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Dagli "avvertimenti" di Grillo alla rivolta dei gilet gialli

Due notizie potrebbero monopolizzare il dibattito politico (ammesso che ci sia ancora qualcuno che ha voglia di dibattere).

La prima è, ovviamente, l’ipotesi sempre più chiara di una scissione dell’ala renziana del PD. Cosa di cui ho già parlato e che in molti danno ormai per scontata.

L’altra è l’ammissione – tutta da decifrare – di Beppe Grillo sul suo sito, che, dopo i consueti deliri fantasmagorici da “elevato”, ammette candidamente che nella politica italiana non si sa più dire “dove andiamo, che cosa facciamo e che cosa stiamo pensando”. Aspettiamo Godot, dice, ma un Godot che non arriverà; arriverà casomai una “macchina” che avrà prodotto Godot, che un giorno arriverà e si farà conoscere.

Le mosse renziane hanno già avuto l’effetto di far cadere la candidatura Minniti – trovatosi inopinatamente senza alcun supporto e quindi costretto alla resa prima ancora della battaglia – lasciando capire che il glorioso partito del centrosinistra che ha governato il paese per alcuni anni sia ormai arrivato al capolinea. Ne guadagnerà la chiarezza – qualcuno dovrà pur cominciare a pensare che cosa vuol dire essere un partito di “sinistra riformista” – ne perderà seccamente la capacità, peraltro già crollata ai minimi storici, di incidere sulla politica italiana.

D’altra parte se degli ex comunisti, senza più uno straccio di identità dopo la caduta del Muro, si sono accoppiati con gli ex democristiani che una loro identità culturale ce l’hanno sempre avuta chiara (avendola attinta da quella antropologico-religiosa di duemila anni) era logico che finisse così: gli ex democristiani hanno fatto polpette degli ingenui marxisti (ex, post o chiamateli come volete) senza più ideologie né idee. Che ricomincino da zero, non c'è altro da fare.

La fantasmagorica esternazione di Grillo è destinata a rimanere invece un messaggio criptato (oltre che mascherato) rivolto a chissà chi e chissà perché.

Se l’ammissione – "non sappiamo dove andiamo, cosa facciamo e cosa stiamo pensando" – è rivolta al suo stesso movimento, la sua uscita pubblica sembrerebbe confermare apertamente quello che molti pensano di fronte alla dilettantesca impreparazione dei suoi sbarbatelli che vanno collezionando una figuraccia dopo l’altra.

Dalle esternazioni di Laura Castelli – che fanno cadere le braccia anche a chi di economia sa solo conteggiare gli spiccioli per il tram – alle scempiaggini di un Toninelli (“Genova si riprenderà dopo mesi, al massimo dopo anni” è destinata a entrare nella top ten delle citazioni più ridicole quanto sconfortanti della storia) fino all'improbabile “navigator” di Luigi Di Maio - una specie di angelo custode dal sentore zoroastriano - il susseguirsi di cialtronerie dei politici Cinquestelle lascia esterefatto anche chi aveva immaginato da tempo che il Movimento avrebbe presentato un quadro a dir poco desolante.

Ma se è il garante stesso, l’Elevator, a confessare che non sanno più nemmeno che cosa pensare, la cosa va presa sul serio. È per questo – per la dichiarazione di resa per ammissione di un vuoto di pensiero politico - che comincia a ventilare l’arrivo (risolutore?) di una “macchina” che avrà prodotto quel Godot "che un giorno arriverà e si farà conoscere"?

Ma che vuol dire? Lui ammette alla fine di non aver capito nemmeno lui quello che aveva appena finito di dire, ma noi non riusciamo a credere che un animale da palcoscenico e da video come lui parli semplicemente “a vanvera”.

E quindi restiamo con il forte dubbio – molto forte – che abbia voluto mandare un segnale a chissachi. Fa venire qualche brivido quel Godot che la politica starebbe aspettando e che si paleserà solo dopo essere stato prodotto da una macchina (o intendeva dire una "macchinazione"?).

Tutto ciò si fa ancora più inquietante se si pensa che in Francia il governo parla apertamente di “rischio golpe” a proposito di una rivolta – quella dei gilet gialli – sempre più infiltrata dall’estrema destra (non a caso ne è entusiasta il solito Diego, vate del rossobrunismo italiota) che - secondo fonti dei servizi - invita a partecipare armati (sic) al prossimo exploit di sabato e che si sta saldando con un movimento studentesco ringalluzzito nella (pessima) replica del Sessantotto, a cinquant'anni esatti dall'originale.

«Il movimento è interessante da analizzare - scrive Toni Negri (uno che di pratiche insurrezionali se ne intende) - nei blocchi stradali che presto si sono estesi (...) il movimento si presenta coeso (...) Un movimento comunque “senza testa” (lo dicono gli avversari), vale a dire senza dirigenti, che si dichiara “né di destra né di sinistra”, che polemizza con la rappresentanza politica che considera in sé corrotta, e soprattutto si definisce anti-Macron. (...) Infiltrazioni di destra? È possibile. Bisogna sempre ricordare che in Francia movimenti analoghi hanno avuto a destra la loro primavera, come per esempio il poujadismo negli anni ’50. Ma non si deve esagerare – anche se è certo che gruppi estremisti di destra si muovono agevolmente nelle manifestazioni. Contatti con la sinistra? Non palesi al momento, anche se gli insoumis di Mélenchon hanno tentato l’intervento e la CGT ha ora aperto un contenzioso con il governo sulla massa salariale. Tuttavia, non sembra, al momento, che qualsiasi iniziativa di sinistra abbia la capacità di inserirsi e/o di dirigere il movimento. Inutile ripetere che in Francia il movimento anti-fiscale ha sempre avuto caratteristiche piuttosto di destra che di sinistra: il problema non è questo. È piuttosto che il ras-le-bol generale che è manifestato da questo movimento e dalla virtuale convergenza di lotte – anti-fiscali, ma anche attorno al welfare ospedaliero, al tema delle pensioni: problemi tutti aperti – e che comincia a configurarsi, scuote il paese dal basso all’alto (tra il 60 e l’80 % circa è favorevole ai gilets jaunes) (...) la convergenza delle lotte era stata ampiamente richiesta e cercata dai sindacati nei due lunghi periodi di lotta, prima sulla Loi Travail e poi attorno alla vertenza dei ferrovieri. Non era avvenuta. Si determinerà ora a destra? (...) La risposta comincerà ad apparire dopo il “quarto sabato”».

Così come comincerà ad apparire la reazione vera - presumibilmente dura - di un governo messo con le spalle al muro. Di cui si comincia a vedere la faccia feroce.

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.166) 7 dicembre 2018 12:46
    Damiano Mazzotti

    I seguaci di Grillo sono italiani pure loro, qualcuno abbastanza acculturato qualcuno no.

    Per capire meglio l’anima italiana una di queste sere prendetevi un’ora del vostro tempo prezioso e investitelo nelle buone conoscenze di Alessandro Barbero (che in molti temi è sempre un oratore magistrale e fenomenale:

    https://www.youtube.com/watch?v=EINRNjCYTXY

    Da Caporetto al Piave la nostra cultura burocratica acritica e servile ci perseguita...

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.166) 7 dicembre 2018 12:58
    Damiano Mazzotti

    Per quanto riguarda i francesi si sono stancati di pagare sempre più tasse per avere sempre meno servizi. La goccia sul carburante è stata straripante. E stavolta mi sa che non si arrenderanno. Il sistema dello schiavismo finanziario bancario paragovernativo stavolta rischierà grosso. Ma forse resisterà fino alla colossale crisi finanziaria che ci sta aspettando nel 2019. Tutta l’aria fritta che le banche stanno vendendo anche tra di loro farà un grande flop, dimostrerà l’assurdità dei derivati e del 90 per cento della matematica finanziaria che è stata inventata. Stavolta bisognerà lasciare che i grandi colossi finanziari falliscano interamente e lasciarli evaporare, con o senza nazionalizzazione. La loro moneta non varrà niente. E servirà un altro sistema monetario basato sulle delle garanzie energetiche, immobiliari, territoriali e agricole.

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