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Disabilità | Insegnanti e scuola pubblica: partiamo da qui per sconfiggere la barbarie

di Claudia PEPE

Quanto dovremo combattere noi insegnanti insieme alle famiglie delle persone disabili, per poter vivere senza far sì che una persona debba portarsi addosso un’etichetta marchiata dall’ignoranza delle persone?

Etichette che segnano l’esistenza, e senza che ce ne accorgiamo, ingabbiano in una tela senza fessure. Persone prigioniere in una reclusione costruita dall’inconsapevolezza di altre persone.

L’ultimo episodio è avvenuto nel parcheggio del centro commerciale Carosello a Carugate.
Un cartello affisso che diceva: ”A te handicappato che ieri hai chiamato i vigili per non fare due metri in più vorrei dirti questo: a me 60 euro non cambiano nulla ma tu rimani sempre un povero handicappato… sono contento che ti sia capitata questa disgrazia.

Aldilà del problema probabilmente insorto per un parcheggio occupato abusivamente da una persona alterata psichicamente, mi chiedo dove potrà finire questa umanità.

I disabili nella maggior parte dei casi, sono ancora rappresentati come l’altra metà del cielo, come persone a cui devi sorridere e fare buffetti. Ma quando si deve parlare dei loro diritti, distogliamo il nostro sguardo per guardare altrove.

Noi insegnanti siamo in prima linea nell’abbattere muri, frontiere, ambienti che ostruiscono il percorso di una vita che non ha nulla in meno della nostra. È solo una vita vissuta da un’ottica che percorre tutta la vastità del cielo. Non solo la parte che ci illumina, ma anche quella che non riusciamo a vedere. E se riusciamo a vederla il più delle volte ci abbaglia.

Il colpevole del cartello è stato identificato e probabilmente sarà denunciato per diffamazione aggravata.
Ma quanti razzisti, e intolleranti dovremo denunciare nel nostro percorso?

Leggiamo parole stampate dal nostro potere che a noi insegnanti della Scuola Costituzionale, fanno ribrezzo. Parliamo di immigrato e leggiamo: ”Salviamoli a casa loro e manganelliamoli a casa nostra”.

Ma quando la gente capirà che la loro vita è stata solo questione di sfortuna. Sono nati nell’altra metà dell’inferno.
Abbiamo un governo che pensa di squarciare le vite di persone, con gli idranti e non pensando alla loro storia, e i loro sogni.

Persone che vivono qui perché non hanno letteralmente nulla da mangiare e dormono di solito sotto le stelle. Solo se il cielo è sereno. Altrimenti la loro notte insieme ai loro incubi, continua in tutti i loro respiri.

Sono scappati da chi li voleva morti, e hanno trovato gli stessi boia a cui volevano sfuggire.
Hanno perso oltre alla loro dignità, la speranza e un futuro, i profumi delle loro terre, le danze che accompagnavano la loro vita, quel firmamento che indicava la loro cometa.

Hanno perso la vita pur rimanendo vivi, e noi inesorabilmente, dimentichiamo la storia, la nostra storia e la storia di ognuno di noi.
Continuiamo a marchiare come esseri inferiori, i nostri simili, continuiamo a trattarli da reietti.

Ma quando capiremo che i loro volti sono le maschere della nostra paura, delle nostre insicurezze e di una solidarietà che riusciamo a dare solo attraverso bollettini postali.

Ci sentiamo al sicuro con la nostra coscienza quando con pochi euro crediamo di salvare un bambino dall’altra parte del mare, oppure bambini malati. Quando ci sono le maratone Tv per aiutare persone con dei problemi, alziamo il telefono e, dopo tutti soddisfatti, andiamo a mangiarci un gelato.

Ma tanti di loro, sono proprio quelli che nelle loro bacheche piene di gattini e caffè fumanti scrivono: “Vorrei dirti questo: “A me 60 euro non cambiano nulla ma tu rimani sempre un povero handicappato… sono contento che ti sia capitata questa disgrazia!

E nei salotti bui con carte da parati che grondano di pre-giudizio, di frustrazione, di rabbia e di vita malata, digitano il numero per sentirsi salvi.

A voi persone che non sapete e non conoscete la bellezza di essere insegnanti quando ci trasformiamo negli occhi che ricordano le mandorle, quando torniamo a casa stanchi ma illuminati da ragazzi che apprezzano la vita come noi non riusciamo a fare, vi dico: ”Mi fate schifo”.

Fate schifo perché: “Queste persone nascono due volte. Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile. La seconda dipende da voi, da quello che saprete dare. Sono nati due volte e il percorso sarà più tormentato. Ma alla fine anche per voi sarà una rinascita.” (Giuseppe Pontiggia)

E voi ancora non riuscite a capire.
Ma chi è il disabile tra voi e loro?

Questo articolo è stato pubblicato qui

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