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Cos’è davvero una cooperativa sociale?

In un momento in cui le cooperative sociali sono arrivate alla ribalta delle cronache giornalistiche a causa di truffe ed illeciti, ecco un articolo che cerca di descriverne gli elementi salienti.

Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità, la promozione umana e l’integrazione sociale dei cittadini. Questa la definizione contenuta nella legge 381 che, nel lontano 1991, ha regolamentato per la prima volta il mondo delle cooperative sociali, individuandone le caratteristiche e delineandone i contorni.

Ma essere cooperativa sociale non è solo questo, è molto di più. Proviamo ad andare con ordine.
In primis una vera cooperativa sociale nasce da un’idea, da un progetto, da una semplice intuizione. A differenza di una ditta individuale, però, la cooperativa sociale per nascere necessita di una condivisione, già nella prima fase embrionale: l’idea di base, infatti, non può essere egoisticamente conservata nella mente da chi l’ha pensata ma deve essere donata ad un gruppo di persone, libero di accettarla così com’è, rifiutarla o cambiarla.

Un passaggio logico che nella vita di tutti i giorni non è però così scontato come si possa credere. E’ sempre più diffuso infatti un altro principio: una cooperativa nasce non perché ci sia un’idea di fondo ma solamente perché questo o quel bando, sponsor, etc mettono a disposizione dei fondi per partire e ne delineano quelli che devono essere i fondamenti istitutivi. Che differenza c’è, direte voi? Beh, sostanziale. Se un soggetto imprenditoriale che per definizione normativa nasce per perseguire l’interesse generale della comunità nasce intorno ad un’idea o intorno ad un finanziamento la differenza è enorme. Cambia la convinzione di chi è protagonista di quel progetto, cambia la facilità con cui si possono raggiungere dei traguardi e cambia anche la libertà con cui un’idea può concretizzarsi.

Ma questo aspetto accomuna tutte le tipologie di cooperativa ed in generale di impresa, cos’è che rende sociale quindi una cooperativa? Ci sono diversi elementi: il primo, anche questo contenuto nella legge 381/91, prevede che la base sociale di una cooperativa sociale debba avere almeno il 30% di soci svantaggiati. E chi sono questi soci svantaggiati? La legge ne da precisa indicazione: gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione.

E qui arriva un altro sostanziale tratto di una cooperativa sociale: quel 30% può essere attivo o può restare solamente un numero. La differenza la fanno le persone e non c’è legge che possa realmente fotografare questa sfumatura. Quel 30% se è davvero parte attiva è una risorsa ma è anche un impegno: il 70% restante ha, infatti, l’obbligo, il dovere ed il piacere di confrontarsi e misurarsi con persone che per esperienza di vita hanno un punto di vista “fuori dalla normalità”. E questo non è semplice, anzi. Richiede costanza ed il più delle volte anche la necessità di “andare più lenti” durante fasi di sviluppo e crescita imprenditoriale.

E qui si arriva ad un’altra caratteristica delle cooperative sociali: la legge le identifica come onlus di diritto. Questo significa che tutte le cooperative sociali in quanto tali sono senza scopo di lucro. Delle imprese “ibride”, realtà imprenditoriali che pagano le tasse, hanno obblighi di deposito del bilancio come qualsiasi altra srl ma che per legge non possono dividere gli eventuali utili prodotti che devono invece essere reinvestiti nei servizi o nei mezzi della cooperativa stessa. Questo significa che in una cooperativa il gruppo deve avere la meglio sui singoli. Ed anche qui la legge individua le modalità per farlo: si parla infatti di mutualità prevalente concetto che in modo semplice individua quelle imprese che svolgono la propria attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi, attraverso le prestazioni lavorative dei soci stessi.

Parole complicate che in realtà ci dicono che una cooperativa sociale è fatta dai soci e per i soci. Un equilibrio delicato e complicato fondato a livello organizzativo su un’assemblea dei soci, su un consiglio di amministrazione e su un presidente (anche se in realtà la normativa prevede anche la creazione di cooperative sociale con amministratore unico). Quest’ultimo ha tutte le responsabilità che la legge attribuisce ai rappresentanti legali ma in più deve cercare di coordinare le attività e di fare prevalere il gruppo sull’individualità. Ed arriviamo agli ultimi due aspetti che identificano una cooperativa sociale.

Per potere lavorare con le pubbliche amministrazioni, le cooperative sociali devono essere iscritte in un albo regionale che è diviso in tre sezioni: la sezione A, dove sono incluse tutte le cooperative sociali che si occupano della gestione di servizi socio-sanitari ed educativi, la sezione B, dove sono iscritte tutte le cooperative che svolgono attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi – finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, la sezione C, dedicata ai consorzi di cooperative sociali. I requisiti per l’iscrizione sono stabiliti da una legge regionale: una volta iscritte le cooperative devono dimostrare annualmente di rispettare i requisiti previsti dalla normativa. Ma non finiscono qui i controlli. Infatti le cooperative sociali sono sottoposte a revisione annuale da parte del Ministero (o da parte di società di rappresentanza riconosciute).

Un universo complesso e poco noto che nel 2005 (dati Istat) in tutta Italia contava più di settemila soggetti per un totale di più di 240mila posti di lavoro e più di 260mila soci.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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