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Elezioni Abruzzo: prime tendenze in linea con i sondaggi

Come da previsioni: 
-la Lega avanza sensibilmente anche in una regione meridionale come l’Abruzzo, e trascina la coalizione di destra alla vittoria, con Fi che soffre ma è ancora al 9%


-il M5s tracolla dimezzando i suoi voti (dal 40 al 19%) e tornando ai livelli del 2013
-la coalizione di centrosinistra regge, ma soprattutto grazie alle liste minori come Leu e le non poche liste civiche locali.

Va detto che sono dati da prendere con le molle perché le amministrative hanno una loro specificità per il diverso afflusso alle urne, per la presenza di liste civiche locali, per il diverso andamento dei diversi partiti (ad esempio il M5s alle amministrative va sempre male), per la presenza di temi locali, per il diverso peso dei candidati.

Inoltre, in questo caso non era presente nessuna delle possibili liste nuove che potrebbero esserci alle europee e che non sappiamo come potrebbero incidere.

Detto questo, e ragionando a spanne sulle grandi tendenze abbiamo questo andamento:

-il centrodestra si consolida e va ben oltre il 40, ma questa è una regione nella quale la destra ha vinto in passato in diverse occasioni. La Lega qui è sotto la soglia del 30% (pur diventando il primo partito della regione), però occorre considerare il voto delle liste minori locali che bisognerà vedere come si distribuirà alle europee, inoltre l’Abruzzo è una regione sotto media per la Lega, per cui (al netto della possibile presenza di liste nuove e di un possibile ri-flusso dalla Lega al M5s), è molto probabile che il dato nazionale del partito di Salvini sia sopra il 30%. Forza Italia, almeno qui resiste anche se non tocca il 10% che resta l’obiettivo delle europee.

-Il M5s, pur considerando il solito andamento negativo delle amministrative, ha un pessimo risultato e la tendenza è quella ad assestarsi ai livelli di cinque-sei anni fa, “bruciando” tutta l’avanzata del 2018. Se così fosse anche alle europee il M5s perderebbe la posizione di partito di maggioranza relativa ed, in termini di coalizione, potrebbe attestarsi addirittura al terzo posto, dopo la coalizione di centro sinistra. E’ presto per dirlo, ma se ciò fosse, saremmo di nuovo all’alternanza centro-destra/centrosinistra e il M5s tornerebbe nella condizione di terzo escluso dalla competizione per il primo posto. Occorre vedere alle europee se la tendenza si conferma in queste proporzioni e, più ancora, capire quale potrebbe essere l’effetto psicologico di questa batosta sull’elettorato grillino: non dimentichiamo che il M5s non è un partito strutturato e, per certi versi, è uno stato d’animo facile a capovolgersi.

-Il dato più interessante da studiare è il centro sinistra: il Pd in quanto tale ha un risultato men che mediocre: un misero 11% che non segnala alcuna ripresa dalla sconfitta di un anno fa, ma la coalizione (che includeva molte liste locali oltre che Leu e la lista Bonino) ottiene un ragguardevole 27%. Per cui le liste minori complessivamente ottengono un 16% che è molto di più del partito maggiore e segnalano una certa effervescenza, la riserva di una espressione certamente di sinistra o di centro sinistra ma diversa dal Pd. 

La conquista del secondo posto non è da sottovalutare, perché ricolloca questa area nella posizione di secondo competitore. Alle europee questo sarà meno comprensibile perché non sappiamo come si dividerà l’elettorato delle liste minori e quanto recupererà di esse il Pd, soprattutto se questa tendenza resterà locale o sarà nazionale. Ma è realistico pensare che il pentolone di questa terza posizione fra Lega e M5s continuerà a bollire ben oltre l’anemico congresso del Pd.

Ad esempio ancora non sappiamo se ci sarà e che voto potrebbe ottenere la lista De Magistris. Di fatto sembra che l’appello al “voto utile” di Lega e 5 stelle funziona un po’ per la Lega e per nulla per i 5 stelle.

Aldo Giannuli

Questo articolo è stato pubblicato qui

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