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Delitto d’onore: Sarween, l’ultima vittima nel Kurdistan iracheno

Sarween Nomadar studiava all’università Ishik di Erbil, aveva 21 anni ed era bellissima. Il 24 dicembre il suo assassino l’ha ferita con un colpo di coltello e poi le ha dato fuoco.

L’assassino, ancora a piede libero per quanto l’identità sia nota a tutti, è il padre. Ha compiuto l’ennesimo delitto d’onore, una piaga nel Kurdistan iracheno, perché sua figlia si era innamorata dell’uomo sbagliato.

I colleghi e le colleghe di studio di Sarween raccontano che il fidanzato aveva manifestato più volte il desiderio di presentarsi ai genitori della ragazza. Ma a loro non andava bene, pare per questioni di appartenenza tribale.

In assenza di dati ufficiali, le organizzazioni per i diritti umani e alcune parlamentari che si occupano di questo vergognoso fenomeno, ritengono che le donne (molte delle quali minorenni) uccise anche mediante lapidazione o spinte al suicidio dai loro familiari siano centinaia ogni anno. Secondo un’attivista per i diritti umani, dal 1991 al 2007 i casi sarebbero stati addirittura 12.000.

Nel 2008, la parlamentare curda Suzanne Shihab aveva denunciato che un’ondata di delitti d’onore aveva provocato 100 vittime in un solo mese.

Sebbene nel Kurdistan iracheno il delitto d’onore sia considerato reato, addirittura punibile con la pena di morte, nella maggior parte dei casi le famiglie riescono a evitare le indagini e l’attenzione dei media.

A oltre 10 anni dalla completa autonomia dall’Iraq, nella società curdo irachena la combinazione tra tribalismo, patriarcato e discriminazione continua ad alimentare un clima velenoso e mortale per le donne. Nel 2007, la storia d’amore tra una ragazza yazida e un ragazzo musulmano aveva dato luogo a una piccola guerra intercomunitaria.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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