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Essere poveri non è reato. La Cassazione smentisce le ordinanze dei sindaci sceriffi?

Non può essere condannato chi vive per strada, "su di un marciapiede con i cani in una baracca precaria di cartoni e pedane in legno" perché il fatto non coscituisce reato. E le ordinanze emanate in questa direzione da parte di molti sindaci? Per la Cassazione sono da rivedere.

Il fatto giunto a sentenza si riferisce ad una condanna emesa dal tribunale di Palermo nel 2010 ai danni di un uomo, quarantenne italiano, condannato ad una multa di mille euro per non aver osservato i provvedimenti emessi dal Sindaco, reato previsto all'articolo 650 del codice penale. L'ordinanza emessa dal primo cittadino prevedeva il divieto di "bivaccare e predisporre accampamenti di fortuna per non alterare il decoro urbano ed essere d'intralcio alla pubblica viabilità". Il giudice di legittimità di ultima istanza ha accolto l'istanza del difensore secondo cui l'uomo senza fissa dimora "versava in stato di necessità, situazione tra le quali doveva essere compresa l'esigenza di un alloggio". 

Sul tema è intervenuto anche Andrea Riccardi dalle colonne dell'Huffington Post ricordando come "oltre ad esprimere il buon senso comune, non fa altro che ripetere pubblicamente una verità che spesso amiamo nascondere: esiste anche in Italia un popolo di senza dimora, uomini e donne di diversa età che vediamo e incontriamo ogni giorno e che, a seconda delle circostanze e delle persone, suscitano reazioni diverse".

Con la sentenza n. 27787 la Cassazione afferma quindi che l'ordinanza del sindaco è "una disposizione di tenore regolamentare data in via preventiva ad una generalità di soggetti, in assenza di riferimento a situazioni imprevedibili o impreviste", e "non è sufficiente l'indicazione di mere finalità di pubblico interesse".

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