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Fa la cosa giusta: abolisci l’auditel!

Il pubblico fa silenzio, capisce che lo spettacolo sta iniziando.
L’attore entra, la luce lo illumina in pieno volto e lui si muove con naturalezza e disinvoltura. Si accende una sigaretta, si accascia sul divano ed accende la televisione.

E’ l’ora del telegiornale.

Una mezzora di notizie, in cui si riserva cinque minuti alle cose serie e il resto al calcio, alla cronaca dei "mortiammazzati del giorno", ai delitti efferati e al gossip. L’attore corruga la fronte, sente di aver fatto il suo dovere di cittadino, si sente informato, ma forse... forse no, capisce che non ci sono state informazioni, sono passati solo alcuni video sensazionalistici, che volevano semplicemente rapirlo e consumarlo piano piano in vista della prossima pubblicità. Continua a guardare. Ci deve essere uno speciale, per chiarificare ciò che non è stato detto, o appena accennato. E’ uno spettacolo noioso, ma significativo. Un’ora di pubblicità, e l’attore stoicamente immobile ad aspirare fumo e aspettare "arrosto". Niente da fare. Stasera il programma di punta è il Grande Fratello.



In molti di noi ci lamentiamo della qualità della televisione (scadente è un termine fin troppo blando), e del fatto che nonostante il canone (pagato, per carità) e le pubblicità, la televisione statale continua a fare acqua a livello economico, ma soprattutto, qualitativo. Non c’è informazione, non c’è cultura, non c’è intrattenimento sano, ma solo moda, calcio e gossip. Di calcio sempre meno visto che i diritti vengono acquistati da Sky ed altre. Per cui: reality, reality e reality! Ne finisce uno e ne inizia subito un altro. E tutti i giorni in tutti i programmi si commenta cosa ha fatto il tizio e cosa caio, e a commentare, udite udite, alcuni tra i nostri intellettuali di spicco. (altri sono semplici buontemponi, ma alcuni intellettuali ci sono, purtroppo). Giovanni Sartori, mai troppo omaggiato, sostiene che il tutto è un problema di concorenza e di auditel. Il sistema di concorrenza, in economia, si basa su un semplice e solitamente valido principio: se esiste un monopolio ci sarà un servizio standard, senza troppa attenzione al consumatore, se esistono due realtà che lottano per lo stesso mercato, queste cercheranno di accaparrarsi maggiori fette di clienti offrendo proposte vantaggiose per il consumatore, in termini economici e qualitativi. Nella televisione no, non funziona così. Il consumatore nel mercato televisivo è impotente, perchè non sceglie e non paga i prodotti per il loro prezzo, rapportandolo alla qualità. L’unico prezzo esistente nel mondo televisivo è dato dagli spazi pubblicitari; ovvero: i programmi televisivi servono alla emittente per far salire la quotazione economica del proprio spazio pubblicitario, in modo da poterlo vendere a prezzi alti. Ne risulta che i veri consumatori paganti della televisione sono le imprese che comprano la pubblicità, magari chiedendo di essere inserite in spazi dove si tratta argomenti analoghi.

Il problema non è del tutto risolto. Il valore degli spazi pubblicitari è dato da quanto questi siano visti, in altri termini, uno stacco dal programma vale quanto il numero di spettatori che rimangono incollati al teleschermo durante il programma. E qui subentra quella cosa poco conosciuta, di nome Auditel. Dell’Auditel, a dire il vero, non se ne sa molto, e la prima a dare delle rivelazioni fu Milena Gabanelli su Report, nel 1998, comunicando che si tratta di un campione di 5000 famiglie, costituite da persone che guardano spesso la televisione, segnalando i programmi che seguono, specificando anche l’utente (capofamiglia, figlio, madre etc.). Ho letto in un articolo che questo numero di 5000 non era esatto, e si parlava di 8500. Non è che questo cambi di molto le cose. Una considerazione tra le righe dello stesso Sartori è "E’ davvero stupefacente che cinquemila miliardi di investimenti pubblicitari dipendano da un meccanismo di rilevazione incontrollato e così poco credibile". Il guaio sta nel fatto che non sappiamo quanto sia differenziato il pubblico Auditel (supponiamo poco visto che i rifiuti che riceve sono molti), mentre il pubblico televisivo in genere è molto differenziato, il che comporterebbe il controllo di un campione stratificato in base ad età, cultura, fascia economica e via dicendo. Si instaura, quindi, una "tirannide" dell’Auditel (sempre Sartori), che crea una televisione che massifica, che distrugge la qualità in nome di una semplificazione strutturale. La gara per l’ascolto, per il sensazionalismo, per creare stupore a colpi di morti, feriti, stupri e tutto il resto, è una gara proprio dell’Auditel. Questa gara si riflette poi sui telegiornali, si riflette sulla società stessa che l’ha creata, portando onde di sottocultura che vuole l’appariscenza, l’apparenza, che deve entrare nello schermo, bucarlo ed essere famoso. Ed il prodotto è pronto, massificato: Amici, La Talpa, Grande Fratello, Isola dei Famosi etc etc etc. Per cui, se conosci qualcuno che fa aprte del sistema auditel, per favore, entra in casa sua con un pretesto qualsiasi, frivolo, cordiale, munito di un buon mazzolo di ferro, e fa’ la cosa giusta.

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