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 Home page > Tribuna Libera > Draghi e l’eventuale no dei Cinquestelle

Draghi e l’eventuale no dei Cinquestelle

Sicuramente il voto degli iscritti alla Piattaforma Rosseau dirà di sì, approvando il "suggerimento" di Beppe Grillo di partecipare anche a questo nuovo governo dopo aver partecipato ai due precedenti di diverso colore.

Il governo Draghi imbarcherà quindi con ogni probabilità tutte le forze politiche presenti in Parlamento tranne i Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni, rimasta ancorata fuori dal porto a vedere se il futuro le porterà profughi e naufraghi dei due ex alleati nella invincibile armada di destra, oppure se verrà spazzata via da un fortunale.
 
Ma se Grillo preme per il sì, le acque sono agitate in casa Cinquestelle e non si sa con certezza cosa deciderà il voto da cui dipenderà il futuro del Movimento.
 
In questo caso però la questione riguarda direttamente Draghi che, al di là dei peana a reti unificate su ogni singolo aspetto della sua vita, resta nell'immaginario comune quello che ha tenuto testa ai nordici frugali e pure alla Bundesbank. Un vero duro insomma.
 
Tutto vero. Ma agiva come capo della BCE che è un ente indipendente e autonomo dalla politica. Quindi, se non sbaglio, nessuno poteva "sfiduciarlo" come un primo ministro italiano qualsiasi.
 
Cosa che può essere possibile invece se diventerà un primo ministro italiano qualsiasi. Perché dipenderà, nonostante la cappa di protezione di Mattarella, dalla fiducia che saprà ottenere in Parlamento. Cioè dai partiti.
 
Oppure, nel caso che i 5S si sfilassero decidendo domani per un voto contrario, da un solo partito, la Lega. Perché tutti gli altri supporter messi insieme non potrebbero garantirgli i numeri per la fiducia in Senato, se la Lega lo sfiduciasse.
 
In quel caso Salvini avrebbe quindi in mano la capacità di "interdizione" (qualcuno potrebbe perfino chiamarlo "ricatto") sul governo Draghi, esattamente come Renzi l'ha avuta sul Conte2. E con tutte le possibilità di imporre le sue priorità politiche.
 
Ma si troverebbe anche meravigliosamente piazzato in una situazione win-win. Qualsiasi cosa succede, lui vince: se Draghi cede ai suoi diktat lui vince, se Draghi non cede può far cadere il governo, si va al voto e lui vince.
 
C'è solo una domanda da farsi: perché mai Mario Draghi, che ha piegato pure la Bundesbank, dovrebbe cedere a un Salvini qualsiasi?
 
Ipotizziamo che, come dicono i rumors di palazzo, la sua prospettiva sia quella di salire al Colle non più come Presidente del Consiglio, ma come Presidente della Repubblica, più o meno fra un anno. Essere sfiduciato da un bellimbusto, per esserglisi contrapposto nel governo, potrebbe fargli perdere la faccia insieme alla poltrona. E la nuova maggioranza grigioverde, ormai padrona del campo, potrebbe voler imporre un altro nome al posto suo (che europeista com'è non è poi così gradito da quelle parti) o anche solo un niet al suo nome... Così potrebbe essere messo nella condizione di dire addio al sogno di finire in bellezza la carriera.
 
Può darsi che non gli importi, che sia davvero uno dalla schiena dritta, che non guarda in faccia a nessuno e va per la sua strada. Ma in realtà non lo sappiamo. Non conosciamo le eventuali debolezze dell'uomo. Può darsi quindi che proprio questo sia il suo punto debole, il suo tallone d'Achille e che per questo possa essere più morbido con i leghisti di quanto non sia stato a suo tempo con i frugali olandesi. Mai nulla d'illegale s'intende, ma magari un po' di accondiscendenza verso quelle priorità che qualcuno potrebbe suggerirgli e che una manina leghista non mancherà certo di ricordargli, facendogli scivolare un promemoria sul tavolo.
 
Forse tutto ciò non accadrà mai. Domani la piattaforma Rosseau voterà per il sì, riequilibrando i poteri contrapposti all'interno del governo e dando finalmente luce verde al nuovo esecutivo che avrà il compito non facile di traghettare il paese fuori dal marasma sanitario, economico e sociale in cui si è trovato immerso fino al collo. E di disegnare poi un futuro meno burrascoso per gli anni a venire.
 
Ma anche quella ipotizzata è una delle variabili possibili nel caos successivo alla caduta di Conte. O magari solo semplici pensieri in libertà in una serata d'inverno mentre fuori piove, sui pericoli potenziali che il nostro paese potrebbe trovarsi a correre a seguito del poco comprensibile azzardo renziano. Niente di più.
 
Ma ne abbiamo viste davvero così tante in questi ultimi anni che non è poi così assurdo azzardare anche questa.

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