Quindi secondo me devi fare il tuo lavoro di GIORNALISTA e fregartene di tessere e attestati. Senti, io faccio questo mestiere dal 2006. Ho alternato lavori retribuiti ad altri gratis (occhio, quelli gratis non valgono per l’iscrizione all’albo dei pubblicisti). Lavori per delle testate ad altri da freelance. Benché abbia tutte le carte in regola non ho mai aspirato alla tessera, e ti spiego il perché. Primo motivo: costa una barca di soldi tra tasse, marche da bollo, ecc ecc. Ti fornisce di un inutile tesserino che in teoria impone ai giornali di rispettare un tariffario. Tuttavia nessuno lo fa, o quasi nessuno... quindi quella tessera è solo un "attestato" da tenere nel portafogli che, praticamente, non porta nessun vantaggio. Secondo motivo, ma questo è personale: ho sempre dedicato a questo lavoro tutto il tempo e la passione necessari. Mi rompe che tutto questo impegno serva a dimostrare che, a "tempo perso", faccio il giornalista. Sto cavolo, non lo faccio a tempo perso, ma spesso per 12 ore al giorno e senza prendere un euro.
Spero vivamente che l’albo venga totalmente abolito. E spero, ancora di più, che si dedichi molto più tempo a trovare un modo per obbligare gli editori a pagare noi giovani e a non far chiudere i giornali più piccoli, ma indipendenti, per "mancanza di soldi".
Ha deciso lei di impiegare questo spazio per fare ironia sul sottoscritto. Poteva fare qualche critica sul merito della questione anziché consigliarmi di andare a fare il contadino. Non credo che interessi a nessun lettore la mia prospettiva professionale.
Visto che lei mi accusa di essere in "profondo conflitto di interessi" (questa poi è buffa: da quando simpatizzare per un partito politico è vietato?), le incollo di seguito quello che ho scritto sulla bacheca di paolo ferrero mercoledì alle 15 e 05 (così potrà verificare personalmente come la penso IO in merito):
riguardo
Liberazione: perché non spiegare chiaramente che 30 giornalisti sono
troppi? Chi li ha assunti? Perché sono così sproporzionati rispetto alla
mole di lavoro quotidiana? Cosa facevano in redazione 30 redattori? Se
il sistema clientelare, le assunzioni facili, l’uso del partito come
"ufficio di collocamento" non vengono scardinati è inutile piangere per
la chiusura del giornale. Oltre ai tagli all’editoria ci sono anche
altre responsabilità. E’ bene che emergano e che si sia trasparenti.
Per questo commento, sono stato bombardato di email da alcuni redattori di Liberazione. Una è la seguente:
"Scusa Falcioni mi hanno girato il tuo post che ci accusa di non so che
cosa... dunque c’è gente come me che è arriva a liberazione 15 anni fa
già con il tesserino da giornalista in tasca e con una esperienza in
quotidiani come Paese Sera e IL Messaggero. arrivati in redazione come
volontari e quindi lavoro nero per molti noi, poi contratto ai minimi
sindacali, come sempre... dei 30 che tu dici due sono direttore e
vicedirettore, altri 13 già a in cassintegrazione e fuori dal giornale
da quasi due anni. i superstiti in solidarietà al 50% e di questi tre al
sito, abbiamo fatto dalle 32 alle 24 pagine, inserti e speciali
compresi, a testa bassa senza rubare niente a nessuno. non ho capito
francamente a cosa e chi ti riferisci? Pensa che al libro paga di
Liberazione ci sono passati un sacco di funzionari del partito che non
hanno mai messo piede a Liberazione, mentre noi a testa bassa a
lavorare. Vorrei davvero capire da dove arriva questo tuo astio
denigratore".
Come vede nessun conflitto di interesse. Nell’intervista ad Antonini ho posto delle domande. La prima dice testualmente "è vero anche che un governo che taglia ovunque non poteva risparmiare proprio voi"; La penultima: "non credi che comunque una parte della responsabilità sia anche
del giornale e di chi l’ha diretto? All’epoca di Sansonetti si maturò un
debito di tre milioni di euro, parzialmente ripianato dal nuovo
direttore (Dino Greco)".
Riguardo il messaggio inviato a Grillo da un giornalista di Liberazione: gliel’ho inoltrato perché evidentemente non è vero quello che lei ha scritto. 2000 euro al mese per 14 mensilità.
Riguardo il Fatto Quotidiano: ha ragione, ha molti lettori e molti abbonati e si regge da solo, senza contributi. E’ un giornale che mi piace, ma non lo considero l’unico buon esempio di giornalismo presente in Italia. Sapesse quante inchieste coraggiosissime sono state fatte da freelance indipendenti, senza testate alle spalle e molto spesso gratis... lei li chiama dilettanti.
Ad ogni modo, se rilegge l’articolo si accorgerà che di mio ci sono l’introduzione e le domande. Le risposte che le mi mette in bocca in verità sono dell’intervistato (Francesco Antonini). Sa capire la sottile differenza? Riesce a vedere il carattere "bold" delle domande e quello normale delle risposte? Infine mi spieghi cosa c’entrano la mia passione per la tromba, simpatizzare per un partito e la campagna. Non ha nient’altro da dire? Ma forse se mi comunica come si chiama anche io potrò fare una ’rapida ricerca’ su internet e scoprire roba che è del tutto privata e ininfluente, raccontandola come fosse un difetto di cui vergognarsi.
sotto le incollo la risposta di un giornalista di liberazione a Beppe Grillo. Spero solo che serva a discutere del merito, e non di tromba, braccia rubate all’agricoltura e roba che non c’entra nulla.
L’INTERVENTO DI GRILLO
La fine del finanziamento pubblico ai giornali
"Il 2012 non sarà del tutto negativo. Porterà in dono anche la
chiusura di molti giornali finanziati con soldi pubblici, veri cani da
guardia dei partiti. Giornali che hanno attaccato il MoVimento 5 Stelle
prima ancora che esistesse o che, nel migliore dei casi, ne hanno
taciuto le iniziative. Il V2day del 2008 fu un atto di accusa contro la
disinformazione dei giornali assistiti e legati a filo doppio ai partiti
e venne chiesta l’abolizione dei finanziamenti pubblici. Tra le testate
che attaccò l’iniziativa, prima, dopo e durante, spiccò l’Unità. Ora è
in crisi, si metta sul mercato, si faccia pagare dai lettori come il
Fatto Quotidiano e, se non vende, chiuda i battenti. Se qualche
esponente del MoVimento 5 Stelle la pensa diversamente non è un
problema. Il Pdmenoelle lo accoglierà subito tra le sue braccia." Beppe Grillo
La risposta di Daniele Nalbone, giornalista di Liberazione:
Caro (nel senso di quanto costa seguire un suo spettacolo-comizio) sig. Beppe Grillo. Sono
un giornalista della casta: lavoro per Liberazione, sono precario da
sempre, ho 30 anni e presto la mia professione, quella di giornalista
pubblicista, sarà cancellata dalla faccia della terra. Il mio reddito
annuo è pari a (circa) 8mila euro. Credo nel giornalismo libero e
indipendente, sono stato tra i primi a scoperchiare le nefandezze dei
mondiali di nuoto del 2009, per primo ho raccontato su un quotidiano
italiano la vicenda di Niki Aprile Gatti e del maestro di Vallo della
Lucania Franco Mastrogiovanni, il primo “morto” di carcere, il secondo
“morto” di Trattamento Sanitario Obbligatorio. Potrei continuare, ma
questo è per farle capire che il merito di aver trattato tra i primi
questi temi non è mio, o soltanto mio, ma del quotidiano per il quale
collaborerò ancora per due giorni: Liberazione. Un quotidiano che
esiste da venti anni, per il quale hanno lavorato e lavorano decine di
professionisti, che non è tra i preferiti del mercato della pubblicità e
per questo ha bisogno, come ogni quotidiano indipendente d’Europa, del
finanziamento pubblico non per sopravvivere e basta, ma per continuare a
fare informazione. Leggendo quanto da lei scritto mente nella
redazione di Liberazione lavoratori dell’informazione sono costretti ad
occupare il proprio posto di lavoro per non finire letteralmente per
strada (fortuna che io abito ancora a casa di mamma...) non vedo nulla
di politico né di comico. Leggo solo il ’rosicamento’ di un personaggio
pieno di sé incazzato per il fatto che i giornali in generale avrebbero
attaccato il MoVimento 5 Stelle ancor prima che venisse fondato o che i
giornali in generale ne avrebbero taciuto le iniziative. Mi dispiace
constatare che lei – di riflesso o direttamente poco importa – con
questa parole attacca un giornale come Liberazione che ha sempre dato
spazio a questa iniziative. Le ha criticate, certo, ma le ha prima
raccontate. Dopo le amministrativa di un anno fa io stesso feci un
pezzo di resoconto sui risultati del MoVimento 5 Stelle chiudendo con
questa frase il mio pezzo: “Altro che antipolitica. La sensazione, tanto
sotto le due Torri che sotto la Mole, è quella di una vittoria molto
politica che viene da lontano: dalle regionali dello scorso anno, non
certo da facebook”. Dall’alto del suo conto in banca, le chiedo: chi
le dà il permesso di attaccare il lavoro – non le idee – con il quale
vivono migliaia di famiglie italiane e sopravvivono ancor più migliaia
di precari italiani? Lei parla di “libero mercato”, pontifica sul
fatto che un giornale dovrebbe vivere di copie vendute. Benissimo.
Repubblica, Corriere, Sole, etc. vivono di copie vendute oppure di
pubblicità e di contributi? La scuola pubblica italiana dovrebbe vivere
di rette pagate o di contributi pubblici? Il sistema di trasporto pubblico italiano dovrebbe vivere di biglietti venduti o di contributi pubblici? La sanità italiana dovrebbe vivere di ticket pagati o di contributi pubblici? Lei
crede nel diritto all’informazione o nel pluralismo dell’informazione
come crede nel diritto alla mobilità, alla salute, etc. o no? E
allora le parlo come lei parla ai suoi devoti: se la risposta è sì –
credo nel diritto all’informazione o nel pluralismo dell’informazione -
nessun problema: qualunque idiota continuerà a votarla. Se la
risposta è no – credo che l’informazione non sia un bene comune e quindi
debba essere il libero mercato a decidere della vita o della morte di
centinaia di testate - nessun problema: qualunque forza neofascista è
pronta ad accoglierla tra le sue braccia. E ora, dagli alla casta,
signor Grillo. Io, dal basso dei miei 8mila euro all’anno, sono qui che
la guardo, dall’alto dei suoi X milioni di euro l’anno. Alla prossima pontificata.
Ps. non ho volutamente riletto quanto scritto: troppa rabbia.
Correggendo, sarei molto meno democratico, quindi mi scuso per gli
errori che sicuramente ci saranno. Ma, si sa, noi pennivendoli manco
scrivere sappiamo.