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  DOSSIER    Paolo Borsellino. Via d’Amelio
vent’anni dopo tra depistaggi e trattative




 INTERVISTA A NICOLA BIONDO 

Quel palazzo davanti Via D’Amelio e la relazione scomparsa


Nicola Biondo, il giornalista investigativo che con le sue inchieste ha dato una svolta alle nuove indagini sulla strage di Via D’Amelio, racconta ad AgoraVox i depistaggi e le trattative che sono seguiti all’attentato che ha ucciso Paolo Borsellino. E sullo scandalo Mancino-Napolitano dice: «La condotta del Quirinale è un abominio. I politici temono la verità sulle stragi.»
Leggi l'intervista

 IL RACCONTO DELLA STRAGE 

16.58, 19 Luglio 1992, Palermo, Italia

Paolo Borsellino rientrava sempre tardi da lavoro, il Palazzo di Giustizia di Palermo era la sua casa e la sua tomba. I passi svelti dei faccendieri, gli sguardi degli avvocati, il freddo dei marmi. Paolo era un uomo solo. Era stato lasciato solo. Sul fronte meridionale chi rimane solo è meno di uno.
Leggi il racconto di Francesco Piccinini

 ESCLUSIVO 

Documenti di Don Vito Ciancimino: “Fu deciso
di salvare Di Pietro e non Borsellino”

«Mancino e Rognoni non sono all’altezza della trattativa. Molti dei politici italiani che hanno pianto Falcone parlavano con Cosa nostra. Di Pietro era condannato con Borsellino ma qualcuno potrebbe avere voluto salvare». Lo avrebbe affermato, in due documenti dattiloscritti, l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino. Le carte sono state prodotte da Massimo Ciancimino e depositate agli atti del processo Mori dai pm Ingroia e Di Matteo. La polizia scientifica ritiene autentici i dattiloscritti, ma non le annotazioni a mano. Su questi documenti Ciancimino junior è stato interrogato al processo Mori.
Leggi l'articolo di Federico Pignalberi

INTERVISTA: Di Pietro: "Volevano uccidermi insieme a Borsellino"

GLI ALTRI DOCUMENTI: Don Vito ad Antonio Fazio: “il ‘regime’ armò la mano delle stragi”

LEGGI: Massimo Ciancimino, le intimidazioni e le indagini per calunnia

 ANALISI 

Perché lo stato e la mafia non “trattarono”
dopo Via D’Amelio

Il trattare fa parte di un costume, di una legittimazione reciproca. È uno scambio. Io ti dò questo e tu mi dai quest’altro. La mafia non è un organismo che tratta: impone le sue scelte con bombe, stragi ed omicidi sistematici. Si tratta di un filo unitario e coerente in cui si sono registrati fatti stragistici senza verità e senza giustizia come Portella della Ginestra, Piazza Fontana, Brescia, Treno Italicus e le stragi del ‘92. Tutti con un solo obiettivo: isolare la democrazia, sottoporre l’Italia a una libertà condizionata.
Leggi l'analisi di Giuseppe Casarrubea

 L’AGENDA SCOMPARSA 

Cassazione: “Agenda rossa mai stata in Via D’Amelio”
I familiari del giudice: “Incriminateci”

Nelle motivazioni della sentenza con cui la Cassazione ha prosciolto il colonnello Arcangioli dall'accusa di "furto pluriaggravato" per aver rubato e fatto sparire l'agenda rossa di Paolo Borsellino, in cui il magistrato annotava i dettagli delle sue indagini, subito dopo la strage, si legge che non ci sono abbastanza prove per affermare che l'agenda fosse nella borsa del giudice. Ma i familiari lo confermano. Salvatore Borsellino ad AgoraVox: «Allora incriminate la moglie e i familiari per aver testimoniato il falso, dichiarando che Paolo l’agenda l’aveva messa nella sua borsa prima di uscire. Incriminateci per averla rubata noi!» Leggi l'articolo di Laura Meloni

 VIDEO 

Paolo Borsellino, l’intervista nascosta

Un'intervista che dura quasi un'ora. Una delle ultime del magistrato. Paolo Borsellino la rilasciò a due giornalisti dell'emittente francese Canal Plus, Fabrizio Calvi e Jean Pierre Moscardo, il 21 maggio 1992: due giorni prima della strage di Capaci e 59 giorni prima di quella di Via D’Amelio. Nella versione integrale dell'intervista, il giudice parla di mafia e appalti, dei rapporti di Berlusconi e Dell'Utri con Vittorio Mangano e Cosa nostra. Parla di indagini per mafia a carico di Dell'Utri già nel 1992. È stato anche per via di questa intervista, sostiene la sentenza definitiva del processo Borsellino bis, che Riina ha deciso di accelerare i tempi dell'attentato a Borsellino, per evitare «che in base agli enunciati e ai propositi impliciti di quell’intervista potesse prodursi un qualche irreversibile intervento di tipo giudiziario» che potesse compromettere «gli interessi di persone che intendeva ‘garantire per ora e per il futuro’». Tradotto in nomi e congomi: Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi. Guarda il video completo dell'intervista

 L’ALTRA TRATTATIVA 

Dell’Utri: tutti i contatti con la mafia dopo il ‘92

La Cassazione ha confermato l'assoluzione di Dell'Utri per le accuse di collusione mafiosa durante la stagione politica, che è dunque diventata definitiva. Secondo la Corte d’appello, nella parte della sentenza confermata dalla Cassazione, “mancano per il periodo successivo al 1992 prove inequivoche e certe di concrete e consapevoli condotte di contributo materiale ascrivibili a Marcello Dell’Utri aventi rilevanza causale in ordine al rafforzamento dell’organizzazione criminosa”. Per questo motivo il senatore è stato assolto in via definitiva dalle accuse che gli venivano contestate per il periodo successivo al 1992. Ma non tutti i rapporti del senatore con la criminalità organizzata sono documentati negli atti del processo, e molti altri sono stati minimizzati dai giudici. AgoraVox ha ricostruito, sulla base dei documenti di diversi procedimenti giudiziari, la cronistoria dei contatti oggettivi del senatore berlusconiano con le mafie dal 1992 al 2007. Leggi l'articolo di Federico Pignalberi

LA CASSAZIONE: “Nessun patto tra Forza Italia e la mafia”. Perché Dell’Utri è stato assolto 

LEGGI ANCHE: Indagini, atti e sentenze. Cosa c'entrano con le stragi Dell'Utri e Berlusconi

 LA SCORTA 

I ragazzi della scorta di Borsellino

Sono passati 20 anni dalla strage di via d’Amelio a Palermo nella quale persero la vita Paolo Borsellino e cinque dei sei membri della sua scorta: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli. Ricordiamo anche loro.
Leggi l'articolo di Giuseppe Ottaviano

 LA LETTERA DELLA MOGLIE 

“Cosa mi ha lasciato mio marito Paolo Borsellino”

«Hai lasciato una bella eredità, oggi raccolta dai ragazzi di tutta Italia; ho idealmente adottato tanti altri figli, uniti nel tuo ricordo dal nord al sud. Desidero ricordare: sei stato un padre e un marito meraviglioso, sei stato un fedele, sì un fedelissimo servitore dello Stato, un modello esemplare di cittadino italiano. Resti per noi un grande uomo perché, dinnanzi alla morte annunciata, hai donato senza il bene più grande, la vita, sicuro di redimere con la tua morte chi aveva perduto la dignità di uomo e di scuotere le coscienze.»
Leggi la lettera di Agnese Borsellino

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