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Dimissioni di Lombardo e autonomia siciliana

Lombardo si è finalmente dimesso dalla carica di governatore della regione Sicilia. Una carica quasi "maledetta" dato che ogni persona che la ricopre finisce, in una maniera o in un'altra, a dare manforte ai poteri locali e a clientele varie dovendosi poi anche dimettere, come già successo al precedente governatore Totò Cuffaro.

Lombardo oltre ad essere famoso la una malattia di cui è affetto e che molto diffusa in Italia, la "clientelite", dimostra anche di non avere nessun tipo di senso della realtà quando afferma che "non c'è nessun rischio default per la Sicilia" e che "il problema non è strutturale ma di temporanea mancanza di liquidità".

Sempre che qualcuno riesca a spiegare che differenza c'è tra il default e la mancanza di liquidità si potrebbe comunque notare nel suo atteggiamento, soprattutto a livello mediatico, quella tipico modo di fare negazionista che sminuisce i problemi invece di affrontarli. A ben guardare la Regione dovrà affrontare un indebitamento di oltre 5 miliardi di euro con un debito che è cresciuto a due cifre, il 13%, solo nell'ultimo anno. La burocrazia fa la parte del leone nella spesa pubblica della Regione con quasi 2 miliardi di costi e un numero enorme di dipendenti: 19mila quelli pubblici e 27mila precari.

Ora il pensiero del debito non deve per forza essere un problema se si è investito molto nell'educazione, nella ricerca e nel tessuto imprenditoriale favorendo l'innovazione perché questo produrrà ricchezza in futuro e si riuscirà ripagare i creditori. Oltretutto lo Statuto speciale conferisce alla Regione l'autonomia amministrativa e finanziaria, con la possibilità di trattenere gran parte degli introiti fiscali prelevati e questo sostanzialmente significa che il gettito fiscale si traduce quasi totalmente in risorse per l'amministrazione. Oltre a questo grande vantaggio la Sicilia percepisce, come le altre regioni a statuto speciale una serie di contributi statali che sono assai più elevati di quelli riservati alle regioni a statuto ordinario. Queste regioni hanno perciò tecnicamente i migliori mezzi per autoamministrarsi, migliorare la propria posizione ed evitare il controllo/amministrazione dello Stato in alcuni dei loro affari interni. Sono tutte regioni che già beneficiano di una sorta di federalismo.

Il problema da affrontare è che questi fiumi di denaro "autogestito" e proveniente da Roma sono stati utilizzati per mettere in piedi un gigantesco apparato burocratico che conosce parecchie inefficienze e può contare anche alcune "bizzarrie": come il caso dei 30 camminatoricommessi di piano assunti per portare documenti da un ufficio all'altro della Regione. I dati forniti dalla Corte dei Conti parlano chiaro e il debito accumulato non è scusabile in nessuna maniera. A questo punto dovrebbe avvenire ciò che di norma è previsto per gli enti che non rispettano i propri compiti amministrativi, ovvero il commissariamento dell'ente stesso. Appena questa ipotesi è stata ventilata il governatore è insorto sostenendo che "il commissariamento sarebbe un colpo di Stato" e, in effetti, la sua osservazione non è pura fantascienza in stile berlusconiano dove ogni "sospensione del voto popolare è un golpe", e trova anche sostegno presso alcuni giuristi che osservano che il commissariamento, nel caso della Regione Sicilia, non è possibile.
 
Siamo tutti d'accordo nel rispettare l'autonomia della Regione Sicilia anche in forza dello Statuto speciale accordato dal Re nel 1946, che permette alla Sicilia di godere di alcuni privilegi amministrativi. Questi "privilegi" infatti sono il frutto del lavoro politico del movimento di indipendenza siciliano che, dopo lo sbarco degli alleati, uscito dalla clandestinità si prodigò per creare uno Stato Siciliano. Lo Statuto di Autonomia di cui fu dotata la Regione venne poi anche trasformato in legge costituzionale nel 1948. Queste considerazioni storiche non hanno però alcun tipo di rilevanza quando si assiste allo stupro della cosa pubblica da parte di un governatore che ha la faccia tosta di nominare due assessori prima di dimettersi. Si lasci alla Sicilia la libertà di autogestirsi ma è importante che questo non equivalga semplicemente a consentire a Lombardo di nominare come, chi e quando gli pare: 1000 nomine della sua giunta, di cui 200 negli ultimi 3 mesi sono davvero tante se non troppe.

Da ricordare è anche questo personaggio pubblico è rimasto in carica per più di quattro anni grazie al supporto, se non proprio bipartisan, almeno a corrente alternata di tutti i principali partiti politici nazionali. E qui bisogna chiedersi chi si assumerà le responsabilità per ciò che è successo in Sicilia, dato che Lombardo è stato eletto nelle file del centro-destra, come erede di Cuffaro, per poi finire ad avere addirittura il sostegno del PD. L'impressione è quella che, a parte le indagini sul conto dell'ormai ex-governatore, si punti a screditare il singolo come colpevole di tutto l'apparato dimenticando che c'era un intero sistema, da destra a sinistra, che lavorava con lui e per lui.
 
Se le elezioni si terranno effettivamente quest'autunno sarebbe bello, per una volta, che i partiti si assumessero le loro responsabilità e non giocassero al solito gioco dello scarica barile ma scaricassero gli incompetenti e i collusi che hanno fatto parte di quel sistema di potere. La speranza è che gli italiani, in primis i siciliani, smettano di cascare nei soliti trucchetti pre elettorali in continuazione. L'augurio è che costringano i partiti a rinnovarsi davvero e di conseguenza a dare un cambio radicale a questo Paese che non è fatto solo dal Parlamento nazionale ma anche da Comuni, Province e Regioni.

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