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Cosa pensano gli israeliani della guerra contro Gaza

Cosa pensano i cittadini di Israele dell'operazione Margine Protettivo e di quanto sta succedendo nella striscia di Gaza? Mentre la comunità internazionale si divide tra gli strenui sostenitori dello Stato Ebraico e quanti lo accusano di massacrare impunemente i civili palestinesi, un istituto di ricerca israeliano ha pubblicato, lo scorso 29 luglio, una rilevazione condotta su un campione rappresentativo della popolazione, per sondare l'opinione pubblica in relazione all'offensiva militare in corso.

L'Israel Democracy Institute, si legge nel sito dell'organizzazione, è "un think thank che agisce in maniera imparziale per rafforzare le fondamenta democratiche di Israele", attraverso la promozione del dialogo e la realizzazione di analisi e ricerche su argomenti “cruciali per il futuro democratico” del paese.

Nell'ambito del loro report annuale, il Peace Index, l'IDI ha condotto un sondaggio di opinione in tre fasi, su un totale di 647 adulti, chiedendo di esprimere una valutazione su diversi aspetti dell'operazione militare in corso.

Come sempre, in questi casi, occorre essere prudenti circa l'affidabilità dei risultati emersi, ma la tendenza generale sembra inequivocabile. Secondo i dati diffusi, solo il 4% degli israeliani pensa che l'esercito abbia fatto ricorso ad un uso eccessivo della forza e il 95% difende la liceità dell'operazione in atto. Peraltro, la metà di questi ha dichiarato di ritenere insufficiente la potenza di fuoco messa in campo dalle forze di difesa israeliane.

Dai dati emerge anche il supporto pressoché incondizionato di cui godono, nella fase attuale, il governo nazionale, le amministrazioni locali e il comando delle forze armate, con indici di gradimento sempre superiori al 80%.

Qual è invece la posizione degli israeliani su un eventuale cessate-il-fuoco? Di fronte alla prospettiva di uno stop unilaterale all'operazione di 48 ore, deciso dal governo di Gerusalemme, circa l'80% dei tre campioni interpellati ha espresso la propria contrarietà. Un 60% ha invece espresso parere positivo rispetto a un eventuale cessate-il-fuoco, ma solo nel caso in cui si riesca a raggiungere un accordo preliminare con il nemico, su basi concrete e con prospettive durevoli. Ma solo l'8, il 16 e il 30 per cento degli intervistati, nelle tre fasi della ricerca, credono che tale eventualità possa davvero realizzarsi e che si possa arrivare a una tregua di lungo periodo.

Il risultato del sondaggio non lascerebbe molte speranze a chi cerca una soluzione diplomatica che possa risparmiare ai civili palestinesi ulteriori insostenibili sofferenze. L'opinione pubblica ebraica sostiene l'esercito senza se e senza ma e apparentemente non viene condizionata dalla progressione quotidiana del numero delle vittime innocenti. Lo conferma anche una seconda indagine, pubblicata il 27 di luglio e condotta su un campione rappresentativo di 504 israeliani adulti. Il 71 % degli israeliani, dicono i dati, non si ritiene ancora soddisfatto dei risultati raggiunti dall'esercito nella Striscia. Quello che vogliono è una vittoria definitiva ed inequivocabile. Un eventuale cessate-il-fuoco, ha commentato la sondaggista Mina Tzemach, farebbe perdere a Netanyahu il gradimento di cui ha goduto fino ad ora. “Questo è un test per la sua leadership”, ha aggiunto.

Le drammatiche testimonianze, i video e le foto che continuano a trapelare dalla Striscia di Gaza martoriata dai bombardamenti e dai colpi di artiglieria non incrinano le certezze dell'opinione pubblica dello Stato Ebraico. Anzi, l'IDF rappresenta sempre di più il simbolo venerato dello spirito militarista di un popolo perennemente in guerra che insegue, con ogni mezzo, la chimera della sicurezza e l'ideale della propria forza. Per capirlo, basta dare un'occhiata all'account Facebook delle Forze di Difesa Israeliane. La pagina ufficiale dell'IDF può contare su ben 1 milione e centottantamila fan (non tutti israeliani, ovviamente, anche perché la pagina è in inglese), ma anche le pagine non ufficiali di sostegno all'esercito e all'offensiva di terra fanno registrare numeri sempre più consistenti. 

Il sostegno più entusiasta arriva dalle animatrici della profilo Standing with IDF, che con ardente partecipazione postano foto delle proprie nudità, i corpi pitturati con i colori e le sigle delle Forze di Difesa. La pagina conta 30.000 fan, ma qui il successo potrebbe non dipendere solo dalle posizioni filo-israeliane dei frequentatori.

Commenti all'articolo

  • Di Persio Flacco (---.---.---.49) 2 agosto 2014 10:57

    Purtroppo non è la prima volta che una elite antidemocratica, manipolando l’opinione pubblica, riesce ad impadronirsi di un regime democratico.

    La ossessiva demonizzazione di Hamas, che peraltro è una creatura del regime israeliano, ha dato i suoi frutti: gli israeliani vorrebbero che fosse debellata definitivamente, vorrebbero liberarsi da questo incubo, continuamente evocato dal regime, che tiene sempre vive le loro paure più profonde: la negazione del loro diritto ad esistere come padroni di se stessi, il timore di essere colpiti senza motivo in ogni istante dell’esistenza per il solo fatto di essere ebrei.

    Naturalmente il regime israeliano si guarderà bene dallo sgominare Hamas. 

    Invece approfitterà del consenso che riceve per infliggere alla popolazione palestinese l’ennesima punizione collettiva;
    per affermare di nuovo, e con la chiarezza più brutale, che essa è completamente nelle sue mani e che nessuno al mondo può aiutarla;
    per dichiarare al mondo, con la stessa brutale chiarezza, che nessuno può far nulla per fermarlo, e che il resto del mondo deve rassegnarsi a prendere atto che dei suoi valori umanitari o di legalità il regime israeliano se ne infischia;
    infine per avvezzare l’opinione pubblica israeliana ad accettare il metodo della punizione collettiva dei palestinesi e della negazione dei loro diritti fondamentali.

    Questo affinché gli ebrei israeliani, dalla paura che giustifica il massacro di Gaza, passino gradualmente a considerare l’uso della forza contro i palestinesi come un loro diritto in quanto ebrei.

    Torna alla memoria la formidabile intervista di Amos Oz a Sharon, poi disconosciuta da quest’ultimo.

    Nell’intervista era dichiarato con grande chiarezza il programma dell’elite: fare degli ebrei un popolo duro, forte, al quale nessuno deve dire cosa fare e cosa non fare. E questo costringendolo a schiacciare i suoi nemici senza pietà e senza farsi distogliere da nessuna remora morale.

    Il programma va avanti.

  • Di Jean-Paul Malfatti (---.---.---.172) 4 agosto 2014 09:14
    Jean-Paul Malfatti

    Richard Cohen DIXIT: Il più grande errore che Israele possa compiere al momento è di dimenticare che Israele stesso è un errore. È un errore onesto, un errore frutto di buone intenzioni, un errore per il quale nessuno è colpevole, ma l’idea di creare una nazione di ebrei europei in un’area di arabi musulmani (e di alcuni cristiani) ha prodotto un secolo di guerra e terrorismo della specie che stiamo ora osservando.

    Nota: Richard Cohen, giornalista statunitense.



    Zeev Sternhell DIXIT: Quanto alla richiesta reiterata più volte dal premier Benjamin Netanyahu al presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas (Abu Mazen) di riconoscere Israele come Stato ebraico, Sternhell annota: «Avanzare questa richiesta significa pretendere che i palestinesi ammettano la loro sconfitta storica e riconoscano la proprietà esclusiva degli ebrei del Paese. Ciò che si chiede loro è rinnegare la loro identità nazionale, accettando una resa storico-culturale prim’ancora che politica».

    Nota: Professor Zeev Sternhell, 79 anni, il più autorevole storico "israeliano".

    Biografia: http://tinyurl.com/SternhellZeev



    Jean Paul Malfatti DIXIT: In ogni ecatombe ognuno cerca di giustificare la sua sete di sangue e la sua voglia di massacro di fronte agli altri esibendo scuse e pretesti vacui ma che appaiono validi e forti ai suoi occhi.

    Fonte: http://tinyurl.com/AP250714

    • Di Persio Flacco (---.---.---.49) 6 agosto 2014 19:54

      << Il più grande errore che Israele possa compiere al momento è di dimenticare che Israele stesso è un errore.[...] l’idea di creare una nazione di ebrei europei in un’area di arabi musulmani ha prodotto un secolo di guerra e terrorismo >>

      Non è stato un errore. Dopo le guerre, il sangue versato, le ingiustizie subite e inflitte, si era aperta la possibilità di integrare Israele tra le genti che lo circondano in un contesto costruttivo di reciproca tolleranza.
      L’iniziativa di pace della Lega Araba è stata presentata nel 2002: ben dodici anni orsono. Con quella iniziativa i paesi arabi, salvo le obiezioni mosse da uno di essi, hanno offerto ad Israele la possibilità del riconoscimento in cambio di un accordo definitivo che comprendesse l’istituzione di uno stato palestinese e una seria trattativa sui profughi.

      Se quella proposta fosse stata accettata, ora Israele vivrebbe in pace e sicurezza, e i suoi rapporti con le genti arabo islamiche potrebbero essere diventati reciprocamente utili. Invece non è stata nemmeno presa in considerazione.

      L’errore non è stato fondare Israele in Palestina, l’errore è stato lasciare la sua leadership ideologica e politica alla setta di fanatici zeloti che si fanno chiamare "sionisti". Temo che riusciranno, di nuovo, a provocarne la rovina.

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