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Dalla preparazione al golpe boliviano fino alla nomina come presidente ad interim della senatrice Anez

Continuano a essere giorni molto difficili in Bolivia dopo che l’accusa di brogli alle elezioni del 20 Ottobre hanno scaturito il golpe a danno dell’ormai ex presidente Evo Morales. Nei giorni successivi alle accuse si sono registrate numerose manifestazioni da parte dell’opposizione e della classe medio-borghese (la cosiddetta parte "bianca", come definita dai boliviani) nei confronti di Morales.

 In queste ore invece, stiamo assistendo a vere e proprie rivolte molto più violente da parte di migliaia di manifestanti anti-golpe. Ieri circa 20.000 indigeni erano in marcia verso La Paz.

La preparazione al golpe

Già dallo scorso luglio gli Stati Uniti hanno messo in atto una precisa strategia golpista che avrebbe previsto l’accusa di brogli durante i conteggi. La strategia dei media e dei social network, le numerose campagne di “fake news” verso il presidente, la manipolazione di alcuni settori strategici della società boliviana (universitari, medici, attivisti ambientali), avevano già originato un clima molto ostile verso Morales ancor prima delle elezioni. La corruzione di alti vertici militari molto vicini al presidente, ha rappresentato il perno principale per ribaltare il governo una volta sopraggiunta l’accusa di brogli. Da tutto questo l’opposizione ne è uscita molto rafforzata.

D’altro canto, le pressioni da parte dell’ambasciata USA verso l’autorità elettorale boliviana “TSE” (Tribunal Supremo Electoral), avrebbero avuto come obiettivo di segnalare presunte e infondate irregolarità durante lo spoglio.

La notte di chiusura delle urne

Dopo la articolata fase di manipolazione, tutto è iniziato nella stessa notte delle votazioni. Vari problemi logistici dovuti alla comunicazione del primo spoglio, hanno causato il blocco dei terminali di conteggio per circa per 23 ore.

Il sistema boliviano, attraverso il “TSE” prevedere la pubblicazione del risultato finale delle elezioni attraverso due conteggi. 

Il primo “quick count” è un sistema adottato da molti paesi latinoamericani per poter comunicare i primi risultati, seppur indicativi, ai media del Paese. Il secondo “official count” è quello che decreta i risultati ufficiali delle elezioni.

Dopo i risultati del primo conteggio, l’opposizione che ancora non si era sbilanciata, ha atteso la pubblicazione del report da parte dell’Organizzazione degli Stati Americani “OAS” (finanziata per metà dal governo degli Stati Uniti con l’obiettivo di essere un forum politico per assicurare la soluzione ai problemi politici e rinforzare le democrazie e i diritti dell’uomo, http://www.oas.org/en/). L’istituto dichiarava la scarsa autenticità del primo conteggio, non specificando però come questo avrebbe potuto influire sul risultato finale del secondo, trattandosi appunto di due spogli differenti.

In poche parole, il report sosteneva la presenza di alcune difformità riguardo i trend dei risultati del primo e secondo spoglio.

Successivamente al report dell’OAS, viene pubblicato anche quello del Center for Economic and Policy Research (CEPR) dove sostiene che l’accusa è totalmente di parte e infondata. Afferma l'inesistenza di qualsiasi tipo di difformità dei trend tra i due spogli.

Il CEPR sostiene che al primo conteggio erano stati presi in considerazione solo l’83.85% dei seggi e che il partito di Morales era in vantaggio di soli 7 punti percentuali sull’opposizione (ricordiamo che secondo il sistema elettorale Boliviano il presidente Morales sarebbe stato eletto con un distacco superiore di 10 punti) semplicemente perché non erano ancora stati conteggiati i voti delle zone rurali della Bolivia: aree geografiche con un forte consenso a favore del MAS. Come in tutte le ultime elezioni, lo spoglio per quelle aree avviene in un secondo momento a causa delle difficoltà logistiche e strutturali del territorio.

Inoltre, l'istituto dichiara che “nessun organismo ha dimostrato concretamente la presenza di brogli alle elezioni del 20 Ottobre. Sia il primo che secondo spoglio, non hanno mostrato cambi significanti nei trend di votazioni”, sottolineando che nessun dato dimostra come il blocco tra il primo e secondo conteggio abbia potuto alterare il risultato finale. (http://cepr.net/images/stories/reports/bolivia-elections-2019-11.pdf?v=2).

La conseguenza delle accuse

La pubblicazione dell’OAS, bensì non dimostrasse nessuna chiara evidenza di brogli, ha avuto una grossa influenza sui media boliviani e su tutta l’opinione pubblica. L’opposizione capitanata da Luis Fernando Camacho, grazie al supporto militare, ne ha approfittato mettendo in atto una vera e propria rivolta civico-poliziesca dirigendosi a Palazzo Quemado (sede della presidenza della repubblica boliviana) per rovesciare il governo presieduto da Morales.

La classe medio-borghese, che da anni è inasprita dalle politiche di Morales, accusa il presidente di non aver colmato in modo meritocratico le posizioni del nuovo potere da lui definito egualitario. Incolpa Morales di esser diventato sempre più “statista” e di aver favoreggiato l’ascesa delle classi contadine danneggiando quelli che prima facevano parte delle cosiddette “classi alte” del Paese. In sostanza sostiene che l’assolutismo sia sempre più presente negli alti ranghi della società boliviana.

Dopo le varie accuse internazionali e le continue proteste pianificate a tavolino, Morales dichiara la disponibilità per un nuovo conteggio anche con la supervisione dell’OAS e di un numero di governi esteri a garanzia. Carlos Mesa (l'altro candidato alle presidenziali) ha però pubblicamente rigettato la proposta manifestando di non accettare nessun tipo di doppio controllo deciso da una sola controparte in gioco.

A pochi giorni dalle continue rivolte e dopo numerosi feriti, Il capo delle forze armate ha velatamente imposto a Morales, in diretta tv, di lasciare la Presidenza e il Paese per “la pace e la stabilità della Bolivia”. Comunicava la mancanza di supporto da parte di tutto il corpo militare.

Morales lascia così la Bolivia rifugiandosi in Messico, dove riceve asilo politico dal governo di sinistra in carica. Ancora, dopo nomina come presidente ad interim della senatrice di opposizione Jeanine Anez del partito Unidad democratica, ha dichiarato la stessa essere “una autoproclamazione”, sostenendo il golpe come “il più subdolo e nefasto della storia".

Sotto il silenzio generale di tutte le principali potenze mondiali (Unione Europea compresa), Trump si è schierato a supporto dell'opposizione giudicando il golpe una "vittoria per la democrazia".

Da qui sono quindi partite tutte le violente rivolte anti-golpe a cui stiamo assistendo in queste ore. Rivolte che contano l'adesione di migliaia di manifestanti con numerosi morti e feriti annessi. Numeri che di certo non sorprendono visto l’alto consenso alle urne (47%) della popolazione boliviana nei confronti del presidente Evo Morales.

Foto di John Mounsey da Pixabay 

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