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Filippo Taddei (PD): "Il Jobs Act è una scommessa intelligente"

Venerdì 11 marzo si è svolto a Perugia, nella Sala "Falcone-Borsellino" del Palazzo della Provincia, un incontro organizzato dal PD Umbro con ospite l'economista Filippo Taddei, per spiegare i contenuti della riforma del Jobs Act.
 
Dopo una breve presentazione del segretario regionale del Partito Democratico umbro Giacomo Leonelli, che fa gli onori di casa, interviene la responsabile del Dipartimento Lavoro che ha organizzato l'evento, Serena Santagata: "Siamo qui perché la politica deve essere un servizio e deve dare un'informazione".
"Ogni riforma deve essere un'occasione per mettere al centro la persona del lavoratore, serve una nuova visione, nuovi strumenti al passo con i tempi che seguano i cambiamenti economici", ammette che si tratta di "una riforma non completa, perfettibile e non perfetta" ma riafferma con decisione che "L'intento non è liberalizzare i licenziamenti ma recuperare le fasce dimenticate: giovani, inattivi e over 50". 
 
Prima di concludere il suo intervento ricorda come in Italia ci sia (non certo da oggi) "un problema di circolazione di informazioni distorte ed una forte mancanza di informazione corretta". Un difetto che Filippo Taddei cerca di correggere nel suo intervento a braccio, con un ritmo molto veloce ed a volte scadenzato. 
 
Parte con una premessa quasi "filosofica": "In generale la politica economica del Pd è una grande trasformazione del sistema industriale", ricorda come "L'Italia non è stata in grado di cambiare nel periodo 2000-2007, prima della crisi non abbiamo sfruttato il dividendo dell'ingresso in Europa. L'arrivo della recessione non ha fatto che accelerare la debolezza infrastrutturale. Abbiamo saltato 6 anni di investimenti, un ciclo intero, perdendo circa 80 miliardi all'anno". 
Fatta la breve diagnosi al malato si domanda: "Qual'è la soluzione? Quale molla possiamo usare per attrarre investimenti?"
 
Pone così l'accento sull'importanza del "capitale umano": "Le economie avanzate competono non solo sull'innovazione e la trasformazione di nuovi prodotti, ma sulla capacità di gestione della tecnologia. Noi abbiamo un enorme bagaglio di competenze e qualità del capitale umano (cita l'esempio dello stabilimento Philip Morris in Emilia Romagna, ndr) ma dobbiamo ragionare sul mercato del lavoro. Abbiamo depauperato le competenze delle persone, e scaricato il peso della crisi del cambiamento solo su alcuni. L'iniquità di oggi ha a che vedere con la mancanza di riforme. Abbiamo così creato la categoria della para-subordinazione: i quasi-dipendenti o quasi-autonomi, un mezzo milione di italiani con quasi tutele. Tutte persone nella stessa condizione ma in modi diversi". Il ragionamento di fondo è che solo il lavoro stabile e duraturo può consentire al lavoratore di affermare ed "affinare" nel tempo le proprie competenze professionali.
 
E si arriva così all'obiettivo di fondo del Jobs Act: "Vogliamo rendere per le imprese più conveniente assumere a tempo indeterminato che a tempo determinato tramite il rapporto a tutele crescenti e le agevolazioni fiscali, favorendo l'ingresso dei lavoratori precari in lavori più stabili. Inoltre introducendo l'indennizzo per i licenziamenti ingiustificati vogliamo una condivisione del rischio tra lavoratore ed imprenditore".
 
In sostanza, la riforma del mercato del lavoro targata Renzi, "è studiata per il settore privato e non per il pubblico impiego. Cambiamo però il paradigma, ovvero non impostiamo la politica sulle sanzioni ma sugli incentivi: premiamo le aziende che generano lavoro stabile", e collega il Jobs Act al recentissimo decreto sugli investimenti con interventi programmati sulle Start-Up e le aziende innovative.
Finalmente, si direbbe, "a sinistra" sembra prevalere una concezione dell'impresa più moderna e sensibile anche alle ragioni dell'imprenditore, non più etichettato come il padrone spietato e cattivo, e questa svolta più liberale e "business friendly" è sicuramente un merito del nuovo corso renziano all'interno del Partito Democratico. 
 
Infine Taddei riconosce che il Jobs Act "è una scommessa, non una certezza", però "è una scommessa intelligente basata sul ragionamento e l'analisi della realtà". A fine intervento arrivano puntuali ed incalzanti le domande degli ospiti in sala, tra sindacalisti, imprenditori e semplici cittadini-lavoratori.
 
Il segretario regionale della Cisl accusa il Jobs Act di "monetizzare il lavoratore" e Taddei risponde senza mezzi termini: "In passato e fino ad ora cosa è stato fatto? Non si è neanche monetizzato il lavoro perchè il lavoratore valeva quasi zero", per cui "qual'è l'alternativa?".
Ovviamente in questo singolo incontro non è stato possibile entrare nel merito di altri temi di una riforma comunque ricca e complessa. Basti pensare all'introduzione della nuova Aspi, ai licenziamenti collettivi, il demansionamento, la formazione professionale, i voucher, le politiche "attive" per il lavoro. 
Tutti argomenti che Libero Mercato affronterà in un'altra sede, per il resto ci affidiamo ad una massima di Deng Xiaoping, storico dirigente del Partito Comunista cinese: "La pratica è l'unico criterio per mettere alla prova la verità".
 
Vedremo nei prossimi mesi quali saranno dunque gli effetti concreti del Jobs Act sul mercato del lavoro e se questo aiuterà realmente le imprese ad assumere e migliorare la qualità dei contratti, fermo restando che, come non ci stancheremo mai di ripetere, il vero lavoro lo può creare solo la crescita economica e la ripresa della produttività industriale.
 
 
 
 

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