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Home page > Attualità > Fabbricati rurali | Come si elimina la storia di un popolo

Fabbricati rurali | Come si elimina la storia di un popolo

Le razze non esistono, mentre la storia di un popolo, il suo cammino di civiltà e di emancipazione, si. Esistono.

dal Coordinamento Nazionale MovES

Quindi, i presunti difensori dei valori della nazione e della razza italica, prima di inveire contro invasioni non pervenute, dovrebbero preoccuparsi, e molto, della scomparsa, per opera di leggi che favoriscono un processo liberista omologante, dei fabbricati rurali, (che porterà poi alla vendita della terra), delle testimonianze vive del lavoro contadino, quello che ha reso enormi ricchezze per l’Italia e ora riceve un colpo di spugna perché sia dimenticato, eliminato dalla nostra mente.

Perchè l’agricoltura sarà un lavoro per schiavi meglio eliminare le tracce di quando i contadini possedevano i loro terreni, costruivano i loro piccoli fabbricati e conquistavano dignità umana col sudore della propria fronte.

Cari sovranisti, che volete solo essere liberisti a casa vostra, pensate a questo.

Perché la vera ricchezza di un popolo, che lo fa essere sovrano democratico delle sue scelte, risiede nella sua storia, che è storia del suo lavoro, dell’opera creatrice e civilizzatrice di masse di lavoratori della terra che seppero conquistarsi la dignità di esseri umani. Contadini che ora sono costretti a perdere tutto, proprio tutto perchè perdono la loro terra e la loro storia, che ora gli viene strappata dalle mani così.

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da Primocanale.it Il suicidio dei fabbricati rurali

La questione è terribilmente seria anche se rischia di passare sotto silenzio. È sintomo della perdita di memoria, fatiche e identità per intere comunità valligiane. A inquadrare la questione è un agricoltore di Val d’Aveto, Fabrizio Bottari, che esasperato dalle testimonianze raccolte intorno ai suoi terreni, ha scritto poche righe assai chiare su come sia concreto il rischio di perdere molti edifici rurali testimoni di attività passate, talvolta secolari in cui emerge la necessità di un’inversione di rotta più celere possibile. Primocanale.it pubblica lo sfogo nella speranza di un intervento del mondo politico per una chiarezza che non può più attendere.

Cari amici, stamattina mentre rincalzavo nel mio campo di patate ho visto passare un anziano del paese con un piede di porco e un martello in mano. Mi ha detto che andava a tirare giù il tetto del suo casone perché non ha i soldi per accatastarlo e ha paura che gli facciano la multa; prima di rimettersi in cammino ha aggiunto che il suo vicino lo ha già distrutto qualche giorno fa.

Mentre i professionisti alimentano spesso i timori di sanzioni agli inadempienti e i sindaci non muovono un dito nella speranza di raccogliere qualche spicciolo in più di tasse, i vecchi ripercorrono in silenzio i sentieri dell’alpeggio e distruggono quel che resta ancora in piedi della loro memoria. Privati del tetto, in pochi anni dei casoni resteranno soltanto i ruderi.

Per il catasto saranno solo edifici collabenti, per i quali gli ignari proprietari dovranno comunque pagare i geometri anche per censirli come tali. “Quando ho finito bisogna farci la fotografia e portarla al geometra”, diceva l’anziano. L’ho salutato e ho ripreso a zappare per non farmi vedere piangere di rabbia.

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