• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > Facebook e le frontiere dell’intelligenza artificiale

Facebook e le frontiere dell’intelligenza artificiale

Yann LeCun vuole salvare il mondo, o quantomeno salvare gli abitanti del pianeta da loro stessi. Più precisamente, il suo obiettivo sul breve periodo è impedire che le persone postino su Facebook foto imbarazzanti quando non sono in grado di intendere e di volere a causa di droghe, alcol e disturbi pibolari occasionali. LeCun è un ricercatore dell'Università di New York incaricato di supervisionare il laboratorio di ricerca di Facebook sull'intelligenza artificiale. Insieme al suo team ha iniziato a raccogliere idee e stringhe di codice per creare il primo assistente digitale sobrio e rompiscatole della storia.

Tutti abbiamo un amico astemio o una zia zitella che ci dice di non fare certe cose, in determinati momenti. Non devi mangiare con il gomito sul tavolo, non ti mettere il tovagliolo al collo mentre ingurgiti spaghetti, non devi bere sei vodka tonic per forza, questa non è una gonna è una sciarpa, le pernacchie con le ascelle non sono più divertenti dai tempi della Corrida di Corrado. Ecco, ora immaginate che il vostro cellulare si aggiunga al coro del buon senso non richiesto per suggerirvi, pacatamente, di non pubblicare su Facebook quella foto magnifica in cui mostrate il deretano a una vecchietta mentre brandite una bottiglia semivuota di Baileys. “Sei sicuro di volerlo condividere pubblicamente, amico mio? Sei certo che tua madre o il tuo capo debbano vedere questa cosa?”. Ok, messo così sembra abbastanza sensato, ma fa un po' impressione. Dopo lo stato etico vogliamo anche il cellulare etico? La minaccia è gravissima. E di sicuro ha l'appoggio della CEI.

L'idea, secondo un articolo apparso su Wired, è ben più di una semplice suggestione. Il team di LeCun sta lavorando sulla teconologia del riconoscimento delle immagini per consentire a Facebook di distinguere tra la foto di un mister X normale e quella un mister X ubriaco, usando una forma di intelligenza artificiale chiamata Deep learning. Già oggi, il social network di Zuckerberg è in grado di riconoscere e identificare il nostro viso e quello dei nostri amici, per facilitare il tagging dei nomi. Domani potrebbe capire se siamo o meno sotto l'effetto di qualche sostanza, dopo domani comincerà a chiamare la polizia e, tempo una settimana, Skynet farà saltare tutto in aria con testate termonucleari. Magari no, ma è possibile.

Il laboratorio di LeCun, attraverso gli algoritmi alchemici del deep learning, ha già ottenuto dei risultati ragguardevoli ed inquietanti. Facebook è in grado di esaminare il nostro comportamento complessivo sul social per selezionare i contenuti più cliccabili per la nostra bacheca. Presto sarà capace di analizzare il contenuto testuale dei nostri post per suggerire gli hashtag più adeguati. Il passo successivo, per il sistema di intelligenza artificiale che genera gli algoritmi, sarà una più approfondita comprensione dei nostri dati per spingerci in direzioni che, autonomamente, non avremmo intrapreso.

“Immagina – dice LeCun sibillino – di avere un assistente digitale che medi le tue interazioni con gli amici e anche con i contenuti su Facebook”. Perché porre dei limiti, allora? Potrebbe direttamente dirci dove andare in vacanza ad agosto e come vestirci per il matrimonio di nostra cugina. Per LeCun, però, non c'è nulla di inquietante in una simile prospettiva. Benché, almeno in apparenza, sembrino l'estensione di articolate strategie di marketing per fornire un bignami dei nostri interessi al migliore offerente, queste novità, nelle intenzioni del ricercatore, servirebbero a fornirci gli strumenti per un migliore controllo delle nostre identità online. Ad esempio, si prevede che Facebook sarà presto in grado di inviare una notifica se qualcuno posta senza consenso una nostra foto online.

Gli sforzi del team di LeCun si inseriscono all'interno di un più vasto campo di ricerca applicata, nato negli anni '80 ed esploso nell'era di internet, che punta a ricreare, attraverso il lavoro in parallelo di migliaia di computer, il network dei neruroni del cervello umano, così da poterne imitare in modo efficace il funzionamento. Google già fa ricorso a questa tecnologia in evoluzione per perfezionare il suo browser e per collegare i comandi vocali impartiti attraverso il telefono ai risultati della ricerca e ai contenuti di Google +. Microsoft si affida agli algoritmi del deep learning per tradurre simultaneamente le conversazioni su Skype da una lingua all'altra e, presto, altri grandi nomi della rete come Twitter e Yahoo potrebbero affacciarsi in un campo che promette l'esplorazione dei nuovi orizzonti del digitale.

La prossima frontiera, secondo LeCun, sarà la “lavorazione del linguaggio naturale”, un processo che permetterà alle macchine di comprendere non solamente singole parole o gruppi di vocaboli, ma intere frasi collegate fra loro e di rispondere in modo adeguato a interrogazioni complesse. La tecnologia deve ancora evolvere, ma Facebook mira a creare, in breve tempo, un sistema che possa rispondere velocemente a quesiti non-complessi relativi a determinati contenuti (un libro, ad esempio) e funzionare da memoria artificiale a breve termine per la traduzione, utilizzando le cosiddette “Reti neurali ricorrenti”.

Nella visione di LeCun: “Tu hai bisogno di una macchina per capire davvero il contenuto (dei social, ndr) e le persone ed essere in grado di gestire tutti quei dati. Questo è un problema per l'intelligenza artificiale”.

Apparentemente le ambizioni di Facebook hanno dei limiti e non sembrano riguardare l'interazione tra l'intelligenza artificiale e la robotica. Le ambizioni di LeCun però non ne hanno e per il futuro il ricercatore prevede di esplorare questo campo nell'ambito del suo lavoro accademico alla New York University.

Si arriverà al dominio delle macchine sull'uomo, a Skynet e Terminator? Chiaramente no ma, al netto di ogni ironia, le possibili implicazioni generate dallo sviluppo di un intelligenza artificiale realmente efficiente sono moltissime e difficili da prevedere. Probabilmente avranno a che fare con la nostra privacy, con i nostri rapporti interpersonali e con la costruzione di un'identità 2.0, mediata dagli strumenti di una tecnologia invadente.

 

Foto: Global PanoramaFlickr.

 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità