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Flat tax per pensionati esteri: morta sul nascere

Tra le innumerevoli levate d’ingegno pensate per rastrellare gettito e contribuire a finanziare una manovra che pare scritta dagli ospiti di un centro di riabilitazione e reinserimento per soggetti disagiati, c’è anche la flat tax al 7% per i pensionati che decidessero di trasferirsi nel Mezzogiorno d’Italia. Misura in apparenza simile già attuata con successo in Portogallo e nelle Canarie spagnole e, fuori dall’Europa, in Tunisia. La declinazione italiana è, inutile ribadirlo, esattamente “all’italiana”, cioè destinata a fallire miseramente.

Lo leggiamo oggi sul Sole in un’analisi di Marzio Bartoloni. La misura prevede per cinque anni un’imposta del 7% sui redditi di soggetti pensionati che si trasferiscano in Italia e che qui non abbiano risieduto nei cinque periodi d’imposta precedenti. Ma non è tutto. Perché, per beneficiare della mini-tassa servirà

[…] trasferirsi in un Comune con meno di 20 mila abitanti in una delle otto Regioni del Sud (Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia)

Posso anche comprendere la scelta di privilegiare le regioni del nostro Mezzogiorno ma perché proprio in comuni con meno di 20 mila abitanti?Forse una misura anti-spopolamento a mezzo di soggetti anziani, quindi già così piuttosto demenziale? Qualcuno potrebbe pensare che la misura serva ad agevolare rientri in Italia di nostri connazionali, che ogni anno percepiscono erogazioni dall’Inps per un importo di un miliardo di euro, sottratti quindi al circuito economico nazionale.

Ebbene no. Forse, temendo una evidente incostituzionalità della norma, sia in termini di equità orizzontale che per discriminazione su base geografica, al primo comma della norma (riscritta) si specifica che essa riguarda solo “titolari dei redditi da pensione erogati da soggetti esteri”. I pensionati italiani expat che percepiscono la pensione da Inps sono esclusi, quindi.

Oltre a questo, tuttavia, nella norma ci sono molte altre aree grigie. Ad esempio, come detto, l’agevolazione al 7% è prevista per cinque anni ma nulla viene detto su cosa accadrebbe dopo. In Portogallo, per contro, vige una completa esenzione per un decennio, trascorso il quale l’aliquota salirebbe al 10%. Per non parlare di una disponibilità di servizi, in particolare sanitari, che nei nostri piccoli centri meridionali non appare esattamente un titolo di eccellenza, come ha scritto tempo addietro Vitalba Azzollini, quando l’idea era ancora più demenziale. Importeremmo pensionati quasi esentasse che si riverserebbero nelle strutture sanitarie del centro-nord, per caso?

L’idea di Alberto Brambilla, specialista di temi previdenziali e consulente della Lega, che prevedeva centomila arrivi in un triennio per un beneficio sull’economia stimato in due miliardi, viene così irrimediabilmente lesionata. Si rinnova la tradizione italiana: scrivere norme di incentivo senza valutazione dell’impatto di costi e benefici, e farlo in evidente stato di ubriachezza. O forse è solo una incoercibile ignoranza, chi può dirlo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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