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Eletti e discriminati: i parlamentari palestinesi nella Knesset israeliana

Nell’imminenza delle elezioni israeliane del 17 settembre, Amnesty International ha pubblicato un rapporto sulle norme e i regolamenti che discriminano i parlamentari palestinesi e che rendono difficile rappresentare e difendere i diritti della minoranza palestinese residente in Israele, il 20 per cento della popolazione del paese.

Nonostante siano eletti democraticamente come tutti gli altri membri della Knesset (nella foto), i parlamentari palestinesi subiscono la retorica aggressiva dei ministri del governo e le loro proposte di legge vengono giudicate irricevibili sulla base di decisioni o interpretazioni regolamentari pretestuose.

Il rapporto di Amnesty International contiene numerosi esempi di leggi, regolamenti e prassi che facilitano la discriminazione nei confronti dei parlamentari palestinesi.

Un emendamento legislativo approvato nel 2016 consente l’espulsione, con voto a maggioranza, di un parlamentare che esprime opinioni che quella maggioranza ritiene incitino al razzismo o manifestino sostegno alla lotta armata o al terrorismo.

Di recente due parlamentari palestinesi non hanno potuto viaggiare all’estero a causa di un emendamento al Codice etico della Knesset, approvato nel 2018, che vieta di prendere parte a eventi organizzati all’estero se sono finanziati da “soggetti che chiedono il boicottaggio di Israele”.

Nel febbraio di quest’anno l’Unione Interparlamentare (di cui fa parte anche la Knesset) ha emesso il giudizio conclusivo su una vicenda che si protraeva da tre anni. All’inizio del 2016 il Comitato etico della Knesset aveva sospeso dai lavori tre parlamentari palestinesi del partito Balad per aver osservato un minuto di silenzio nel corso di un incontro con le famiglie di ragazzi palestinesi uccisi dalle forze di sicurezza israeliane dopo aver aggredito o cercato di aggredire civili israeliani. Per il Comitato etico della Knesset i tre parlamentari avevano espresso sostegno alla violenza, ma l’Unione interparlamentare ha stabilito che il provvedimento emesso nei loro confronti era stato “ingiustificato”.

Dal 2011, almeno quattro proposte di legge (qui un esempio) riguardanti i diritti dei palestinesi sono state giudicate inammissibili prima ancora che venissero calendarizzate nei lavori di qualche commissione parlamentare.

A questo si aggiunge il linguaggio aggressivo e discriminatorio dei rappresentanti del governo, che spesso in questi anni hanno definito i parlamentari palestinesi che criticano le politiche israeliane alla stregua di “traditori” che devono essere “messi fuorilegge” o “processati per tradimento”.

La discriminazione nei confronti dei rappresentanti istituzionali dei palestinesi è un aspetto di quella più ampia che – dopo l’adozione della legge del 2018 che definisce Israele come lo stato-nazione del popolo ebraico – colpisce la popolazione palestinese.

In un contesto del genere, se non altro, sarebbe fondamentale che i parlamentari palestinesi potessero svolgere in pieno la loro funzione di rappresentanza.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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