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Digitale | Gli italiani? Sempre più su internet (e sui social)

Secondo il rapporto WeAreSocial, sono ormai 35 milioni gli italiani sui social. In media, ci passiamo quasi 2 ore al giorno.

di Domenico Esposito

Non vi è dubbio che viviamo in un mondo in continua evoluzione. Per comprendere i cambiamenti che ogni giorno avvengono sotto i nostri occhi bisogna osservare attentamente le dinamiche che intercorrono nella società, anche – e soprattutto – sulla Rete. Un elemento determinante nell’interpretazione della rivoluzione mediale degli ultimi anni è l’analisi dei “mezzi” adoperati per comunicare e informarsi. E per comprendere queste trasformazioni è importante osservare gli effetti che tali strumenti creano nel “tessuto sociale”.

Il 14° Rapporto Censis-Ucsi 2017, che avevamo analizzato qui, ben evidenziava quali fossero i cambiamenti e le continuità nella dieta mediatica del nostro Paese negli ultimi 10 anni. Nel 2017, eravamo già nel pieno delle trasformazioni che la società stava attraversando ma la televisione si affermava ancora una volta come il mediummaggiormente utilizzato dagli italiani (92,2% degli utenti).

Il buon vecchio tubo catodico era riuscito infatti ad arginare la crescita impetuosa di internet, integrando i contenuti grazie al digitale. Di pari passo, la mobile TV aveva raddoppiato i suoi utilizzatori (22,1%). Diversa, invece, la sorte del cartaceo, che aveva perso il 30% dell’utenza. Il bilancio risultava invece positivo per la diffusione degli smartphone (+54% rispetto al 2009), mentre il grado di penetrazione della Rete si attestava al 75,2%. Nel complesso, possiamo asserire che le fonti off-line possedevano ancora un ruolo determinante nella dieta mediatica dei cittadini.

Tutti i numeri dei media

Secondo il Rapporto WeAreSocial 2019, recentemente pubblicato, nel 2018 sono 54,8 milioni gli utenti di internet in Italia, con una penetrazione del 92%: nel giro di un anno sono cresciuti di 11 milioni. Aumentano anche (+2,9%) gli utilizzatori di social media, con un grado di penetrazione del 59%.

Ad aiutare la comprensione degli effetti di questa trasformazione è l’analisi della formazione delle opinioni degli italiani oggi. Il report Infosfera 2018 raccontava chiaramente la tendenza sempre più diffusa degli utenti a costruirsi dei “palinsesti mediatici” su misura.

Infatti, da quel rapporto emergeva come fosse l’uso dei motori di ricerca la principale fonte di informazione, con il 69,3%; seguiti dai telegiornali (59,3%), dai siti web di informazione (52,8%) e dai quotidiani online (46,3%). Il 38,2% degli intervistati che aveva dichiarato di informarsi grazie ai contenuti postati dai propri contatti rappresentava già un segno evidente della progressiva orizzontalità di una comunicazione quasi priva di “filtri”.

È bene precisare come quattro dei dieci strumenti principali considerati appartenessero alla sfera offline, segno tangibile di quanto la Rete sia da un lato divenuta indispensabile per il processo di informazione e di formazione delle opinioni, ma dall’altro di come non abbia sostituito in toto le fonti tradizionali.

La crescente incidenza del Web emerge in modo evidente anche alla luce del tempo che spendiamo sui diversi media:
ognuno di noi utilizza questi strumenti mediamente per 6 ore e 4 minuti al giorno. Di queste, 1 ora e 51 minuto sono spesi sui social, quasi tre ore (2:57) sono riservate dalla tv in tutte le sue forme (Broadcast, streaming, video on demand), e una parte minoritaria ma comunque significativa (44 minuti) è assorbita dalla musica in streaming.

Il tempo speso sui media

Il modo in cui spendiamo il tempo connessi ci dice molto anche sulle diverse abitudini che si stanno radicando nel tessuto sociale: non si è più semplicemente spettatori passivi del flusso, come accadeva con i media tradizionali, ma si diviene protagonisti e attori della narrazione informativa, in opposizione al concetto di intermediazionetipico della dimensione comunicativa mainstream

Quali piattaforme social preferiscono gli italiani?

Se è vero che i social sono tra le fonti utilizzate per costruire le proprie opinioni, bisogna capire in che modo riescano a coinvolgere gran parte della popolazione. Oggi infatti sono 35 milioni gli italiani attivi sulle varia piattaforme: 3 su 4 partecipano attivamente e ben 31 milioni ne usufruiscono dai loro dispositivi mobili.

È interessante osservare come anche la nostra classe parlamentare ne faccia largo uso: e come, mentre i partiti “moderati”, PD e FI prediligano Twitter, il nuovo asse di Governo sembra preferire Facebook e, per la messaggistica, Telegram (come abbiamo scoperto in questo studio).

Tra tutte, la piattaforma social maggiormente utilizzata è YouTube, con l’87%, seguita da Facebook (84%). Piuttosto staccato rispetto alle due capoliste troviamo Instagram (55%) e, solo in quarta posizione, Twitter (32%). Non meno importante è il ruolo delle piattaforme di messaggistica, che in molti casi integrano e coadiuvano l’utilizzo dei social. Guida la classifica WhatsApp con l’84%, seguito da Facebook Messenger (54%) e Skype, più staccato con il 27%.

Quali segmenti di popolazione sono maggiormente attivi sulle diverse piattaforme social?

Facebook è uno dei social media più utilizzati in Italia, con ben 31 milioni di utenti attivi al mese. La fascia di età maggiormente presente è quella tra 36 e i 45 anni (21%). Anche se di poco, la piattaforma è più utilizzata dagli uomini (52%) che dalle donne.

19 milioni di persone sono invece attive, mensilmente, su Instagram (+36%). Il social delle foto piace di più alle donne, che rappresentano il 51% degli utilizzatori, mentre la fascia d’età più comune è quella tra i 19 e i 20 anni(20,6%).

Social: positivi o negativi?

Queste tre piattaforme sono l’emblema della trasversalità di questa nuova frontiera della comunicazione. Come abbiamo già scritto, questa gioca un ruolo importante nella percezione e nella formazione delle opinioni degli utenti.

Risulta interessante notare come il 47% degli italiani (secondo l’ultimo rapporto Censis) giudica positivo l’uso dei social network in politica. Si dividono tra chi li ritiene preziosi (16,8%) e chi invece “solo” utili (30,3%) in quanto accorciano le distanze tra l’universo politico e quello dei cittadini. Al polo opposto rinveniamo un 23,7% che li definisce inutili e il 29,2% che addirittura li ritiene dannosi.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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