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Cosa dirà la gente, di Iram Haq

Un tema facile da capire e chiaramente esposto dalla regista-sceneggiatrice pachistana Iram Haq, che vive all'estero e che ha vissuto direttamente la brutta esperienza della protagonista Nisha (Maria Mozdah) quella di essere riportata in Pakistan dall'”amorevole” padre Mirza (Adil Hussain), dalla Norvegia dove la famiglia vive, ed essere affidata alla nonna e alla zia perché la proteggano e la allevino in modo pachistano. Nello Stato europeo la ragazza si stava prendendo certe libertà, quelle che sono “innocenti evasioni” di ogni ragazzo occidentale. Nella realtà, e proprio nell'italianissima Brescia, è accaduto che per il “voler vivere all'occidentale” e scegliersi il fidanzato che voleva, una ragazza sia stata uccisa dal padre e dal fratello. Così non succederà nel film, il papà dopo tanto si accorge di essere vittima delle sue credenze, e qui avviene una delle scene meglio interpretate: il papà che porta la figlia a suicidarsi (x far sparire la pietra dello scandalo) ed ha come un risveglio, un soprassalto di coscienza mentre la ragazza è incredula che il padre giunga a farle del male: portare alla morte la figlia preferita per le credenze o convinzioni ataviche che professa la comunità immigrata nella quale la famiglia dopo anni continua a vivere, gli stessi modi di ritrovarsi, gli stessi discorsi tra tradizione e progresso che si dicono nei ritrovi monoetnici (che chi ha vissuto l'emigrazione conosce bene).

Frasi o affermazioni raccolte dal film dicono, e da esse deriva la chiara esposizione del tema: certe cose non si fanno davanti agli altri, per una ragazza è volgare ballare, tu (la figlia) mi devi aiutare in cucina, una ragazza che si sposa avrà tanto da fare con la casa e con i figli (piuttosto che studiare), le decisioni importanti le prendiamo tutti insieme (ma si tratta di decisioni che i genitori o i maschi in genere prendono sulla vita delle figlie femmine, la donna come preda o creatura in libertà vigilata), non possiamo più farci vedere da nessuno, nessuno ci invita più, ti sei permessa di vivere come questi idioti occidentali, “atti gravissimi” che hanno conseguenze sulla famiglia, la perdita di dignità, l'influenza (deleteria) su altri ragazzi della comunità pachistana, dopo tutto quello che ho fatto per te, voglio quello che è meglio per te (solitamente detto dal genitore), la buona (e presunta) reputazione l'onorabilità.



E' facile immaginare – e nel film succede – come da questi divieti e condizionamenti nascano poi i sotterfugi e le bugie non rari nelle società ancora “oscurantiste”, spesso le più corrotte. Il film mi ha fatto pensare per associazione di idee al recenteIl prigioniero coreano: in esso sono mostrati, in modo esplicito ed esagerato, le ferree norme statali in Corea del Nord e il tornaconto mediatico della antagonista Corea del Sud, in questo invece i modi di fare del privato, derivanti da un pensare comune. Ma tutto viene da tradizioni, da regole imposte da Stati o da religioni (organizzate a uso e consumo dei potenti). Con tutti i mezzi tecnologici di cui le società oggi dispongono è facile vedere quanto è labile il confine tra un vivere nell'oscurantismo oppure in società liberali, dove si tengono in prim'ordine i diritti della persona, quanto è sottile quel confine imposto tra le culture.

Lo stato spesso decrepito di un piccolo centro pachistano (nel film la ragazza che vi è stata riportata si trova a 300 km da un aeroporto, a una scoraggiante distanza dal mondo norvegese dov'era cresciuta), lo scarso sviluppo di tanti luoghi del mondo, non si possono non mettere in relazione a quei modi di pensare, alle ottuse regole imposte da qualcuno che per sé stesso le rende elastiche (per osservazioni sperimentate penserei all'Iran, un paese a caso).

Quel viaggio a ritroso nel mondo e “nel tempo” (o nello sviluppo) per Nisha ormai norvegese è stato come sprofondare in un medioevo inquietante, inquietante come è già la colonna sonora iniziale che sicuramente annuncia tempi bui per lei, mentre corre a casa entro l'ora prescrittale per farsi trovare a letto dal papà che tutto sorveglia. Tenero questo padre, e dà speranza, quando alla fine la lascia fuggire dalla casa di famiglia in Norvegia, dov'è stata riportata, e dove assistenti sociali si prenderanno cura di lei. Benvenuti nelle società più libere!

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