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“Doc – Nelle tue mani”, Luca Argentero: “La fiction è arrivata in un momento importante”

“Il camice di un medico è come una divisa. Merita il massimo rispetto”, dice Luca Argentero, a margine di un’intervista insolita visti i tempi. Realizzata in una conference call, l’attore, grande protagonista della serie, prodotta dalla Lux Vide in collaborazione con Rai Fiction, ha ricevuto delle testimonianze di persone che hanno sofferto della stessa patologia del medico Pierdante Piccioni, da cui è ispirata la fiction di Rai 1: “Sono state tantissime, dai semplici spettatori che mi hanno ringraziato per aver trascorso un paio d’ore di distacco dalla realtà a quelle degli addetti ai lavori, commenti tecnici. Sono state delle osservazioni piacevoli, perché significa che hanno seguito con attenzione. Ho ricevuto un senso di apprezzamento generale sul lavoro fatto, a tutti i livelli”.

“Le storie, quelle vere, mi appassionano anche da spettatore, in particolare, se sono ispirate alla realtà. Questa fiction è arrivata, per me, in un momento anagraficamente perfetto, perché la vita di un attore è scandita dai progetti all’età che hai. Doc è arrivato in un momento giusto, fin troppo sincronizzato e surreale. Nessuno di noi poteva immaginare che una storia come questa sarebbe capitata in un periodo particolare per il nostro Paese”.

Nella serie, interpreta il ruolo di Andrea Fanti, un medico che, dopo un coma di sei ore, si accorge di aver dimenticato gli ultimi dodici anni della sua vita. Un ruolo difficile e inconsueto per una prima serata di Rai 1. In questo, Luca Argentero ha fatto centro, grazie agli ascolti ottenuti: “C’è stata una grande risposta di pubblico, molto importante, a margine di quello che ha offerto il personaggio. Mi ha fatto molto piacere, perché non me lo aspettavo un successo come questo, ma lo speravo. È un momento difficile da decifrare, perché, oltre ai normali dubbi e le incognite che uno ha, è evidente che la serie sia giusta in una realtà grave come questa”.

Le storie sono state scritte con la consulenza di medici: “Il professor Landolfi, Primario di Medicina Interna del Policlinico Gemelli di Roma, ha supervisionato la stesura delle sceneggiature, in modo che le storie raccontate avessero un contatto diretto con la realtà e risultassero più credibili agli occhi degli spettatori”.

Malgrado il grande successo di pubblico, Luca Argentero confessa di trovare, sempre, quando si riguarda, delle cose da cambiare: “Non mi piace riguardarmi nelle cose che faccio. Questa è una pessima abitudine di tanti miei colleghi. Vedo sempre tutto quello che non mi piace, non quello che ho fatto bene”.

L’attore spera, a emergenza conclusa, di poter ritornare sul set con gli altri colleghi: “Quello del set, rispetto ad altre attività, è un lavoro che non si può fare in smart watching. I progetti futuri devono fare i conti con questo stop, nella certezza che il momento del ritorno sul set avverrà nel breve tempo possibile”.

Ha raccontato del cambiamento del personaggio che gli spettatori si dovranno aspettare nelle puntate successive: “Dai prossimi episodi, il pubblico entrerà a pieno regime con l’evoluzione del format della serie. Il medico recupererà la possibilità di frequentare l’ospedale. Inizierà, dal gradino più basso, con un aiutante, a rivivere la vita che ha attraversato. La serie entrerà nel vivo delle storie, perché il personaggio aiuterà i suoi colleghi a risolvere dei casi che, altrimenti, non verrebbero risolti”.

Il focus è totalmente incentrato sulla nuova attitudine del medico nel relazionarsi con i pazienti: “Se conosce la persona che ha di fronte, ti dà tutti gli indizi per scoprire quello di cui soffre, senza il suo paradigma, lo porterà avanti, allo stremo, a costo di sbagliare”.

Empatia e speranza, i fattori chiavi della serie: “È, attraverso di essa, un modo differente di essere medico che Doc sviluppa, ma è anche un’arma a doppio taglio, perché può portarti fuori strada”. “Il fatto di rimettersi in discussione, dopo l’incidente, è un parametro fondamentale per il personaggio, perché, dai tanti messaggi ricevuti, in un momento difficile come questo, riesce a intravedere la possibilità di un miglioramento e di speranza”.

L’idea che, in un momento di grave crisi, ci sia una nuova opportunità di rinascita, come avviene nel ruolo della serie, è motivo di soddisfazione: “La definizione di speranza è il minimo comune denominatore di tutti quelli che stanno facendo i conti con l’attuale situazione drammatica”.

Nel finale di “Don Matteo”, c’è stato un simbolico passaggio di testimone, molto importante che, seppur per pochi attimi, con Terence Hill e Nino Frassica, è stata una grande soddisfazione personale: “Annunciare, in una serata come quella di “Don Matteo” l’inizio della nuova serie, in una fiction molto amata dal pubblico, è bollino di garanzia, un valore aggiunto. Mi ha fatto molto piacere che Terence e Nino si siano prestati”.

Mancavano pochi giorni alla fine delle riprese, ma questa emergenza ha costretto tutta la troupe a sospendere le riprese: “Non penso sia necessaria e auspicabile un’immediata ripartenza. Siamo necessari ma, per fortuna, le library sono piene di contenuti. È il momento di focalizzarci su altre priorità. Speriamo di poter ritornare al più presto possibile”.

 

Nella serie, ti confronti con un personaggio di grande responsabilità. Hai riscontrato delle affinità di genere con Pierdante Piccioni?

“La cosa che ci accomuna è un genuino entusiasmo nei confronti della vita. Questo ci rende reciprocamente simpatici. Ho letto, nel suo sguardo, la voglia di vivere in generale. Questo penso di poterlo vivere anch’io”.

 

Il lodigiano è la località di provenienza del personaggio, tra l’altro, una delle zone rosse. Che cosa hai provato nel vedere quei medici che, ogni giorno, lavorano in prima linea?

“La storia di Pierdante Piccioni, quella che raccontiamo, è di un medico reale che ha vissuto la sua vita professionale a Lodi. La serie è ambientata al Policlinico Ambrosiano di Milano. Il medico ha un passato e un presente ancorato a quella zona geografica. Prima di questa emergenza, sentivamo il peso del camice che abbiamo indossato in tutti quei mesi. Eravamo tutti molto attenti. Cercavamo di farlo nel modo giusto, nel pieno rispetto. E come se fosse una divisa il camice di un medico. Insieme a tutti i miei colleghi avevamo questo tipo di responsabilità”.

 

Sappiamo che, attualmente, delle otto puntate previste, ne andranno in onda quattro. Quando pensate di poterle terminare?

“Non è detto. Purtroppo, dipende dalle indicazioni che tutti gli italiani ricevono in questo momento. Mancavamo pochissimi giorni di ripresa. Al momento, è da rivedere, perché è tutto sospeso”.

 

 

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