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Emigrare è come volare

Avete presente la storia de Il meraviglioso Mago di OZ, che abbiamo letto nelle pagine scritte da L. Frank Baum o visto al cinema nelle sue varie versioni? Bene! Allora scordatevela… almeno in parte, come è successo di fare agli spettatori che hanno assistito, il 6 maggio scorso presso il Teatro Verdi, a Milano, a “O.Z. Storia di un’emigrazione”, con gli attori della Compagnia Eco di Fondo e per la regia di Giacomo Ferraù.

Anche qui Dorothy è alla ricerca della via di casa e compie un viaggio lungo e assai pericoloso per poterla ritrovare. Ed è proprio il viaggio che è diverso. Si esce dalla fiaba con le città di smeraldo per toccare la cruda realtà, mentre una calda e suggestiva voce fuoricampo accompagna Dorothy lungo tutto il percorso. Il naufragio della nave da crociera su cui si trova getta la protagonista su terre ignote, tra genti con lingue diverse e con l’angoscia e la paura che le fanno da contorno.

Non esiste più la grande bolla in cui viveva, quasi un acquario dove si era più fantasmi che uomini (suggestivo il ballo con i simil-manichini illuminati dall’interno). Dorothy non ha documenti, è senza denaro; per raggiungere O.Z. deve comunque pagare e sacrifica i suoi capelli. Anche la solitudine pesa. Per fortuna è alleviata dalla comparsa, in successione, di:

* Una (e sottolineo il genere femminile) spaventapasseri che ha intrapreso il viaggio perché vuole un cervello che non sia di paglia, perché vuole poter studiare.

* Un simpatico uomo di latta, che si muove e parla a scatti. Anche per lui O.Z. è la terra promessa, “terra di speranza, ponte tra i popoli”. E la vuole raggiungere per avere un cuore vero, che provi emozioni e sappia amare.

* Un Leone di nome, ma di fatto un soldato che ha disertato e, per non essere considerato un codardo, si atteggia a spavaldo e fa la voce grossa, ma poi si addolcisce alla presenza di Dorothy.

f3 Il viaggio dei quattro verso O.Z. è assai periglioso: attraversano lande deserte, rischiano molto durante il passaggio di confini, soffrono la fame e il freddo, devono fuggire da guerre e agguati. Tutto si svolge con movimenti scenici ben collegati da una musica che li sottolinea. Riusciranno, alla fine, i nostri eroi ad arrivare a O.Z.? Troveranno quel che stavano cercando? Per saperlo basterà assistere allo spettacolo, che ha avuto anche il patrocinio di Amnesty International “perché con i toni della fiaba riesce a trasmettere a un pubblico molto giovane temi così difficili come quello delle migrazioni e delle discriminazioni”.

Nonostante il mondo avverso che li circonda, infatti, nasce tra i quattro protagonisti una grande solidarietà umana e la loro voglia di amare e di istruirsi non è altro che voler affermare che ci sono diritti universali, che nessuno ci può togliere e di cui ognuno deve poter godere per la sola ragione d’essere al mondo. Per terminare riporto le parole con cui anche la protagonista si accomiata: “Quando qualcuno mi chiede se so che cosa significhi emigrare, rispondo di sì. È una più complessa forma di camminare, in cui è necessario andare avanti, spingersi oltre, osare, attraversando la terra come lo spazio libero del cielo, senza confini. La cosa più importante è imparare a volare”.

Per richiesta di informazioni e materiali dalla compagnia: 3334854019 – [email protected]

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