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Di bolla in bolla. Instabilità atlantica, brasiliana, cinese

“La varicella sociale del XXI secolo” è un saggio che prende in esame le bolle finanziarie, la globalizzazione economica e le trasformazioni geopolitiche (Marsilio Editori, 2013).

 

I mercati sono sempre più volatili, ma “i prezzi delle stesse attività quotate nei vari mercati convergono verso il prezzo unico, con scarti temporali dipendenti dal fuso orario, spinti da una comunicazione in tempo reale, che ha poco a che fare con la situazione oggettiva delle aziende quotate. Di questi tempi in cui l’emotività prevale, lo “shortermismo” e la volatilità dei valori di borsa alimentano profitti facili ma anche sonore perdite” (Michele Bagella e Rosario Bonavoglia).

Inoltre le relazioni tra il dollaro e l’euro sono molto intime: “Non si può pensare che il dollaro uscirebbe indenne da una eventuale crisi dell’euro” (Bagella e Bonavoglia). In genere, “se una bolla si manifesta in un paese/settore c’è da aspettarsi che essa sia la conseguenza di un’altra bolla, manifestatasi da qualche altra parte” (p. 11).

La prima bolla si è sviluppata in America e “Si stima che la dimensione dell’attivo dei sei più importanti conglomerati bancari in Usa – Bank of America, JPMorgan, Citigroup, Wells Fargo, Golman Sachs, Morgan Stanley – corrisponda al 60 per cento del suo PIL” (Johnson e Kwak, 2010). L’indotto finanziario ha consentito al PIL degli Stati Uniti di crescere il 2,2 per cento nel 2012.

Non si può continuare in eterno a produrre denaro solo con il denaro. Il 5 marzo 2013 l’indice Dow Jones ha superato il livello raggiunto il 9 ottobre 2007 (il picco realizzato prima della grande crisi). Le borse sono drogate dalla finanza piramidale dei derivati e prima o poi il sistema dei derivati crollerà sotto il peso psicologico della paura e dell'incertezza del futuro, che non sono misurabili.

Oppure qualche politico cinese potrebbe decidere di diversificare meglio gli investimenti riducendo le riserve valutarie in dollari. La Cina ha già eliminato la mediazione del dollaro negli scambi con il Giappone, il Brasile e l'Argentina. Per ora il regime cinese sembra garantire la stabilità politica mondiale e la stabilità politica nazionale attraverso il soddisfacimento dei bisogni primari della popolazione, per dissuaderla dallo “scommettere sugli incerti esiti di dimostrazioni pro-democrazia” (New York Times, 11 aprile 2011).

Però sono scesi i prezzi degli immobili (a Pechino, Shenzhen e Shanghai), il sistema bancario cinese è sempre più in difficoltà nel recupero crediti, gli abusi degli usurai e le rivolte sono in crescita. Il potere politico si è accentrato: Xi Jinping è diventato Presidente della Repubblica Popolare, Presidente del Partito Comunista e capo dell’esercito.


Il PIL è in calo e nel 2012 è stato del 7,8 per cento, il tasso di crescita più basso dal 1999. Tra le note positive la più importante riguarda gli aumenti del salario medio, dal 15 al 20 per cento (Boston Consulting Group). Di questo passo diventa sempre più probabile il ritorno di molti investimenti manifatturieri in Europa e negli Stati Uniti. Infatti la produttività media dei lavoratori occidentali è di solito più alta di quella cinese.

Comunque “gli Stati Uniti producono nuove tecnologie, disponendo delle strutture di ricerca più avanzate del pianeta; la Cina dispone di una popolazione straripante all’origine della produzione low cost, il Brasile dispone di un vastissimo territorio, per produrre alimenti, minerali” e petrolio.

Il Brasile ha attivato delle politiche economiche in grado di ridurre il tasso disoccupazione al 5,3 per cento e di aumentare le retribuzioni del 57 per cento, dal 2003 al 2010. Però nel 2011 il PIL è aumentato del 2,7 per cento e nel 2012 è aumentato solo dello 0,9 per cento (a causa della crisi mondiale). Il Brasile è il più grande “paese del mondo con area coltivabile: possiede il 22 per cento delle terre coltivabili del mondo e solo il 17 per cento sono sfruttate.

La produttività del suolo è elevata (si arriva a tre raccolti di arance e a due di uva per anno!). Possiede il maggiore allevamento bovino del mondo con 170 milioni di capi. Inoltre il Brasile ha grandi giacimenti di minerali”: stagno primario, minerali di ferro, bauxite e nichel (Guilherme Leite Ribeiro, console generale di Milano).  

In definitiva si tratta di un libro che offre una panoramica della situazione economica americana e brasiliana e un approfondimento dell’impenetrabile economia cinese (un imprenditore straniero si deve trovare un socio cinese o si deve trovare un altro paese).

Michele Bagella insegna Economia monetaria e sistemi finanziari all’Università “Tor Vergata” di Roma. È stato visiting professor a New York, Rio de Janeiro, Hong Kong, Shangai, Pechino e Seul.

Rosario Bonavoglia ha insegnato Economia dello Sviluppo nelle Università “Ca’ Foscari” di Venezia e “Tor Vergata” di Roma. È stato delegato della Banca d’Italia a New York e Tokyo e direttore esecutivo nei Board della Banca Asiatica di Sviluppo (a Manila) e della Banca Mondiale (in USA).

Nota personale - Per capire che c’è la possibilità del collasso finanziario anglosassone e mondiale a breve o medio termine, potete guardare questa intervista all’economista americano Lyndon LaRouche (“Anatomia di un collasso”, è uscita su Rai Tre l’undici marzo 2013).

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.149) 21 marzo 2013 10:21
    Damiano Mazzotti

    Segnalo anche www.altrementifestival.org a Rimini, quasi sempre a ingresso libero. Da domani fino a domenica. Sabato alle 17.30 è previsto l’intervento dell’economista Nino Galloni e alle 21 quello del premio Nobel Dario Fo (che reciterà la parte del santo giullare Francesco). Ci saranno anche Silvano Agosti e Alberto Bagnai (economista, sabato ore 15).

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.247) 21 marzo 2013 16:48
    Damiano Mazzotti

    Se gli esseri umani fossero davvero esseri razionali non brucerebbero miliardi e miliardi di dollari, di euro ecc. nelle spese di guerra.

    Se i soldi spesi nelle armi, che non sono economicamente produttivi venissero investiti in centri culturali e centri di ricerca multietnici e multinazionali in ogni nazione e nelle grandi città, si aprirebbe un circolo economico virtuoso che alimenterà la creazione continua di posti di lavoro (i consumi culturali non riescono a saturare completamente i desideri delle persone e non inquinano).

     Se l’ONU facesse finanziare il reddito minimo di cittadinanza a livello mondiale avremmo risolti molti problemi legati alla criminalità e al terrorismo e il denaro immesso salverebbe i bilanci delle aziende e delle banche, che altrimenti sarebbero presto risucchiate in un buco nero finanziario di proporzioni più che bibliche o almeno paragonabili a un diluvio sociale universale.

  • Di (---.---.---.199) 22 marzo 2013 11:35

    L’intervista di LaRouche a Rai Tre citata (Anatomia di un collasso) è del 2003, ed allora LaRouche era l’unico economista al mondo a parlare di collasso del sistema finanziario e della bolla speculativa, oggi sono in molti ad imitarlo, e la sua proposta di ripristino della legge Glass-Steagall (Roosevelt 1933, separazione netta tra banche commerciali e banche d’affari togliendo ogni garanzia dello Stato agli speculatori) è stata ripresa da numerosi congressisti negli Stati Uniti e da svariati Parlamenti in Europa.

  • Di OLIVIER DORIA (---.---.---.210) 26 marzo 2013 04:30
    OLIVIER DORIA

    LA TEORIA DEL PREZZO UNICO PROPOSTA DAI COLLEGHI MI SEMBRA POCO CREDIBILE, A MENO CHE NON PENSINO CHE TUTTI I PREZZI CONVERGANO VERSO ZERO COME I PREZZI DELLE AZIONI BANCARIE ITALIANE O QUELLE BANCARIE INGLESI NEL 2008. PER QUANTO RIGUARDA IL CONCETTO CHE ’’IL DOLLARO AMERICANO NON RIMARREBBE INDENNE AD UNA CRISI DELL’EURO’’ SPERO CHE GLI AUTORI INTENDANO DIRE CHE SE L’EURO CROLLASSE IL DOLLARO SALIREBBE MOLTO, DICIAMO ANCHE IL 30-40 %. DATO CHE L’EURO E IL DOLLARO SONO INVERSAMENTE CORRELATI ED I FONDI EUROPEI CONFLUIREBBERO IN FRANCHI SVIZZERI, STERLINE E DOLLARI. SAREBBE ANCHE INTERESSANTE SPECIFICARE MEGLIO IL CONCETTO CHE UNA BOLLA SIA LA CONSEGUENZA O CAUSI UN’ALTRA BOLLA.PER ESEMPIO NEL CASO ATTUALE LA BOLLA DEI SUBPRIME HA CAUSATO UNA BOLLA DEI TITOLI DI STATO MONDIALI MA ANCHE UNA BOLLA IN BORSA, POICHE’ L’EMISSIONE INDISCRIMINATA DI TITOLI DI STATO MONDIALI HA CONSENTITO LA SOPRAVVIVENZA DI BANCHE ED ASSICURAZIONI CHE OGGI TRAINANO IL LISTINO AMERICANO INSIEME AL SETTORE FARMACEUTICO.

  • Di (---.---.---.43) 26 marzo 2013 09:15

    Se l’euro crollasse il dollaro potrebbe anche salire per un po’ di tempo, ma l’economia multinazionale americana crollerebbe insieme al crollo dell’economia reale europea.

     Difficilmente gli americani riuscirebbero a esportare nei paesi arabi, nei paesi africani, Russia, India, Cina e i mercati emergenti come il Brasile e l’America Latina.

     Pure le multinazionali andrebbero incontro a una crisi di liquidità e se dopo poco tempo crollasse pure il dollaro, a causa del panico pure le multinazionali potrebbero perdere quasi tutta la liquidità accomulata in questi decenni. Perderebbero di sicuro i valori azionari e molte non sarebbero in grado di ripagare le obbligazioni.

     Nel governo americano i pensatori machiavellici sono rari, in Italia non esistono proprio.

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