Corruzione. Per Transparency International indignarsi non basta e il professor Piga denuncia la scarsità di mezzi
Parlare di corruzione potrebbe essere inutile se, come sostiene Quintiliano Valenti, vice presidente di TI Italia, non si hanno gli strumenti per misurare le dimensioni di un fenomeno, percepito come importante ma di cui sfugge, alla maggioranza dei cittadini, l’incidenza sulla vita quotidiana, una forza capace di compromettere lo stesso futuro del nostro Paese, allontanandone se non rendendone impossibile la ripresa economica.
Eppure la corruzione rischia di rimanere solo un fenomeno scandalistico, al massimo un argomento di discussione per riempire pagine di giornali e alimentare i salotti televisivi ma incapaci di alimentare la responsabilità individuale, la capacità di reagire, valori dismessi da tempo. Come spiegare diversamente il fatto che un DDL Anticorruzione aspetta ancora di diventare legge, intrappolato in parlamento tra mille interessi diversi da quelli che i cittadini vorrebbero vedere tutelati e che finirà per essere un altro oggetto inefficace nell’immenso scaffale legislativo italiano.
Sarà forse colpa di quella che tutti chiamano sbrigativamente politica, un termine oramai così lontano dalle origini da aver accresciuto la diffidenza nell’opinione pubblica verso quelli che ne dovrebbero essere gli interpreti più nobili e cioè i partiti? Ma quest’accusa per quanto abusata trova qualche conferma più documentata nel Rapporto NIS, Corruzione e sistemi di integrità in Italia e in Europa, un lavoro che Transparency International ha presentato a Roma, nella sede ACLI, con la collaborazione dell’Associazione di promozione sociale Next-Nuova economia per tutti.
Il progetto coordinato da Davide Del Monte di TI Italia e diretto da Lorenzo Segato di RISSC testimonia che la corruzione non è un fenomeno astratto ma, al pari di altri, è misurabile e raffrontabile con quello di altre nazioni e che “causa una perdita di circa 60 miliardi di euro alle casse dello Stato, fa lievitare i il costo delle grandi opere pubbliche fino al 40% in più rispetto al normale prezzo di mercato”.
Ma in realtà, secondo quanto riportato nel marzo scorso dal Fatto quotidiano che cita una ricerca del professor Friedrich Schneider dell’università austriaca di Linz, il danno per l’economia italiana nel 2012 sarà “pari a 280 miliardi di euro, cioè 20 miliardi in più rispetto al
Il Sistema di integrità nazionale evidenzia per l’Italia una valutazione media dei pilastri presi in considerazione di 55,04 su un totale di 100, ovviamente insoddisfacente ma che dimostra, se ci fosse ancora qualche dubbio, come la corruzione possa “infiltrarsi ovunque” perché non vengono rispettati gli standard di autonomia delle istituzioni. Una situazione favorita da un inadeguato accesso alle informazioni da parte dei cittadini e una carente rendicontazione pubblica delle attività, accompagnata da una inefficacia o insufficienza dei sistemi di controllo e da un sistema di leggi intenzionalmente “opache” e complicate che finiscono per agevolare i corruttori.
Così non è una sorpresa che la “maglia nera” dei pilastri sia indossata dalla “politica” (anche se sarebbe stato più corretto parlare di “partiti”) caratterizzata da una palese assenza di trasparenza, alimentata da una “notevole disponibilità di risorse” sia pubbliche che private volutamente tenute fuori controllo e che più che fornire un contributo alla lotta alla corruzione è un ingranaggio della stessa. Se però la politica non cura l’interesse della “polis”, la responsabilità è anche di altri due pilastri: i media e l’Autorità Anticorruzione. Se non è un mistero che l’informazione (con riferimento a carta stampata e televisione) è “vulnerabile” in fatto di indipendenza sia dalla politica che dall’economia, l’autorità anticorruzione è proprio assente nonostante “lo abbia chiesto l’Europa”. Tutte le Autorità di garanzia e controllo hanno sinora prodotto risultati modesti e persino la selezione dei membri non ha rispettato criteri di trasparenza e spesso di competenza.
Su tutti i pilastri svetta in positivo
Francesco Farina, dell’Università di Siena, ha definito il perimetro della corruzione con una distinzione tra amministrativa e legislativa. Nel primo caso a fronte di una ricompensa, effettiva o promessa, il “dipendente pubblico” favorisce un soggetto privato mentre nel secondo un soggetto privato o un gruppo d’interesse, pagando tangenti al legislatore, distorce la concorrenza e lucra una rendita. E su questo aspetto entrano in gioco anche le attività di lobbying che non sono regolamentate in ben 19 paesi europei. Tutti fatti che richiederebbero regole trasparenti e leggi che consentano al magistrato di individuare il traffico d’influenza e lo scambio.
Nell’analisi di Luciano Hinna, direttore CISPA - Università di Roma Tor Vergata, per ottenere risultati nella lotta alla corruzione è necessario agire su più direttrici: assetto giuridico, CSR e livello socio-culturale. L’assetto giuridico richiede una “copertura” del codice penale, interventi sui tempi di prescrizione, l’introduzione di leggi “speciali” come la 231 o
Ma è Gustavo Piga, docente all’Università di Roma Tor Vergata e responsabile del Progetto "Per una Cultura dell'Integrità nella Pubblica Amministrazione" presso
Secondo il professore “dovremmo costruire istituzioni decorose”, dovremmo pretendere un Paese in cui “siano dati gli strumenti per lavorare con onestà, qualità e rigore nella Pubblica Amministrazione”. E quindi perché non spendere “quei tre quattro soldi in più per tirar fuori i dati e le correlazioni per aiutare polizia, magistrati, territorio in una seria battaglia per identificare e corrompere la corruzione? Si potrebbe anche aggiungere che se la corruzione costa almeno 60 miliardi l’anno, se proprio i 280 sembrano tanti, perché non fare un investimento pubblico sicuramente produttivo?
Ma non c’è solo l’amarezza di Piga perché, tornando agli interventi, una nota positiva, la troviamo nell’intervento di Ermanno Granelli, consigliere della Corte dei Conti, l’istituzione che è al vertice della classifica dei “pilastri” del report NIS con un punteggio di 79 su 100, poco più avanti del Potere giudiziario e della Commissione elettorale. E se è innegabile che
La necessità di una semplificazione normativa e burocratica che riconoscendo la eccessiva burocrazia e la quantità di leggi di difficile interpretazione oltre che contrastanti tra loro, renda trasparenti per cittadini e imprese tutti i processi di interazione con
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