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Crocetta: la mafia sta agendo "selettivamente"

La DDA di Caltanissetta ha sventato un attentato contro l’ex sindaco di Gela e attuale eurodeputato del Partito Democratico Rosario Crocetta.

E’ dal carcere che è partito l’ordine per uccidere il politico siciliano, da anni nel mirino della mafia e protetto da una scorta. Durante la notte sono stati notificate in carcere cinque ordinanze di custodia cautelare a esponenti di spicco della mafia di Gela, appartenenti al clan Emanuello, già reclusi per altri reati, i quali sono: Francesco Vella, di 35 anni; Nicola Casciana, di 56; Massimo Carmelo Billizzi, di 34 ; Paolo Portelli, di 41; Domenico Vullo, di 34 anni.
 
L’operazione, denominata “Extrema ratio”, vede iscritti nel registro degli indagati, e raggiunti da quattro avvisi di garanzia, Emanuele Argenti (di Guido), Salvatore, Alessandro Gambuto, Emanuele Bassora, anch’essi gelesi e in stato detentivo.
Accanto a Rosario Crocetta nel mirino degli attentatori vi era anche la cugina del giudice Giambattista Tona del tribunale di Caltanissetta, vicedirettore di banca a Mussomeli, scambiata per la sorella del gip a causa della somiglianza tra le due.
 
Le indagini erano partite nell’agosto scorso in seguito ad una lettera che un detenuto ha fatto pervenire agli inquirenti e in cui affermava che il clan volevano lanciare un avviso molto pesante al giudice Tona per il suo essere stato troppo rigido col clan Emanuello, anche perché il magistrato, in qualità di Gup in sede di giudizio abbreviato, sta seguendo con l’impegno professionale che gli è proprio, una fetta importante del processo «Genesis» a carico di tutto il “gruppo di fuoco” del clan Emmanuello, del perodo della faida ’88-’92, compresi Davide e Alessandro Emmanuello, fratelli del boss.
 
Gli inquirenti si sono avvalsi della collaborazione di un pentito appartenente al clan degli attentatori di Crocetta e della cugina di Tona, Crocifisso Smorta, e del contributo dell’autore che aveva dato il via all’inchiesta, un detenuto nisseno detenuto in varie carceri tra cui quello di Agrigento, in cui ha avuto rapporti con mafiosi gelesi e ricevuto confidenze. Emanuele Argenti gli avrebbe chiesto di comunicare a Francesco Vella che “la ’cosa’ (il duplice agguato secondo gli inquirenti, n.d.r.) poteva essere fatta a partire dal 20 gennaio 2010”. E’ grazie quindi anche alle intercettazioni ambientali che si è potuto scoprire che da oggi ogni giorno sarebbe potuto essere quello giusto per togliere di mezzo due persone, una perché scomoda e un’altra per errore.
 
Ed è proprio Crocifisso Smorta a parlare particolarmente dei progetti di attentato nei confronti di Crocetta, detestato dal clan Emanuello. “Il livore che gli Emmanuello, soprattutto il boss Daniele, manifestava nei confronti di Crocetta, era motivato dalla attività antimafia svolta puntigliosamente dal sindaco nel corso degli anni oltre che da questioni personali”, ha spiegato Smorta.
 
Quand’era sindaco di Gela, Crocetta aveva infatti fatto licenziare la moglie del boss, Virginia Di Fede, inserita nelle liste del reddito minimo del comune e aveva respinto la domanda per la casa popolare alla famiglia Emanuello.
 
Abbiamo posto qualche domanda a Rosario Crocetta, che nonostante la condizione di semilibertà in cui è costretto a vivere perché onesto e coraggioso, mostra di credere profondamente in questo Stato e nelle sue Istituzioni.
 
Come sta?
 
Bene, bene.
 
Cosa ne pensa dell’operazione fatta stamattina dalla DDA?
 
Intanto penso che c’è una grande attenzione della magistratura e delle forze di polizia. C’è infatti una grande concentrazione in questo momento, soprattutto da parte della procura di Caltanissetta, tra l’altro coinvolta in un progetto che è terribile, cioè il progetto di attentato al procuratore Lari, ma anche del procuratore Gozzo e dei pm palermitani che insieme a Lari e a Gozzo sono alla ricerca della verità sulle stragi del ’92, il giudice Paci e il giudice Ingroia. E quindi sicuramente dimostrano la serietà con cui gli uomini della magistratura e delle forze di polizia stanno affrontando il tema della battaglia contro la mafia. Certo viene fuori un quadro terribile perché oggi viene minacciato un altro magistrato, è il giudice Tona, che viene considerato un altro giudice che combatte i mafiosi, coraggioso, e rivela probabilmente la strategia di Cosa Nostra, che cerca di alzare il tiro nei confronti di quelle che sono personalità abbastanza scomode.
 
Si parla in questi giorni proprio del rischio concreto del ritorno ad una strategia stragista. Qual è la sua opinione?
 
Io non penso ad un ritorna stragista penso invece che loro stiano quasi agendo selettivamente perché gli obiettivi vengono selezionati con molta cura e molta attenzione. Colpire persone che in qualche modo nuociono o hanno nuociuto all’organizzazionecon molta determinazione. I segnali in Calabria forse sono altri tipi di segnali, ma qui in Sicilia i segnali sono ad obiettivi mirati.
 
Lei aveva licenziato da dipendente del Comune la moglie di Daniele Emanuello e aveva respinto la domanda per la casa popolare dei genitori. Come mai a parte questi fatti, tutto questo astio nei suoi confronti?
 
Intanto penso per l’azione di contrasto che ho fatto nei confronti della mafia, durante il periodo che sono stato sindaco ma ancora oggi, nella mia battaglia al parlamento europeo e non solo, nella società, per sconfiggere la mafia. Però è evidente anche nelle revoche degli appalti alle amministrazioni mafiose, il licenziamento di persone legate alla criminalità organizzata, in questo caso anche la moglie di Emanuello che non aveva nessun titolo per accedere a una misura che spettava ai poveri, e non alla moglie del boss. E quindi è chiaro che queste cose hanno aggiunto poi un elemento anche di odio personale che è molto feroce poi non solo da parte del clan Emanuello ma da parte di tutte le cosche.
 
Come vede il Partito Democratico e le sue candidature dal punto di vista della lotta alla mafia?
 
Penso che il Partito democratico in questo campo abbia fatto delle scelte che gli altri non hanno fatto in Sicilia. In Sicilia siamo stati candidati io e Rita Borsellino e siamo stati eletti. Quindi mi sembra che il Pd sia uno dei partiti che dà più attenzione alla questione della lotta alla mafia rispetto ad altre formazioni politiche.
 
E per le candidature alle regionali che pensa?
 
Alle regionali io spero che si possa mettere la questione morale al centro dell’iniziativa politica con persone che diano il senso di un rinnovamento della politica e di un rinnovamento morale.
 
Ieri il procuratore Ingroia ha espresso la sua preoccupazione anche per la sicurezza delle scorte. Lei cosa ci dice a questo proposito?
 
Sicuramente i poliziotti di scorta rischiano come noi, anche loro vanno tutelati, anche loro vanno trattati meglio, anche economicamente, anche con ritmi meno stressanti di quelli che fanno attualmente e quindi è chiaro che bisogna dare un’attenzione notevole. Nel caso mio c’è un altro problema, perché io sono mentre sono protetto in Italia e al Parlamento europeo a Strasburgo, non son protetto invece nel Belgio e quindi in ogni momento le cosche potrebbero colpire in Belgio.
 
Si sente protetto dallo Stato?
 
Beh, abbastanza, perché lo Stato mi è stato sempre vicino, mi è stata vicina la magistratura, mi sono state vicine le forze dell’ordine, mi è stata vicina la società.

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