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Don Vito. Intervista a Massimo Ciancimino

di Carmelo Di Gesaro e Francesca Scaglione

Presentato a Palermo presso la facoltà di giurisprudenza il libro di Francesco La Licata e Massimo Ciancimino "Don Vito", in cui il figlio dell’ex primo cittadino del capoluogo siciliano e collettore tra la mafia corleonese di Bernardo Provenzano e parti delle istituzioni, racconta alcune vicende di legate ad uno dei periodi più bui della nostra storia. Abbiamo intervistato Massimo Ciancimino. Alla presentazione c’erano anche Francesco La Licata, Salvatore Borsellino e Giorgio Bongiovanni. Gli interventi sono stati moderati da Lucia Castellana ed Anna Petrozzi.

Don Vito. Intervista a Massimo Ciancimino

D: Massimo Ciancimino, perché ha scelto di collaborare a questo libro?

 

R: Ma, collaborare era quello che stavo facendo anche con mio padre, quello di voler raccontare la sua verità, credo che mio padre su questo ci sia anche morto. Non so, ancora la magistratura dovrà chiarire se la sua morte è stata naturale, credo che non faceva simpatia o non era ben visto da quegli stessi ambienti che frequentava e non era visto di buon occhio il fatto che potesse raccontare la sua verità. Era qualcosa che lui voleva fare con noi figli, non so perché, per sdebitarsi, per lasciare un segno diverso da quello che era stato il suo percorso di non vita. E’ una cosa che ho voluto fare io con mio figlio, credo sia importante far capire come la pensavo io e come ho vissuto io. Tanta gente mi chiede il perché, credo che il perché stia nella prima pagina del libro: “dedico tutto questo a Vito Andrea, unica ragione della mia vita”. Credo che questa è la grande motivazione con io oggi ho scritto questo libro. Ho lasciato qualcosa di scritto, qualcosa di importante che spero possa servire a lui e mi auguro che possa servire a tanti. Non volevo raccontare nulla di nuovo perché non credo che in quello che io scrivo ci siano novità, anche i magistrati stanno tentando di ricomporre tanti pezzi di un puzzle, ed è quello che ho cercato di fare io nel mio libro e non ho velleità di nessun tipo.

D: Oggi a chi fa paura Don Vito?

R: Ancora a me fa paura se me lo ricordo. Oggi, il libro Don Vito, non so a chi fa paura, io spero che non faccia paura a nessuno ma possa fare riflettere, non è mio intento fare paura, non mi sono mai mosso con questi fini. Credo che altri soggetti sono oggi quelli che devono fare paura e non un libro. Un libro però può fare riflettere, può aiutare le persone a trovare la memoria, com’è stato con le tante dichiarazioni che ho fatto, il resto credo che non perché ho scritto io un buon libro, io ho voluto raccontare l’esperienza e il giudizio di un figlio verso un padre e credo che chi lo leggerà si renderà conto che il mio giudizio è molto più severo di quello che i giornalisti, amministratori e anche i giudici hanno avuto nei confronti del Ciancimino Vito politico.

D: oggi lei con le sue testimonianze sta contribuendo a fare luce su alcune vicende di mafia ma come mai soltanto oggi?

R: Sono stato chiamato da circa due anni e quindi è da due anni che rispondo. Dicevo anche a tanti altri suoi colleghi che il rapporto con la magistratura non può essere un rapporto a senso unico. Nel momento in cui vengo chiamato è mio dovere rispondere e così ho fatto. Il perché non sono stato chiamato prima non lo so. Rigirate questa domanda a chi indagava prima.

D: la sua è certamente una scelta difficile, questo è comprensibile. La sua famiglia la sta appoggiando? I suoi fratelli?

R: non è facile vivere a Palermo e appoggiare magari palesare un’approvazione verso quello che faccio. Rendetevi conto che io ho iniziato a rispondere ai magistrati a Palermo e da Palermo sono dovuto andare via, dopo una serie di minacce, di pacchi bomba, persone che mi seguivano con macchine rubate, tant’è che gli stessi magistrati mi hanno consigliato di lasciare la città. Ora, lasciare la propria città non è mai una scelta facile, io non capisco perché quando si debba parlare o raccontare di mafia e di quella che è stata una mala Palermo, una Palermo collusa, si debba fare fare sempre da fuori. Per cui non critico nessuno, rispetto il volere di tutti, se i miei fratelli per quanto possono, anche se mio fratello ha già contribuito e per me è stato un grande segno, da un’iniziale presa di distanza, spero che anche gli altri possano un domani seguire questo mio percorso anche se sono stati molto più lontani e distanti da quello che era realmente Vito Ciancimino, non lo hanno conosciuto a 360° come ho provato a conoscerlo io.

D: quindi oggi lei si sentirebbe di dire fermamente il suo no alla Mafia?

R: Io non voglio fare il mafiologo, il mio no alla mafia credo sia non quello che dico ma più da quello che faccio, le parole le lascio a voi giornalisti e agli opinionisti. Io cerco di fare il possibile.

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