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Corruzione e riciclaggio. Mondo di Mezzo Partenopeo

L'ultima inchiesta della Procura di Napoli sulla criminalità organizzata svela uno spaccato della società napoletana che solitamente sfugge alla ordinaria narrazione dei fatti, concentrata com'è sugli aspetti "gomorristici" del fenomeno camorristico, senza tener conto che il giro dei capitali illeciti ha attivato una rete di relazioni così complessa da essersi ramificata in ogni grado della scala sociale.

Il centro commerciale di Zumpano, alle porte di Cosenza, è il simbolo dell'inchiesta che due giorni fa ha portato al fermo di nove persone indiziate per concorso esterno in associazione camorristica, reimpiego di capitali illeciti e intestazione fittizia di beni. Tra gli arrestati spicca il nome di Carlo Simeoli, imprenditore edile accusato di aver riciclato denaro per conto del clan Polverino. In un filone d'inchiesta precedente, allo stesso imprenditore fu sequestrato un parcheggio di 120 box auto a via Aniello Falcone, a Napoli, i cui lavori furono inaugurati in pompa magna dai vertici delle istituzioni cittadine e dal simbolo della lotta antiracket Tano Grasso, nella cui associazione sarebbe stato iscritto lo stesso Carlo Simeoli (secondo quanto dichiarato da alcuni indagati). Il valore dei sequestri eseguiti dalla Guardia di Finanzia si aggirava intorno al miliardo di euro.

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Carlo Simeoli

Di queste vicende me ne occupai già un tre anni fa, quando scrissi questa inchiesta sui parcheggi per conto di AgoraVox. Da quella emersa come la variante al Piano regolatore di Napoli approvato nel 2004, contenente una disciplina urbanistica fortemente speculativa in materia di attrezzature pubbliche (tra cui i parcheggi), un affare su cui subito si gettarono imprenditori legati a doppio filo con la politica e, in certi casi, con la camorra (come è stato poi confermato dalle inchieste giudiziarie). Disciplina che il Comune si appresta oggi ad estendere anche all'area occidentale della città, con una nuova variante sulle attrezzature che sostituisce quella del 1998 e apre le porte all'iniziativa dei privati, rischiando di creare ulteriore speculazione in un'area già infiammata dallo scontro in atto sul commissariamento di Bagnoli da parte del Governo.

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Il generale Giuseppe Mango

In realtà l'intreccio è ben più complesso rispetto a quanto emerso dagli organi di stampa e si perde nei meandri di quel "mondo di mezzo" che da Mafia Capitale in poi ha sostituito con una velatura di noir in piú quella banale "fascia grigia" in cui gravitano i cd. colletti bianchi. La Procura ha infatti iscritto nel registro degli indagati il generale della GdF Giuseppe Mango, il quale avrebbe rivelato notizie relative alle indagini ad un amico avvocato, tal Roberto Guida, noto in città per essere il difensore di Fabio Cannavaro nei processi relativi al presunto riciclaggio di denaro sporco del clan Lo Russo in alcune società partecipate dallo stesso (in cui l'ex calciatore è stato ascoltato come teste e non risulta coinvolto) e alla violazione dei sigilli apposti alla villa dei fratelli Cannavaro per abuso edilizio (per cui Fabio è stato condannato a 10 mesi di reclusione insieme ad alcuni familiari). Proprio nell'inchiesta è coinvolto anche Giovanni De Vito, ex commercialista di Cannavaro e di altri personaggi famosi, nonché Roberto Imperatrice, imprenditore nel campo della ristorazione, già amministratore delegato della Sebeto SpA, la holding che controlla importanti marchi internazionali tra cui Rossopomodoro e Anema e Cozze (estranei alle indagini).

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Raffaele Iovine (a destra)

Agli arresti domiciliari è finito anche Raffaele Iovine, imprenditore e docente universitario di Storia e letteratura presso l'Istituto Studi Filosofici, il quale secondo l'accusa avrebbe utilizzato le proprie conoscenze nelle istituzioni per "ripulire" l'immagine della Belvedere Immobiliare (la società proprietaria dei box auto al Vomero) dai sospetti di infiltrazioni camorristiche. Iovine è titolare di una serie di strutture ricettive tra cui l'hotel Neapolis nel centro storico, ed è entrato nel mirino dei centri sociali napoletani da quando la confraternita dei Servi di Gesù aveva manifestato l'intenzione di cedergli in fitto uno stabile in piazza Miraglia per realizzarvi un B&B, operazione commerciale poi stoppata dall'occupazione dell'edificio a marzo scorso da parte di un gruppo di famiglie insieme agli attivisti della campagna "Magnammece 'o pesone". Iovine è anche presidente dell'associazione Pietrasanta Polo Culturale che gestisce in comodato d'uso la chiesa di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, da cui nel 2011 fu lanciata una giornata "antiracket" a cui partecipò proprio Iovine insieme a Tano Grasso e all'allora sottosegretario agli interni Mantovano. A giugno 2015 Iovine finì ai domiciliari insieme ai De Vita per essere stato referente di un presunto giro di fatture false che portarono all'arresto dell'ex sindaco di Casavatore e all'iscrizione dei parlamentari Marco Pugliese e Antonio Milo nel registro degli indagati.

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Lo stabile occupato di Piazza Miraglia

La presunta consorteria si sarebbe avvalsa persino delle informazioni fornite da un pm della Procura di Napoli, Donato Ceglie, che avrebbe segnalato agli indagati di essere intercettati dalla magistratura e di evitare contatti diretti con Simeoli.

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L’ex pm Donato Ceglie

Un quadro dal quale si evince come, se è vero che gli aspetti penali sono tutti da verificare, le relazioni si muovano in una realtà liquida dove è impossibile scindere lecito e illecito, in cui l'ordinamento non riesce a fare prevenzione ma interviene solo con la repressione, spesso in maniera inefficiente e a danno già fatto, quando l'ambiente sociale è pesantemente compromesso. Questo caleidoscopico mondo di mezzo partenopeo è la rappresentazione dell'inattualità delle parole del cardinale Crescenzio Sepe, che stamattina in occasione del miracolo di San Gennaro ha tuonato "contro la malattia purulente della criminalità organizzata", come se il fenomeno criminale camorristico fosse un tumore a sé confinato nelle zone contese dai clan e dai loro colletti bianchi di riferimento, e non il manifestarsi di una rete di relazioni che si ramifica in ogni grado della scala sociale, incentivate dall'enorme disponibilità di capitali che vengono immessi dai gruppi criminali.

Occorre quindi una nuova narrazione dei fatti che consenta di cogliere i dettagli e le sfumature di un fenomeno criminale in costante evoluzione che ormai è pienamente inserito nella vita economica, sociale e politica di tutti i giorni.

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