alta probabilità sarebbe rigettato in quanto evento disgregante dell’Unione, in senso filosofico prima che operativo, essendo l’antitesi della risposta “federale” allo sviluppo delle aree più povere della Ue.

Nel frattempo, la Commissione Ue ha informato che vuole raggiungere entro fine mese o al massimo all’inizio di agosto un accordo con l’Italia sul partenariato per l’uso di 44 miliardi di fondi europei nei prossimi sette anni. La prossima settimana il commissario alle politiche regionali Johannes Hahn incontrerà a Roma il sottosegretario Graziano Delrio, poi inizieranno negoziati a livello tecnico. Per Bruxelles il vero problema italiano è amministrativo, cioè riguarda la gestione delle risorse. Motivo per cui ci viene chiesto che ogni autorità coinvolta assuma chiaramente la responsabilità degli impegni, con un piano specifico firmato dal ministro o dal presidente della Regione nel quale siano fissati misure, scadenze e fasi della decisione allo scopo di assicurare una gestione trasparente ed efficace.

Il problema italiano da sempre, non è il quanto di spesa pubblica, ma ilcome. Quindi, ancora una volta, o cerchiamo di rientrare in un consesso di agenti economici non tanto razionali quanto almeno non belluini, oppure ci dimettiamo da cittadini (come sedicente “nazione”, però) e chiediamo di essere commissariati dall’esterno. Ed in quel caso qualcuno finirà col gettarci le noccioline attraverso la gabbia. Ad oggi è improbabile che qualcuno accetti di usare risorse comunitarie per lo sviluppo degli investimenti, dietro pressante richiesta di un paese che appare bisognoso di un insegnante di sostegno. La sovranità, quella vera, è cosa lievemente diversa dallo stamparsi i soldi, altrimenti l’Argentina sarebbe il paese più orgoglioso del globo terracqueo.

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