• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > ESCLUSIVO Emergency e il sequestro Torsello "Strada ha mentito (...)

  ESCLUSIVO    Emergency e il sequestro Torsello
"Strada ha mentito sulla mia liberazione. Perché?"

Gabriele Torsello è un fotoreporter indipendente. Si fa chiamare Kash. Un freelance abituato ad organizzarsi il lavoro in autonomia: fare foto, venderle ai giornali, incassare. I suoi scatti finiscono sui più importanti media del mondo: The Guardian, Washington Post, Liberation, Bbc e molti altri. Anche Onu, Amnesty International, Reporter Without Borders illustrano le loro campagne con scatti di Torsello.

Nel 2001, dopo aver raccontato conflitti in Kashmir, India, Pakistan e Nepal, Kash sbarca in Afghanistan. Ci tornerà anche nel 2006: il suo intento è quello di raccontare la vita dei civili nel contesto di terrore e distruzione generato dalla nostra “missione di pace”.

La guerra della coalizione Isaf è in corso, pochi giornalisti hanno accesso al Paese, stretto tra bombardamenti e attentati kamikaze, assassinii e rapimenti. Tra i target ci sono anche molti giornalisti. Gabriele Torsello è uno di loro: il 12 ottobre del 2006 viene rapito a Lashkar-Gah mentre si dirige a Kabul. È il primo reporter italiano ad essere sequestrato in quel Paese. Seguiranno 23 giorni di prigionia. L'Ong Emergency, tra i fautori della sua liberazione, nel raccontare la vicenda avrebbe, in alcuni casi, omesso parte dei fatti. “Ci sono state troppe ombre - spiega Torsello ad AgoraVox -, troppe omissioni nel racconto della mia liberazione”. Questa intervista intende dar voce a Kash, offrire spazio alla sua verità che, come vedremo, discosta talvolta non poco da quella ufficiale diffusa in questi anni. A Emergency, naturalmente, offriamo il pieno diritto di replicare.

Alle 5 del mattino del 12 ottobre del 2006 Gabriele Torsello lascia l'hotel nel quale alloggia, a Lashkar-Gah. Deve dirigersi a Kabul: intende rimanere nella capitale per un paio di settimane. Lì, dove la connessione internet è efficiente, lavorerà all'editing delle sue fotografie e tenterà di vendere ai giornali il reportage esclusivo nel villaggio talebano di Musa Qala.

La notte prima della partenza è stata infestata da strani presagi. Kash non si sente sicuro: racconta, nel suo libro "Afghanistan Camera Oscura", che il giorno prima ha acquistato il biglietto dell'autobus che lo condurrà a Kabul, cedendo all'invito insistente di Rahmatullah Hanefi responsabile della sicurezza dell'Ospedale di Emergency di Lashkar-Gah. È la prima volta che acquista un biglietto di autobus in anticipo e non considera una decisione saggia far sapere della sua presenza in giro. Non si sa mai...

Infatti, pochi minuti dopo la partenza, l'autobus si ferma. È da poco sorto il sole. Kash ora è un po' più sereno, ma quando vede l'uomo seduto al suo fianco nascondere un mazzo di denaro nel posacenere del sedile, un'ombra di paura cala sul suo volto. Nell'autobus entrano uomini con il volto coperto e armati di Kalashnikov. Uno di loro gli punta lo sguardo addosso e con tono minaccioso lo invita a scendere. Kash dapprima finge di non aver capito, ma ben presto i modi dell'uomo si fanno più espliciti. Torsello scende dal bus. Aggrappata al collo ha la macchina fotografica, dalla quale fa partire una raffica di scatti “alla cieca”. Il “commando” è composto da cinque uomini armati fino ai denti. Uno punta un lanciagranate verso l'autobus. Altri quattro imbracciano dei mitra. Kash viene fatto salire in un'auto, lo zaino fotografico gli viene sequestrato e sulla sua testa viene calato un mantello. I suoi aguzzini, intanto, gli urlano “Musa Qala, Musa Qala”.

È l'inizio di 23 giorni di inferno. In Italia i giornali non parlano d'altro.Torsello è il primo reporter italiano rapito in Afganistan e, tra l'altro, nessuno si spiega perché sia stato preso proprio lui, uomo di fede musulmana somigliante in tutto a un cittadino afghano. Barba lunga, carnagione olivastra e l'abitudine ad indossare abiti locali.

Verrà liberato il 3 novembre grazie anche alla preziosa mediazione di Emergency, Ong italiana presente con un ospedale a Lashkar-Gah.

In questi ultimi mesi c'è stato un fitto botta e risposta tra Torsello e Cecilia Strada. Il reporter ritiene che Emergency non abbia sempre detto la verità in merito alla sua liberazione. Di contro, l'Ong ha replicato: Cecilia Strada, presidente, ha ribadito la sua versione dei fatti. La nuova risposta di Torsello non si è fatta attendere: “Ho più volte provato a incontrare Gino Strada, ma si è sempre rifiutato. Volevo spiegargli come sono andate davvero le cose, perché sembrerebbe che voi non ne siate a conoscenza”. Emergency a quel punto non ha più replicato.

In questa intervista Kash rivela nuovi, inediti, dettagli sul suo rilascio.

 Gabriele Torsello: foto di Alessandro De Matteis

Kash, lei è stato liberato il 3 novembre del 2006 dopo 23 giorni di prigionia. Sono seguiti anni di silenzio, poi la scrittura di un libro (Afghanistan Camera Oscura, ndr) e la richiesta, sempre più pressante, di chiarimenti a Gino Strada. Chiunque altro probabilmente tirerebbe un sospiro di sollievo, sarebbe felice di essere salvo dopo un rapimento. Lei, invece, ha ancora molto da raccontare e da chiarire. Perché?

Dopo la mia liberazione passai un lungo periodo difficile: capirà cosa accade dopo un rapimento nella mente di un uomo. Poi ho iniziato ad indagare, a raccogliere molto materiale. Ho cercato a lungo il confronto con Gino Strada, dapprima in privato, poi in pubblico. Ho inviato email e lettere, ma non ha mai risposto né tantomeno accettato di incontrarmi e chiarire le mie perplessità. Quando Gino Strada tirò fuori la storia del riscatto, pagato dall'Italia per la mia liberazione, disse tra le altre cose a un giornalista: “Ho gettato un sassolino nell'acqua, ora vediamo cosa succede”. Voglio rispondergli: di cose ne sono successe molte. Io questo sassolino l'ho ripescato e intendo osservarlo e studiarlo. Voglio che venga fatta chiarezza. Anche perché, tra l'altro, la rivelazione del pagamento del riscatto mise in pericolo la vita di molti italiani e occidentali in genere da quel momento in poi: Strada pose su ogni nostro connazionale un'etichetta con il prezzo "2 milioni di dollari".

Emergency ha fatto da mediatore per la sua liberazione. Dovrebbe essere grato all'Ong di Gino Strada...

Io credo che dal punto di vista medico Emergency sia impeccabile. Però credo anche che, nella mia vicenda, ci siano delle ombre che prima o poi devono essere chiarite. Gino Strada ha raccontato talvolta mezze verità: non è chiaro il ruolo di Rahmatullah Hanefi, responsabile della sicurezza a Lashkar-Gha; non sono chiare le modalità del pagamento del riscatto e in generale i responsabili di Emergency hanno raccontato un'altra storia, in certi casi differente da quella vera, che io ho vissuto in prima persona. La mia domanda è: perché? Cosa ne guadagnano? Cosa c'è dietro?

Lei dice di aver indagato a lungo sul suo rapimento, dopo un periodo di silenzio e riflessione. Quali sono state le fonti a cui ha attinto?

Sì, ho indagato a lungo e in diversi modi. Le mie fonti principali sono tante e differenti: giornalisti occidentali e afghani; diplomatici e funzionari afghani e italiani; atti della Procura di Roma.

Stralcio del verbale dell'interrogatorio a Gino Strada

Partiamo dal rapimento, avvenuto il 12 ottobre 2006 all'interno di un pullman che avrebbe dovuto condurla a Kabul. Il mezzo venne fermato, entrarono degli uomini e la rapirono. Lei non voleva prendere quel mezzo. Ha più volte raccontato che fu Hanefi, responsabile sicurezza dell'Ospedale di Emergency, a insistere perché lo prendesse. Lei parla di “pressante insistenza” da parte dell'uomo afgano.

Più di una volta Hanefi mi consigliò di prendere quell'autobus. Non voglio dire che mi ha consegnato nelle mani dei rapitori, non ho elementi per affermarlo. Ma fu tutto molto strano: fu fermato proprio il pullman in cui viaggiavo e i rapitori vennero direttamente da me. Sequestrarono tutta l'attrezzatura. Erano uomini della polizia afgana, lo scoprii successivamente, lì per lì non capii. Io ero stato l'unico giornalista a riuscire a fotografare la roccaforte talebana di Musa Qala, erano fotografie esclusive. Credo che Hanefi avesse da qualcuno l'ordine preciso di seguire i miei movimenti, infatti durante tutte le nostre conversazioni dei giorni precedenti era molto curioso di conoscere cosa avessi fatto, dove fossi stato. Quando tornai da Musa Qala mi chiese di vedere le foto, prima che io mi collegassi a internet per inviarle al mio server: quando le vide, improvvisamente, mi vietò l'uso del computer. Perché?

Lei aveva una grande esperienza nello scegliere i mezzi di trasporto, privilegiava in linea di massima quelli "privati". Aveva anche un ottimo fiuto per il pericolo. Come mai l'insistenza di Hanefi nel farle prendere quel bus non l'ha fatto desistere? Come organizzava solitamente i suoi spostamenti in quel paese in guerra? Di chi si fidava e di chi non si fidava?

In quei luoghi tendo a fidarmi del prossimo, ma ci vado molto cauto. È come camminare in un campo minato, ogni passo può essere letale e non puoi stare fermo a lungo. Occorre decidere dove posare il piede, con molta attenzione e con velocità. In pratica cerchi di porre piena fiducia nel prossimo ma nello stesso istante sei consapevole dell'alto rischio. Normalmente organizzavo gli spostamenti interni all'improvviso, prendendo l'ultimo posto disponibile in un taxi o minibus pieno di passeggeri e pronto per partire. Le uniche due volte che ho viaggiato acquistando il biglietto il giorno prima è accaduto in India nel 1994 e in Afghanistan nel 2006. Nel primo caso il titolare di un agenzia viaggi voleva solo assicurarsi una commissione 10 volte superiore al prezzo del biglietto, nel secondo un responsabile di Emergency voleva assicurarsi che avrei lasciato la città in un modo facilmente rintracciabile.

Perché non organizzava mai con largo anticipo i suoi spostamenti?

Per ragioni di sicurezza: non puoi sapere se chi ti vende il biglietto racconterà a qualcuno della presenza di un occidentale su un autobus. Ho sempre preferito i taxi, contrattando al momento con l'autista e sentendomi libero di scendere, se avvertivo di essere in pericolo.

Perché è stato rapito? È stato scambiato per una spia, come accadeva talvolta ai reporter sequestrati?

Non è raro in paesi in guerra, come in Afghanistan, che delle spie siano camuffate da giornalisti. A lungo ho pensato di essere stato scambiato per un agente dei servizi segreti che poteva fornire informazioni utili a qualcuno. Informazioni contenute nelle foto di Musa Qala, roccaforte talebana che nessuno, fino ad allora, era riuscito a fotografare. Tuttavia è possibile anche che i miei rapitori abbiano sequestrato quel materiale fotografico per consegnarlo ad apparati dei servizi segreti. Nulla è da escludere. L'unico ad essere a conoscenza del contenuto di quelle foto era l'uomo di Emergency, Rahmatullah Hanefi.

Foto di Gabriele Torsello

Il nome di Hanefi ricorre spesso. Fu lui il mediatore tra i sequestratori e le autorità italiane e fu a lui che fu consegnato in giorno della liberazione. Fu anche lui a consegnare il denaro del riscatto.

Quando fui rilasciato venne detto, dalla Farnesina e da Gino Strada, che non era stato pagato nessun riscatto. Per l'esattezza Strada dichiarò a Repubblica: “Del riscatto non ne so nulla, noi ci siamo occupati di tenere aperto il dialogo, non della mediazione”. Successivamento però, con il sequestro del giornalista Mastrogiacomo e il conseguente arresto di Hanefi da parte dei servizi segreti afghani (che lo ritenevano coinvolto nel rapimento: Strada fece pressione perché venisse scarcerato), egli disse ben altro. “Il governo ha pagato 2 milioni di dollari per ottenere il rilascio di Torsello. Quanto Rahmatullah sia affidabile il governo italiano dovrebbe saperlo bene, visto che in occasione del sequestro precedente, quello di Torsello, gli affidarono due milioni di dollari da portare ai rapitori. Quante persone conosce il Governo italiano, che con due milioni di dollari non scelgono di sparire? Non vogliamo nessun grazie dal Governo, vogliamo solo che ci sia restituito Rahmatullah” . Ma non è vero quanto dice Gino Strada: non fu il Governo Italiano ad affidare direttamente ad Hanefi quei soldi. Fu il fondatore di Emergency a farlo.

Come andarono, dunque, le cose?

Le trattative per il riscatto furono seguite direttamente da Emergency. Gino Strada in persona inoltrò la richiesta, al Ministero degli Esteri italiano, di 2 milioni di dollari, non trattabili, necessari per il mio rilascio. La somma, casualmente, corrispondenva al budget giornaliero che l’Italia spendeva per la Missione in Afghanistan. Inoltre il dottor Strada poneva come condizione che solo Emergency si sarebbe occupata della trattativa e delle modalità dello scambio soldi-prigioniero, senza alcuna interferenza e/o intromissioni di esterni, come è sua consuetudine fare (nel caso analogo del sequestro Mastrogiacomo, Strada disse letteralmente: “Fuori dai coglioni i Ros, il Sismi, ecc.”). Comunque, Ufficiali militari italiani consegnarono materialmente due borsoni contenenti i soldi del riscatto allo staff dell’ospedale di Emergency a Lashkar-Gah e, quest’ultimi, dopo aver sistemato il malloppo in un'unica borsa, lo affidarono a Rahmatulla Hanefi e a un altro uomo della Ong conosciuto come “l’autista”. I due lasciarono la struttura di Emergency in auto, da soli e con un borsone, per concludere le trattative. Nel frattempo i miei sequestratori mi avevavo sistemato nel portabagagli del loro mezzo, sempre incatenato e incappucciato, e dopo circa otto ore mi consegnarono a Rahmatulla Hanefi. Era solo in macchina. Arrivati a Lashkar-Gah cambiammo mezzo poco prima di varcare le mura che circondavano l’edificio di Emergency. Lì incontrai gli italiani che aspettavano per portarmi via.

Perché è così importante la figura dell'autista di Emergeny?

Quest’uomo fu la prima persona che informò Hanefi del mio arrivo a Lashkar-Gah, fu la persona che acquistò materialmente il biglietto del famoso autobus, e fu anche la persona che in compagnia di Hanefi lasciò l’edificio di Emergency con il borsone dei soldi del riscatto. Facendo un salto in avanti, nel 2010, quando trovarono dell’esplosivo nello stesso ospedale di Emergency a Lashkar-Gah, fu arrestato un uomo della Ong ed è tuttora agli arresti. Non si è mai saputo nulla di lui in Italia. Chi sarà? Anche lui un autista?

Dunque: l'Italia pagò un riscatto di due milioni di euro. Diede il denaro a Emergency (unico intermediario nella trattativa), che avrebbe delegato ad Hanefi la consegna del malloppo. Insieme a lui ci sarebbe stato, tuttavia, un altro uomo, l'autista, di cui finora non si era mai parlato nella ricostruzione del suo sequestro. I due si sarebbero recati dai rapitori.

C'è un altro passaggio, inedito e molto importante. Secondo i verbali dell'interrogatorio ad Hanefi, condotto da autorità afghane, l'uomo avrebbe ricevuto 300 mila dollari, di cui 100 sarebbero stati consegnati ai sequestratori. Possiamo dunque domandarci: come mai sono stati pagati 2 milioni di dollari di riscatto, mentre nelle mani di Hanefi, secondo gli atti ufficiali degli interrogatori afghani, ne sono arrivati solo 300mila?

Naturalmente lei non sta accusando Emergency di aver sottratto un milione e 700mila dollari. Non ci sono prove.

No, non ho elementi per farlo e non voglio neanche pensarlo. Ho solo menzionato atti di un interrogatorio dei servizi segreti afghani. È chiaro che però va fatta chiarezza su questi particolari riguardanti il sequestro e il riscatto.

 

 

Ps: AgoraVox ha chiesto una replica ai responsabili di Emergency, che hanno risposto come segue:

"In merito all’intervista di Gabriele Torsello e alla richiesta di commentare le dichiarazioni rilasciate alla vostra testata, le confermo che, anche in quest’ultima occasione, Emergency non intende raccogliere il tentativo di polemica sollevato da Gabriele Torsello.

Non capiamo perché Gabriele Torsello continui a contestare a Emergency la mancanza di risposte alle sue domande: tutte le domande che ha posto hanno ricevuto risposta in tempo reale.

Emergency ha riferito tutto quello di cui era a conoscenza in merito alla sua vicenda alle autorità competenti e non ritiene necessario aggiungere altro, soprattutto a mezzo stampa".

Precisiamo che, nel momento in cui è giunta la comunicazione della ONG, nessuno dei loro responsabili aveva ancora letto l'articolo.

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.35) 12 giugno 2012 11:03

    Ah gino gino, non mi sei mai piaciuto, e questo non può che peggiorare le cose.

  • Di Sandro kensan (---.---.---.0) 12 giugno 2012 11:55
    Sandro kensan

    Questo Torsello è in cerca di notorietà? è il secondo articolo polemico che leggo (ma non ho letto l’articolo) e buffa è stata la replica di emergency che illustrava come questo pseudo reporter sia uno sprovveduto che rischia di venire ucciso col suo comportamento maldestro nelle strade difficili del mondo.

    voto negativo anche se non ho letto l’articolo.

    • Di Davide Falcioni (---.---.---.123) 12 giugno 2012 11:59
      Davide Falcioni

      Torsello non è uno pseudo reporter, ma un fotogiornalista che ha venduto le sue foto ai media più importanti del mondo. E comunque, anche fosse un semplice calzolaio, non cambierebbe nulla. Gli interrogativi sollevati nel pezzo andrebbero chiariti dai responsabili della Ong. E lei, prima di votare negativamente, potrebbe anche scomodarsi 5 minuti e leggere cosa ho scritto...

  • Di (---.---.---.155) 12 giugno 2012 12:52

    Beh, Torsello ha scoperto (forse) l’acqua calda. Va a finire che Gino Strada è uno dei tanti fondatori di ONG nate soprattutto per drenare qualche rivolo da quell’enorme fiume di denaro che scorre nelle zone di guerra e che viene irrobustito da donazioni, magliette e gadget vari collegati al coinvolgimento (finto) emozionale. 

    Perché se così non fosse, vorrebbe dire che Gino Strada è un martire dei nostri tempi, votato al sacrificio perpetuo senza interessi personali e a vantaggio di chi soffre.
    E Ruby (allora forse più probabilmente) è la nipote di Mubarak...
  • Di (---.---.---.90) 12 giugno 2012 17:36

    Non conosco Torsello ma conosco Gino Strada (non personalmente), ma ho conosciuto personalmente altri che lavorano con emergency al servizio di migliaia di persone in condizioni di estremo pericolo in zone dove nessun’altra organizzazione si azzarda ad avvicinarsi.

    Ora, ho letto altre interviste in cui Cecilia Strada rispondeva alle domande di Gabriele Torsello, però a lui non bastano queste risposte. Ho l’impressione che Torsello voglia avere le risposte come dice lui e basta e che qualsiasi altra verità che non sia la sua, con tutto il rispetto per l’orribile esperienza che ha vissuto, non sia bene accetta.
    Io spero che Gabriele Torsello trovi una risposta alle sue domande, però sono sicura della grande onestà del fondatore di Emergency e di tutti i medici e operatori che ho avuto il piacere e l’onore di ascoltare; persone che lasciano figli, mariti, mogli in Italia, non per andare a operare in qualche grande ospedale americano ma per andare a salvare vite di persone che non fanno nessuna notizia.
    • Di (---.---.---.155) 12 giugno 2012 19:39

      Già, già, non lo conosci (Strada) ma ti fidi ciecamente di lui. Posizione rispettabile, ma non per forza condivisibile. 

      Quel che è certo invece, è che un bell’ospedale da campo, completo di sale operatorie e attrezzatura per la diagnostica strumentale (RMN, Rx, ECO ecc...), chirurghi, infermieri, tutto completamente gratuito, salverebbe la vita a tante persone in tante altre parti del mondo, anche in Italia.
      E farebbe ancor meno notizia, forse.
      E potrebbe contare però di un apporto di fondi molto più scarso.
    • Di (---.---.---.90) 13 giugno 2012 17:39

      Vorrei rispondere a xxx xxx xxx.155, Emergency è già presente con la sua attività di assistenza medica in altre parti del mondo tra cui’ l’Italia, più precisamente in Sicilia e, se non erro in Veneto, dove presta gratuitamente assistenza a italiani e immigrati che non hanno la possibilità di pagare il ticket sanitario. 

      Vi prego, possiamo discutere di tutto ma non screditiamo il grande lavoro dei medici di Emergency che mettono quotidianamente a repentaglio la loro vita.
    • Di Davide Falcioni (---.---.---.123) 13 giugno 2012 17:46
      Davide Falcioni

      Nessuno ha screditato il lavoro dei medici di Emergency, ai quale si riconosce la professionalità. Il punto è che l’Ong dovrebbe chiarire e rispondere ai quesiti posti da Gabriele Torsello. Per il resto, per cortesia finiamola con il pietismo e discutiamo di cose serie: di medici che rischiano la vita ce ne sono a migliaia in tutto il mondo. Lo fanno per grandi Ong e per piccole Onlus dimenticate, che non organizzano concerti di piazza, non hanno testimonial e faticano davvero a proseguire la propria attività. L’atteggiamento da tifosi nei confronti di Emergency non giova alla discussione che stiamo facendo.

  • Di (---.---.---.26) 12 giugno 2012 18:11

    ...Nel corso della stessa intervista Cossiga ha anche aggiunto che i due milioni di dollari di riscatto per la liberazione di Gabriele Torsello ’’sono stati pagati’’, ma potrebbero anche essere stati gia’ restituiti all’Italia. E si potrebbe esser fatta carico della restituzione la Gran Bretagna.I soldi, afferma Cossiga, ’’sono stati presi probabilmente dai fondi riservati dei servizi di informazione e sicurezza, ma non mi meraviglierebbe che ci fossero stati restituiti’’. Da chi? ’’Non mi meraviglierebbe - risponde -se li avesse restituiti il governo di Sua Maesta’ britannica’’. Alla giornalista che gli chiede perche’, Cossiga risponde con ironia: ’’perche’ lui e’ un ragazzo che vive da lungo tempo in Gran Bretagna e loro si affezionano a chi vive da loro’’.

    • Di (---.---.---.57) 12 giugno 2012 20:35

      Salve Mr xxxx.26,


      se tiri in ballo Cossiga allora fallo per bene e non in maniera TAGLIATA come è in stile per alcuni giornalisti.... o simpatizzanti vari... o rappresentanti della stessa Ong, VERIFICA le fonti e firmati con nome e cognome se sai veramente quello che dici.

      Per tua informazione Cossiga ha anche detto e SCRITTO: "...Mi sembra ingiusto che Emergency non prenda soldi dallo Stato. L’amicizia di Emergency per Al Qaeda puo` tenere lontano l’Italia da attacchi terroristici».


    • Di Kash Gabriele Torsello (---.---.---.57) 12 giugno 2012 20:44
      Kash Gabriele Torsello

      ... e altri dettagli, sulle dichiarazioni di Cossiga riguardo Emergency, li puoi trovare sul sito senato.it


      Kash Torsello
  • Di (---.---.---.150) 13 giugno 2012 09:41

    prima di parlare direi bisognerebbe documentarsi un po...no! Altrimenti si rischia di fare commenti giusto per...

  • Di (---.---.---.162) 17 giugno 2012 01:09

    Ho sentito diverse volte dire che Gino Strada sarebbe uno che "razzola bene ma predica male".

    Tradotto: dice un sacco di cazzate, ma siccome fa cose buone, non lo si deve attaccare per le cazzate che dice.

    La cosa non mi ha mai convinto e in quest’articolo mi sembra che ci sia la prova che, oltre a predicare male, razzola (= agisce) almeno altrettanto male.

    Il fatto che Gino Strada, in merito a questo fatto, racconti bugie, credo che sia una diretta conseguenza del suo "razzolar male" e questo mi sembra essere una prova del suo "adeguamento mafioso".

    Può sembrare un’affermazione forte, ma la faccenda di accettare o respingere di pagare riscatti è un discrimine forte: non a caso in paesi anglosassoni o germanici, di tradizione protestante, l’accettazione di un ricatto è improponibile, mentre è accettabile nel corrotto cattolicesimo, sempre pronto ad alleanze di tipo mafioso.

    Non è difficile capire che Strada, per svolgere le sue attività ha dovuto sicuramente accettare centinaia di compromessi con i più ignobili poteri. Quando si accetta la giustificazione che " il fine giustifica i mezzi" non è detto che si parta da "fini" altissimi e condivisibili, ma è certo che si arriva mezzi assolutamente schifosi.

  • Di (---.---.---.217) 17 giugno 2012 19:33

    La questione e’ che un foto-giornalista e’ stato rapito e poi salvato.Grazie anche alla intermediazione di Emergency...al momento stanno cosi’ le cose.
    Magari domani viene fuori da una rivelazione afgana che il giornalista era in accordo e ha spartto i fantomatico riscatto....
    quindi?? cosa diremo..ma stiamo ragionando su se e ma... null altro ... facendo comunque sorgere sospetti su una celebre e ottima ONG....

    aspettiamo che le cose si chiariscano e poi vediamo...dai fate i bravi...

    • Di Geri Steve (---.---.---.162) 18 giugno 2012 10:03

      "celebre e ottima ONG...."

      celebre sì, ottima non sembra, e "le cose" certamente non si chiariscono da sole: c’è chi le vuole chiarire e chi invece vuole insabbiare; xxx127 sta da quest’ultima parte.

      "rapito e poi salvato"
      e qui stiamo al punto dell’atteggiamento mafioso: se il salvataggio avviene pagando un riscatto si rafforza quell’organizzazione criminale e si incentivano i rapimenti.

      La domanda è: xxx127 e Emergency, da che parte stanno?

  • Di Kash Gabriele Torsello (---.---.---.98) 17 giugno 2012 20:37
    Kash Gabriele Torsello

    Caro xxx217


    sono oltre cinque anni che aspetto che le cose si chiariscano....

    Purtoppo la ’celebre e ottima ONG...’ non mi ha dato la possibilità di incontrarli e discutere i dettagli faccia a faccia, quindi ora lo faccio pubblicamente per ’chiarire’ con il Pubblico.

    E comunque tengo a precisare che, per quanto mi riguarda, non sto ragionando ’su se e ma...’ ma su fatti accaduti realmente e documentabili.

    Saluti
    KGabrieleT


  • Di (---.---.---.111) 5 febbraio 2013 06:56

    Comunque, uno si puo’ prendere il merito e i soldi per la liberazione di una persona.E lo puo’ pure fare rapire..............

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares