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Discorso Conte a Davos. Fermate il mondo, il sovrano Popolo italiano vuole scendere

Mercoledì a Davos il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, ha tenuto il suo “atteso” discorso, davanti ad una platea non particolarmente folta. L’evento non resterà negli annali della storia ma è stato l’occasione per ribadire alcuni assai logori luoghi comuni che fanno ormai parte della cultura mainstream di questo paese, e che ne garantiranno il declino.

Tralasciamo le note di colore su quanto detto da Conte prima ed ai margini del suo speech. Ad esempio, sulla possibilità che il Pil italiano cresca quest’anno del famoso 1,5%, che era apparso in sogno ai nostri eroi a fine estate, e che già allora pareva frutto dei postumi di una sbornia o dell’uso di sostanze, pure tagliate male.

Non è dato sapere su quali motivazioni fattuali e razionali poggi il convincimento di Conte. Forse trae alimento da altre dimensioni, più fideistiche, che per un seguace di Padre Pio potrebbe pure starci. Il premier ha poi bacchettato le intese tra Francia e Germania sul seggio permanente all’Onu, rivendicandolo per l’intera Ue. E questo direi che è punto condivisibile, a grandi linee.

Ha poi fatto seguito la ormai abituale lamentazione contro la Francia, esercizio stucchevole di programmazione neurolinguistica per titillare il popolo straccione e qualche principe della penna e della lingua, che su concitata base giornaliera narra queste sceneggiate italiane attraverso canoni di lettura manco fossimo prossimi allo scoppio della prima guerra mondiale. Ma transeat.

Conte esalta il tipico nazionalismo asimmetrico dei somari arruffapopolo di casa nostra. Del tipo: “ehi, ora mettiamo i dazi per proteggerci ma se voi non ci aprirete i vostri mercati, saranno guai!”. Che accadrà, se questa Italia verrà considerata inaffidabile per partnership economiche da altri paesi europei? Semplice: Che le verranno preclusi i maggiori deal, e che quelli in essere verranno smontati, per logoramento.

Il caso Fincantieri-STX promette di essere la prova-costume di questa realtà, e dubito che strepitare contro il cattivone Macron serva, visto che anche Marine Le Pen ha già detto esplicitamente che, se fosse per lei, STX andrebbe nazionalizzata o comunque resa francese al 100%.

Per farla breve, non mi pare che un paese come l’Italia, che ha un avanzo commerciale bilaterale con la Francia di 11 miliardi (ammesso che questa metrica valga realmente qualcosa), possa permettersi di suicidarsi insolentendo i francesi (e non solo Macron). Ma attenzione, perché nazionalismo chiama nazionalismo.

Il discorso di Conte a Davos è soprattutto un gran mischione di temi globali e locali. Nel senso che finisce ad imputare alla globalizzazione (e soprattutto all’euro) quelli che sono stati esclusivamente errori nel percorso di crescita italiano, da molto tempo a questa parte. Qualche esempio?

Il popolo italiano è stato paziente e disciplinato per molti anni. Ha avuto fiducia nelle istituzioni italiane ed europee, politiche e tecniche. Per anni, gli italiani hanno fatto propri i principi economici fondamentali predicati dal cosiddetto ordine liberal-democratico: l’integrazione nel mercato globale, la libera circolazione di persone e capitali, la disciplina di bilancio, l’adozione incontrollata di nuove tecnologie e la crescita senza limiti della finanza globale.

Signora mia, gli italiani sono stati pazienti verso la globalizzazione e l’ordine liberal-democratico, vivendo in un paese devastato dal corporativismo e da una corrosiva mentalità socialista ed antimercatista, che coinvolge pressoché tutte le cosiddette élite di casa nostra, quelle che da sempre spolpano lo stato per preservare le proprie rendite parassitarie. Ma ora basta: fermate il mondo, il Popolo (italiano) vuole scendere! Altrimenti proveremo con “l’ordine illiberal-antidemocratico”, è una promessa.

E come finì che Conte scambiò cause ed effetti, confermandosi ultimo bardo di quel socialismo surreale che è alla base del fallimento di questo paese? Con questa profonda lettura delle vicende dell’euro:

Il prezzo da pagare per avere una moneta stabile e una bassa inflazione è stato un debito pubblico crescente, nonostante si richiedesse continuamente di stringere la cinghia per mantenere la spesa pubblica primaria (al netto della spesa per interessi) costantemente al di sotto delle entrate fiscali.
La disciplina di bilancio ha frenato la crescita del PIL. Nel terzo trimestre del 2018, il PIL è ancora 5 punti percentuali al di sotto del picco massimo di questi anni, registrato nel 2008.

L’Avvocato del Popolo non pare avere grande dimestichezza con la logica. Il che è strano, per un avvocato. Ma forse non per un avvocato italiano. Come che sia, l’avanzo primario è stato la corda a cui si è impiccato un paese che non riusciva a crescere con riforme strutturali e doveva rassicurare i creditori: non è certo figlio dell’euro e men che mai della globalizzazione, quella cattiva e con tante b.

Fantastica, poi, le lettura keynesiana all’amatriciana sulla “disciplina di bilancio che ha frenato la crescita del Pil”. Affermazione demenziale che postula che unico motore della crescita sia il deficit pubblico. Ma certo, certo. E tuttavia, in questo concetto di Conte c’è davvero l’essenza del mainstreamitaliano: basta “austerità”, signora mia. Un paese ed un popolo che non riescono a comprendere che ripetere ossessivamente la stessa cosa attendendosi ogni volta un esito differente è l’anticamera della follia, non può che finire ad avere al governo gente come Di Maio, Castelli, Toninelli e compari. Ma anche i leghisti, il cui motto primigenio localistico era “evasione fiscale & sussidi pubblici”, ed ora tentano di esportarlo in tutto il paese, con lusinghiero successo di pubblico.

E dopo tutte queste pippe mentali sui massimi sistemi, in cui globalizzazione ed euro sono i cattivi che ostacolano il Popolo italiano nel raggiungimento della felicità, premesse che aprono di fatto la strada a teorizzazioni molto ardite e quasi inedite, del tipo “protezionismo & spesa pubblica”, narrano le cronache che il buon Conte abbia avuto un bilaterale col neo presidente brasiliano, Jair Messias Bolsonaro. Con richieste di quest’ultimo che subito metteranno alla prova l’Avvocato del Popolo ed i suoi intimi convincimenti.

Scrive oggi Marco Bresolin su La Stampa, riguardo al programma di vendita di corvette italiane al Brasile, per cui sono in corsa Fincantieri e Leonardo:

Conte promette al suo interlocutore che farà lobbying a Bruxelles per aprire le porte del mercato europeo alla carne e ai prodotti agricoli in arrivo dal Brasile. Per superare le resistenze francesi – assicura – si farà promotore di un «gruppo di pressione» per sbloccare i negoziati sull’accordo Ue-Mercosur. Lo stesso accordo che secondo la Coldiretti «affosserà il Made in Italy» e porterà a una «invasione di prodotti stranieri a dazio zero». Ma il capo del governo sembra pronto a sacrificare le rivendicazioni degli agricoltori sull’altare dell’industria militare. Sempre che il suo vice Matteo Salvini non si metta di traverso.

Che mondo difficile, avvocato professor Conte: essere al contempo liberoscambisti e protezionisti, per servire il Popolo.

Foto: Kremlin

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