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Draghi il Restauratore

Con le dimissioni annunciate già da qualche giorno, ma ufficializzate solo ieri, dal Segretario del PD Nicola Zingaretti il processo di Restaurazione avviatosi con la crisi del Governo Conte 2 e la nascita del Governo presieduto da Draghi è a una svolta decisiva. 

Eletto Segretario del PD Zingaretti ha preso nelle mani un partito boccheggiante; in questi anni ne ha frenato in qualche modo la fine offrendo una prospettiva e un motivo di rilancio offerto dall’alleanza di Governo con il M5S. Il problema è che Zingaretti sin dal suo insediamento è stato un segretario dimezzato. Se da Segretario di partito non si ha la possibilità di controllare i gruppi parlamentari l’azione non può che uscirne fortemente condizionata, risultata molto evidente nella fase che ha preceduto la crisi di Governo e la nascita del Governo Draghi. Zingaretti è passato dal “mai un governo senza elezioni politiche” a un sostegno pieno e totale al Governo Draghi.

In un contesto fortemente condizionato dai media e dal potere economico e finanziario e da gruppi parlamentari di fede renziana avrebbe mai potuto dire altro? Avrebbe potuto farlo alla sola condizione di prendere atto che una parte dei parlamentari del PD avrebbe lasciato il partito e sostenuto comunque il governo Draghi. Dalla nascita del Governo Draghi gli attacchi a Zingaretti sono stato costanti. Ad essere messa in discussione è stata la linea politica del Segretario fondata sul rapporto con il M5S in funzione di una possibile alleanza per le prossime elezioni politiche. Le contestazioni a Zingaretti hanno fatto venire fuori le contraddizioni mai superate presenti nel PD.

L’anima liberal – liberista che non fa capo a quella sola parte del PD proveniente dalla Margherita ma anche ad una parte della stessa dirigenza proveniente dall’ex PCI non ha mai accettato la sconfitta alle primarie che hanno visto l’ascesa di Zingaretti alla guida del partito. Sia chiaro non che Zingaretti sia avulso da tentazioni Liberal- liberiste, che non lo sia lo prova il governo della regione Lazio della quale è Presidente della Giunta. Zingaretti viene contestato per l’intesa con il M5S che disegna nuovi equilibri politici mettendo in discussione un sistema di potere consolidato ben rappresentato dall’affaire Benetton e Atlantia. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il sondaggio che ha dato il PD al 14% dopo la formalizzazione di Conte alla guida del M5S.

Le dichiarazioni di Di Maio e la lectio magistralis di Conte all’Università di Firenze hanno delineato un M5S che si sovrappone al PD indirizzandosi allo stesso elettorato da qui il risultato emerso dal sondaggio. Lo scontro tra i ceti politici all’interno del PD solo in minima parte è dovuto a culture politiche diverse. Come dicevo Zingaretti non è meno Liberal – Liberista dei suoi oppositori. La ragione vera, quella profonda, sono gli interessi e i territori che i ceti politici rappresentano. Per capirlo è sufficiente riflettere sui dati elettorali delle ultime elezioni politiche e delle recenti amministrative.

Ebbene il PD , dato della Camera, perde un terzo dei consensi rispetto alle elezioni politiche del 2014 . Le percentuali elettorali più alte il PD le raggiunge in Emilia Romagna 26,38% e Toscana 29,63%. Alle regionali ultime il PD vince in Emilia Romagna, Toscana, Campania e Puglia. A differenza delle due regioni meridionali dove ha contato molto la personalità di De Luca ed Emiliano, in Toscana e in Emilia Romagna vince grazie ad una rete di interessi che si riconosce ancora nel PD e nel centrosinistra. Il risultato delle elezioni politiche del 2018 fa del PD un partito centrosettentrionale.

A differenza di ciò che succede nelle regioni meridionali dove il PD si attesta mediamente attorno al 12%, nelle regioni settentrionali si attesta mediamente al di sopra del 20%. Da questi dati si evince che lo scontro nel PD più che da differenze ideali è dettato dagli interessi materiali rappresentati. Il Governo Draghi, da quelli che sono i primi segnali, è il governo della Restaurazione nel senso che mira a restaurare la centralità delle aree più sviluppate del Paese a discapito della visione nazionale e meridionale del Governo Conte 2.

A fare del Governo Conte 2 una compagine ministeriale attenta al meridione era la percentuale elettorale raggiunta dal M5S nelle regioni meridionali. La figura di Provenzano Ministro per il Sud e la coesione territoriale proveniente dalla SVIMEZ la dice lunga. La vera maggioranza sullla quale si regge il Governo Draghi è quella data dagli interessi economici concentrati nelle regioni settentrionali e nello specifico sull’asse padano – tosco emiliano. Il Governo Draghi è pertanto il governo della Restaurazione perchè parte dal presupposto che la ripresa economica debba partire dal recupero delle aree più produttive del Paese.

Che sia questo l’obiettivo si evince dai ministri e dal profilo fortemente neoliberista che si è dato questo Governo. Adesso la domanda che il PD deve porsi è se vuole ridursi ad essere il partito tosco – emiliano o tornare ad essere un partito nazionale. Scegliere una delle vie pone si la questione della identità culturale. Dalla risposta che darà a questa domanda si capirà se, alle prossime elezioni politiche, l’alleanza con il M5S guidato da Conte sarà ancora praticabile o meno.

Foto: WEF/Wikipedia

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