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Fini e la scoperta (?) della questione morale

Pare che infine il rapporto politico tra Fini e Berlusconi si sia rotto, che la destra non sia più compatta come prima e che ci sia spazio per nuovi scenari politici. Da molto tempo in realtà Fini non faceva che prendere le distanze e smarcarsi dalle posizioni della “destra berlusconiana” (se mai questa si possa definire una vera “destra”) su vari temi etici e sociali (vedi voto agli immigrati), occupando in gran parte quel ruolo che dovrebbe spettare alla (inesistente) opposizione di sinistra e rendendosi, come è stato spesso notato, una sorta di leader dell’opposizione.

 

Tuttavia, la rottura definitiva all’interno del Pdl è stata causata dalle posizioni di Fini e dei finiani in tema di giustizia. Posizioni tanto condivisibili quanto assolutamente sorprendenti se si considera da quale pulpito siano espresse; e cioè dal pulpito del Pdl, ovvero il partito di Berlusconi. Posizioni che ci fanno chiedere come sia stato mai possibile che persone di tal genere si siano trovate e si trovino tutt’ora nel Pdl. Tant’è che l’ufficio di presidenza del Pdl ha stabilito che “le posizioni dell’onorevole Fini” sono “assolutamente incompatibili con i principi ispiratori del Popolo della Libertà”. Ed è verissimo!

L’incoerenza e l’improvviso mutamento d’opinione provengono non da Berlusconi e dal suo gruppo, ma da Fini e dai suoi, i quali ad un tratto hanno iniziato a ritenere intollerabile che gente fortemente sospettata di aver commesso reati ricopra incarichi pubblici e hanno iniziato addirittura a parlare di una questione morale. Questi sono, evidentemente, temi che nel Pdl, il partito di Berlusconi, Dell’Utri, Cosentino ecc. non hanno alcun senso!

E’ naturale, dunque, che nel momento in cui si sono messi sul campo questi temi e sono stati attaccati vari membri del Governo (Scajola, Cosentino, Brancher) per questioni giudiziarie, il patto che stava alla base del Pdl si è rotto. Ma chi ha rotto questo patto è senz’altro Fini. E’ lui il “traditore”.

Ora noi potremmo pensare a una sorta di ravvedimento, ad un Fini folgorato sulla via di Arcore, il quale all’improvviso ha capito l’immenso valore della legalità e dell’integrità morale nella politica. Beh, questo in realtà sembra piuttosto improbabile... Molto più probabile è che il presidente della Camera si muova per opportunità politica. E ciò è dimostrato dalle varie vicende giudiziarie tanto messe in evidenza dai finiani. Queste vicende mostrano come i finiani abbiano sì evidenziato una questione morale nel Pdl, ma solamente fino al punto cui si poteva spingere l’opportunità politica, cioè fino al punto in cui potevano ottenre un vantaggio politico.

Pensiamo alla vicenda di Scajola: egli si è dimesso da ministro dello Sviluppo Economico dopo essere stato coinvolto nell’inchiesta sulla cosiddetta “cricca”, ma senza neanche essere indagato. Pochi giorni dopo fu nominato ministro di non si sa bene cosa (non lo sapeva bene neanche lui e non è uno scherzo) Aldo Brancher, già prescritto per finanziamento illecito ai partiti e in quel momento ancora imputato per ricettazione e appropriazione indebita (sarà condannato in primo grado dopo un mese circa). Come? Scajola si dimette per uno scandalo giudiziario e nominano ministro uno più inguaiato di lui? Ma i finiani non hanno nulla da dire. Gli attacchi sono arrivati solo qualche giorno dopo quando Brancher ha deciso, in maniera perfettamente legale, di avvalersi del legittimo impedimento per non presentarsi ad un’udienza. Non l’avesse mai fatto! Ad un tratto il Presidente della Repubblica e addirittura parte del Pdl (i finiani appunto) scoprono che la legge sul legittimo impedimento è una vergogna e attaccano duramente Brancher per aver provato ad usarla. Ma attenzione: il legittimo impedimento è una vergogna solo se lo usa Brancher; se lo usa Berlusconi non ci sono problemi, né per Napolitano, il nostro grande Presidente della Repubblica, né per i finiani.

E come mai? Qualche finiano tenta di nascondere la realtà e di spiegare questa inspiegabile distinzione: il legittimo impedimento vale solo per i processi successivi alla nomina da ministro o da premier; non vale, quindi, per i ministri già sotto processo. Ora, a parte che se davvero fosse così per i finiani, non si capisce perché abbiano votato la legge e non l’abbiano modificata (ah già, la si doveva approvare subito, se no Berlusconi rischiava di finire in un tribunale); inoltre, vari processi di Berlusconi sono iniziati ben prima che diventasse Presidente del Consiglio. Dunque, la legge non dovrebbe valere neanche per lui. Il vero motivo per cui nessuno ha mai chiesto le dimissioni di Berlusconi per aver usato il legittimo impedimento, è che la legge è stata fatta apposta per lui. Tutti i discorsi di etica, moralità e opportunità politica vanno a farsi friggere di fronte a Berlusconi. Attaccare Berlusconi da questo punto di vista vorrebbe dire smontare la “favoletta” che si è creato, che lo sostiene da 15 anni e che è poi il muro di fronte al quale qualsiasi anti-berlusconiano che discuta con un berlusconiano è destinato a bloccarsi: Berlusconi è perseguitato dai giudici. I finiani sono ben lungi dal mettere in discussione questo, che rappresenta un caposaldo della “destra” (sempre tra virgolette) italiana. Metterlo in discussione vorrebbe dire inimicarsi gran parte della popolazione: il valore della legalità e dell’integrità morale finisce dove inizia l’opportunità politica.

Questa vicenda è emblematica, ma lo stesso si può dedurre da altri fatti, quali la condanna in appello a Dell’Utri per mafia (nessuno ha chiesto le dimissioni per un simile fatto) o le dimissioni da sottosegretario di Cosentino (intervenute non perché accusato di associazione camorristica, ma per aver tentato di screditare il governatore della Campania Caldoro, del Pdl). In tutti questi casi è evidente come le sante parole di Fini sull’etica in politica e sui rapporti con la giustizia (qualche esempio: “La contrapposizione tra garantismo e legalità non ha motivo di esistere”; “l’etica del comportamento pubblico è una precondizione per non far perdere la fiducia nella politica da parte della società civile”) siano più frutto di trame politiche che di salde convinzioni o di improvvisi ravvedimenti. Chiaramente ciò non toglie che il più delle volte Fini dica cose sacrosante e tanto più importanti in quanto non vengono dette quasi da nessun altro politico. Ma non si può certo dimenticare la sua strettissima alleanza con Berlusconi, che lo ha portato addirittura a fondare un nuovo partito insieme. E’ ovvio che, dati questi presupposti, qualsiasi discorso sulla legalità e sulla giustizia rischia di apparire incoerente e puramente volto ad un vantaggio politico.

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