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Elezioni regionali: il M5S è morto?

Dal dato delle elezioni regionali in Abruzzo e Sardegna non evinco il crollo del M5S ma solo il punto di partenza per un nuovo riposizionamento. Le ragioni per le quali sono convinto che il M5S non sia affatto prossimo all’estinzione sono più di una. Ad alimentare la narrazione di una prossima fine del M5S sono i media pro establishment che, strumentalmente, operano per riportare l'orologio della storia agli anni 90 e alla contrapposizione tra centrodestra e centrosinistra. 

Questo tentativo è motivato dal fatto che, a differenza delle coalizioni di centrodestra e di centrosinistra che si muovono nell’ambito di politiche neoliberiste, il M5S appare indefinito e almeno per il momento incontrollabile. Tanto il centrodestra quanto il centrosinistra, a differenza del M5S, sono: liberisti, propugnano la sostituzione dei diritti sociali con quelli individuali borghesi, sostengono il regionalismo e il mercato, sono per le privatizzazioni, la moderazione salariale e per i tagli alla spesa pubblica.

La differenza tra centrodestra e centrosinistra è da ricondurre alle lotte tra gli stessi ceti dominanti. E’ l’inaffidabilità del M5S rispetto all’establishment che determina l’attacco costante da parte dei media più che al Governo al M5S come se il Governo fosse sostenuto solo dal primo e non anche dalla Lega. Questioni come regionalismo differenziato e TAV provano la non affidabile del M5S rispetto all’establishment e come centrodestra e centrosinistra siano alleati.

Quando si parla di elezioni la prima cosa sulla quale riflettere è che elezioni europee, politiche, regionali e comunali non sono la stessa cosa per tutta una serie di ragioni. Per cui fino a quando il M5S penserà di poter vincere le elezioni da solo potrà avere risultati positivi come partito ma difficilmente riuscirà a conquistare il governo delle regioni e dei comuni. In Abruzzo e Sardegna il M5S presentandosi da solo conferma nel primo caso il dato delle precedenti regionali, nel secondo caso è un dato unico. Il M5S, nonostante il positivo risultato delle elezioni politiche del 2013, non presentò proprie liste alle elezioni regionali sarde del 2014 a causa dei litigi interni al gruppo dirigente.

Il dato su cui riflettere perché significativo è il calo della partecipazione al voto regionale rispetto alle elezioni politiche. In Abruzzo alle politiche del 2018 votò il 75,25% degli aventi diritto, alle regionali ultime poco più del 53%; in Sardegna alle regionali ha votato il 53,77% degli aventi diritto, alle politiche il 66,22%. Evinco che larga parte del calo del M5S alle elezioni regionali sia dovuto all’astensione. I media pro establishment tendono a far passare l’idea che un tale calo sia dovuto al sostanziale fallimento delle politiche del Governo. Se così fosse anche la Lega avrebbe dovuto perdere voti e invece assistiamo alla crescita in termini di consensi da parte della Lega che sta assorbendo Forza Italia sottraendo solo in minima parte elettori al M5S.

Il travaso di voti dal M5S a favore della Lega è un fatto naturale. Gli elettori di destra che votano F.I. e M5S scelgono la Lega per la sua forte caratterizzazione identitaria per cui alla copia preferiscono l’originale. Ed è per questo che più che sullo spostamento di voti a favore della Lega bisogna riflettere sulla crescita dell’astensione quando si vota per le regionali e per le europee. La crescita dell’astensione è dovuta al fatto che rispetto alla specificità delle singole elezioni c’è una domanda politica che non incontra un’offerta adeguata. Per cui l’exploit elettorale alle ultime elezioni politiche del M5S è dovuto alla mancanza di una forza politica a sinistra in grado di intercettare quella domanda.

Evinco questa tendenza da una serie di dati. Alle elezioni politiche del 2013 votarono il M5S circa 8,7 milioni di elettori (Camera dei Deputati) pari al 25,56% dei consensi, al Senato la percentuale di voti si attestò al 23,80%, votò il 75,19% degli elettori. Alle elezioni europee del 2014 l’affluenza raggiunse il 57,22%, il PD ebbe il 40,81% dei consensi pari a 11.203.000 voti, il M5S prese il 21,16% dei consensi ossia 5.792.000 voti. Anche in quell’occasione i media brindarono al tracollo del M5S. Alle elezioni politiche del 2018 il M5S prende il 32,66% ossia 10,6 milioni di voti, il centrodestra il 37%, oltre 12 milioni di voti, il centrosinistra il 22,85%, 7,5 milioni di voti, votò il 72,93% degli elettori. Come si vede il voto al M5S aumenta quando la partecipazione elettorale cresce e viceversa. Per capire l’andamento appena descritto ci aiutano i sondaggi in corso.

Al M5S viene attribuita una base elettorale compresa tra il 21 e 25% dei consensi. Centrodestra in crescita avvicinandosi ai dati raggiunti in precedenti tornate elettorali con l’unica differenza che a fare da guida non è più Forza Italia ma la Lega, il centrosinistra sostanzialmente stabile rispetto al dato delle ultime politiche. I sondaggi danno una percentuale di indecisi che si attesta al 30% per cui appare evidente che il voto per il M5S che si caratterizza per essere in larga parte di opinione dipende molto dal contesto e dal tipo di elezioni. Questo dato conferma un’altra mia ipotesi e cioè che in quel 30% di elettori indecisi, tra i 2,5 e i 3 milioni, siano elettori di sinistra. Tutto ciò premesso penso che la flessione alle elezioni regionali non sia affatto un crollo annunciato ma semplicemente un dato insito nella natura propria del M5S.

Da tempo il M5S è interessato da una riflessione sia sul modello organizzativo che sulla cultura politica di riferimento. Continuare a sostenere che non è né di destra e né di sinistra con una Lega che marca con forza la propria identità non l’aiuta. Dall’intervista rilasciata da Di Battista alla Annunziata qualche tempo mi è parso di cogliere una sorta di tendenza che spinge il M5S verso il populismo di sinistra. Alle prossime elezioni europee, il M5S, consoliderà il proprio consenso in linea con il risultato delle ultime elezioni europee ed è da qui che partirà per ridefinirsi e riposizionarsi rispetto a possibili alleanze. 

Di fronte a un centrodestra granitico e solo apparentemente diviso, un centro sinistra che non ha più nulla di sinistra, lo spazio politico verso il quale dovrà rivolgere lo sguardo non potrà che essere quello di sinistra. Questo è un elettorato senza patria e per quanto possa aver votato M5S ha bisogno di un proprio rifermento partitico. Sta all’intelligenza politica del M5S capire gli interlocutori aiutandoli a farli emergere perché sono gli unici potenziali alleati in grado di farli uscire dall’isolamento politico nel quale si trova. Non nascondo che il mio è un auspicio che trova comunque conforto nelle trasformazioni che hanno interessato il sistema politico italiano negli ultimi sei anni. Coalizioni tra M5S e liste di Sinistra non potranno mai essere messe in campo alle prossime elezioni europee. Sarebbe un grosso errore sia per il M5S che per aggregazioni di sinistra. Il terreno fertile per sperimentare alleanze di questo tipo sono le elezioni comunali. E’ nelle elezioni comunali che si possono confrontare i gruppi dirigenti di entrambi gli schieramenti e trovare sintesi sui problemi concreti che interessano le città. La sfida è ardua ma penso anche obbligata per entrambi. 

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.89) 3 marzo 2019 19:44

    Anticipo > Visti i sondaggi e l’andazzo generale, lo M5S, da forza maggioritaria di governo, non rischia più di tanto se punta i piedi fino al possibile crollo dell’esecutivo, anche prima delle elezioni Europee.

    Viceversa, a bocce ferme, sarà l’area del centro-destra (LEGA in primis) ad incassare roboanti e crescenti successi nelle tornate elettorali.

    A meno che il PD, nel giro di poche settimane, non riesca a superare le diatribe interne ed a formulare e promuovere un concreto/appetibile progetto alternativo, con tanto di convincente papabile premier.


    In ogni caso, una “sana” democrazia deve rifuggire dalle venature autoritarie di chiunque “dice e fa”, ma chiedendo mano libera.

    La storia insegna che La “Febbre” del Tribuno non conosce remore, limiti …

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